Coerenza: luci ed ombre

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Siamo soliti dare alla coerenza un valore di segno decisamente positivo. Nel linguaggio comune definiamo coerente il comportamento di chi predica bene e razzola bene, mentre diamo dell’incoerente a chi, ad esempio, si professa cattolico ma non va a messa. Collocando il discorso su un livello più elevato, troviamo incoerenti tutte le azioni che contraddicono i principi proclamati in precedenza da chi le compie. È quindi incoerente un partito politico che propugna la libertà del commercio internazionale e poi introduce misure protezionistiche.

C’è, però, una declinazione del concetto di coerenza che merita un approfondimento ed è, per l’esattezza, quello della coerenza con ciò che si è detto in un passato non tanto prossimo. Si tratta in pratica di ciò che possiamo definire la fedeltà alle proprie idee. Attribuire a questa fedeltà un valore positivo assoluto equivale a dire che, una volta concepita e manifestata, un’opinione non la si possa più cambiare. Il che significa, in altri termini, la negazione del diritto di modificare le proprie convinzioni, diritto non solo scusabile ma addirittura degno di rispetto, se dovuto alla elaborazione di nuove esperienze o anche alla rivisitazione di quelle passate.

La coerenza come paralisi dell’evoluzione intellettuale della persona diventa dunque un valore negativo cioè la peggiore conservazione, inutile ed ottusa. Se questo tipo di coerenza dominasse nelle relazioni umane, ci sarebbero continui conflitti tra persone che non intendono cambiare di un millimetro le proprie opinioni, oltretutto nella convinzione che non mutarle sia doveroso. Quando la cosa interessa gruppi sociali o nazioni, si finisce immancabilmente nello scontro aperto.

C’è una famosa e bellissima canzone portata al successo da Mercedes Sosa, cantante argentina esiliata a Parigi negli ultimi anni della dittatura del generale Videla, “Todo cambia”, il cui testo ci dà la chiave per smontare o almeno ridimensionare l’aura di moralità che circonda la coerenza: poiché tutto, ma proprio tutto, cambia continuamente, ogni forma di coerenza può avere un valore solo nel breve o nel brevissimo periodo in cui nulla cambia, ammesso che esista.

Rinunciamo quindi all’idea che la coerenza sia un valore in sé. La coerenza ha invece solo valore comunicativo: trasmette il messaggio che ci si può fidare di chi dimostra di rispettarla e quindi rappresenta una sorta di conferma dell’attendibilità di un soggetto. Come tale può avere valore per tutti coloro, e sono la maggioranza, che hanno bisogno di riferimenti stabili perché spaventati dall’idea di dover approfondire problematiche complesse. In questa ottica la coerenza diventa uno strumento pericoloso nelle mani di chi vuole realizzare progetti politici dittatoriali: non a caso molti regimi totalitari hanno riesumato antichi valori nazionali proclamandosi ad essi fedeli, come nel caso del Fascismo, o presunti ritorni alla purezza della razza, come per il Nazismo. Ed è la coerenza, in questa sua veste negativa, che conduce poi alla tragedia: chi più coerente dei nazisti, il cui antisemitismo portò all’olocausto?

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