La storia è fatta di attimi ma oggi con uno dei tanti anglicismi diremmo frame. Così le immagini di vent’anni fa, quegli aerei che si schiantavano nel World Trade Center, le trasmissioni televisive interrotte per permettere ai telegiornali di raccontare quanto accadeva, resteranno per sempre nella memoria collettiva. Quelle scene, viste e riviste, hanno permesso nell’immaginario collettivo di visualizzare da una parte il dolore dall’altra il nemico. I Talebani vent’anni fa erano gli antagonisti del Pianeta, le loro immagini venivano passate di notiziario in notiziario, barbe lunghe, turbanti e mitra a tracolla, il pubblico sapeva da chi doversi difendere. Così quell’11 settembre è passato alla storia come un torto a cui bisognava inderogabilmente rispondere.
Gli Stati Uniti hanno mostrato i muscoli, il popolo americano sosteneva quella guerra. La calma di George W. Bush, mentre leggeva “The Pet Goat” ai bambini di seconda elementare in una scuola, fu interrotta dal capo dello staff della Casa Bianca, Andrew Card, che gli comunicava l’accaduto. Quella stessa giornata in un discorso al Paese affermò: “vi sento, vi sento! Il resto del mondo vi sente! E la gente – e le persone che hanno buttato giù questi edifici – presto sentiranno tutti noi”. Di lì a poco l’imperativo si è fatto sempre più chiaro: “scovare Bin Laden, distruggere al-Qaida”. Così il mondo che conosciamo oggi è frutto di quella giornata, la generazione Z o i millennials non conosceranno mai la realtà prima di quell’11 settembre.
La militarizzazione della società, i controlli serrati e la paura, le conseguenti misure restrittive contro l’immigrazione, sono tutti fenomeni consequenziali che hanno spinto l’Occidente un po’ più lontano dal concetto di democrazia e tolleranza. Non a caso l’islam da quel giorno è stato percepito come religione di fanatici e sanguinari, la stampa mainstream altro non aspettava per tracciare una linea sottile tra noi e loro e attraverso la paura si sono insediati quelli che potremmo definire dei falsi miti. La campagna per giustificare l’invasione in Afghanistan e Iraq è stata costruita soprattutto sulla base delle immagini degli impiegati che si gettavano dalle torri gemelle, che poco a poco si sgretolavano.
Peccato però che durante questi vent’anni pochissime siano state le foto o i video dei sacrificabili civili afgani, dei governi rovesciati, dei 360.000 civili uccisi, dei detenuti arbitrariamente, alcuni di questi nelle carceri di Guantanamo. Per non parlare dei numeri di rifugiati che si sono prodotti in questi due decenni, del numero di giornalisti uccisi… la lista, nella forma fatta di dati, nella sostanza di persone, è lunghissima. L’effetto frisbee dell’invasione in Medio Oriente è tornato indietro alla fine, perché oltre a contare i danni lì, gli attacchi terroristici di matrice jihadista in Europa durante questi anni sono figli di quell’11 settembre. Non è un caso infatti che gli attacchi terroristici di matrice jihadista nell’ultimo decennio sono aumentati di sei volte rispetto al decennio precedente. Eccoli i prodotti di un fallimento che chiamavamo “esportazione di democrazia”, bizzarro questo concetto se ad una guerra ne rispondi con un’altra.
Le recenti immagini dei civili afgani in fuga, delle corse per aggrapparsi agli aerei che decollano, non devono sorprendere, dopo vent’anni non si è concluso un ciclo, semplicemente è visibile ad oggi un percorso fallimentare. Intanto il terrorismo oggi non si è indebolito bensì rafforzato, mentre intere generazioni in Medio Oriente vivevano sotto l’ala dell’imperialismo che comunque ha seminato terrore e odio. Non vorremmo mica dimenticare i bombardamenti a stelle e strisce in paesi in cui non c’era neanche l’ombra dei terroristi? O vorremmo omettere gli scandali che hanno coinvolto le truppe inglesi che torturavano civili in Iraq nel 2004? La narrazione tossica di questi anni ha omesso deliberatamente le brutture della guerra occidentale, nessuno ci ha bombardato con video di civili disperati, tanto meno si è fatta una campagna di informazione sul ruolo dei Paesi della NATO in Medio Oriente. Forse quello che ci resta da fare dopo vent’anni è ricostruire in maniera degna la storia, raccogliere la verità, mostrare i danni collaterali e non solo quelli che riguardano l’occidente.
“In quest’epoca di pazzi ci mancavano gli idioti dell’orrore” cantava Battiato, e purtroppo proprio orrore sembra la parola più adatta per questo ventennio.