Diario di un vaccinato in attesa di reazioni avverse: 4 luglio 2021

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pagina di diario

Dell’intelligenza del polpo molti non dubitavano già da quando, qualche anno fa, la direttrice dell’acquario “A. Dohrn” di Napoli raccontò che più di una volta il vecchio esemplare posto sotto la sua custodia era stato miracolosamente recuperato sull’asfalto di via Caracciolo mentre tentava di raggiungere il mare, quello vero.

Più di recente un polpo ha deciso di abbandonare l’acquario nazionale neozelandese e stava quasi per riuscirci. Ma l’ultimo, premiatissimo film-documentario, “Il mio amico in fondo al mare”, ci dice anche qualcosa in più, riconoscendo al polpo anche la capacità di reazioni empatiche con chi si prende cura di lui. Roba da far impallidire Moby Dick e lo squalo di Spielberg.

Di qui la mia decisione di non mangiare più polpi, sacrificio peraltro molto relativo perché il polpo non è stato mai in cima ai miei gusti anche quando lo consideravo semideficiente. Nel frattempo ho pregato mia moglie, che spesso ci suggerisce i film da vedere, di astenersi, ove dovesse capitare, dal propormi documentari che rivalutino il Q.I. di gamberi, calamari e totani perché ne uscirei distrutto.

Certamente però il problema del consumo alimentare di esseri viventi esiste ed interroga le coscienze di molti. Sarebbe quindi giusto lasciare in pace non solo polpi, gamberi, calamari e tutte le altre specie che popolano il mare, ma anche vitelli, maiali, galline, tacchini e pennuti vari: noi invece ne provochiamo addirittura la nascita per poi sopprimerli a scopi culinari.

“E le piante, dove le mettiamo le piante?”, ho chiesto a mia moglie. “Fuori al balcone”, mi ha risposto; ma poi ha ascoltato con interesse il seguito del mio insolito, ed inatteso, sermone da vegano ortodosso. E le piante, dicevamo? Che le piante abbiano una loro sensibilità è fuori discussione: trovare l’acqua, cercare o evitare la luce del sole, sviluppare radici, rami e foglie nella maniera per loro più conveniente non sono attività meccaniche perché comportano delle scelte dettate dall’istinto di sopravvivenza.

Dobbiamo concludere quindi che, salvo sorprese anche per i minerali, tutti gli esseri viventi appartenenti alla flora e alla fauna sono senzienti. Il dramma per loro è che non ne comprendiamo il linguaggio. Se così fosse, potremmo capire quali esseri senzienti sono consenzienti e quindi nutrircene senza scrupolo alcuno. I dissenzienti invece li conosciamo: sono quelli che fuggono o che fuggirebbero, se potessero, quando si sentono minacciati.

Ma, che vuoi farci, il mondo va così: non si può vivere con la sola sottrazione di uova alle legittime produttrici o di latte alle mammifere, né nutrendosi di bacche e radici come nella preistoria. Si sa, il pesce grosso mangia il pesce piccolo e, chissà, ci sarà da qualche parte nell’Universo qualcuno che un giorno si nutrirà di esseri umani così come gli esseri umani si nutrono di polpi. L’unica speranza è che l’umanità si riveli indigesta già al primo assaggio e le premesse ci sono tutte.

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