Secondo i dati diffusi dal Ministero dell’interno, in occasione dell’election day del 3 e 4 ottobre scorsi, si è recato alle urne solo il 54,7% degli aventi diritto al voto (nelle elezioni amministrative precedenti i votanti erano stati il 61,58%). Guardando i dati dell’affluenza ai seggi di ciascuna regione, si riscontra ugualmente una diminuzione nel numero dei cittadini che hanno esercitato il proprio diritto-dovere al voto. Questa semplice constatazione dovrebbe bastare a smorzare i facili entusiasmi espressi da quanti hanno ritenuto di aver vinto, al netto dell’esito dei ballottaggi. A proposito della partecipazione al voto, comparando la tendenza italiana con ciò che avviene negli Stati Uniti, c’è poco da stare allegri.
Qualcuno si è spinto talmente oltre da asserire che l’esito di questa tornata elettorale avrebbe sancito la fine del populismo; ma tanta sicumera dimentica che populismo e sovranismo covano all’ombra di quel 45% di elettori che non ha votato e che ormai rappresenta un serbatoio elettorale cui un “uomo qualunque” potrebbe attingere per mettere alle corde il molto provato sentimento democratico degli italiani. L’esercizio della democrazia costa dura fatica e costante impegno; non lo dimentichi la classe politica che pensa di aver vinto queste elezioni!
Per questa ragione, a prescindere dai singoli risultati, l’esito elettorale mi inquieta.