Tutti hanno visto cosa è accaduto in Cile. Ma non è stato fatto niente. O quasi. Sì, perché si ha notizia che il Presidente cileno Sebastian Piñera è stato denunciato dinanzi alla Corte Penale Internazionale (CPI) per le violazioni dei diritti umani avvenute nel Paese da ottobre 2019, quando in Cile ha avuto inizio l’ondata di proteste e lotte sociali, denominate “estallido social”.
Da più di un anno numerose organizzazioni a difesa dei diritti umani, come Amnesty International, Human Rights Watch e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, avevano denunciato l’uso spropositato della violenza da parte delle forze dell’ordine cilene, che hanno causato centinaia di traumi oculari, torture, abusi sessuali ed anche morti. Sebbene il popolo cileno abbia denunciato con forza le violazioni e la repressione subita da parte del Governo, a parte qualche agente della polizia rimosso dall’incarico, nulla o quasi è stato fatto finora per indagare e fare luce sulla situazione. Ma giovedì scorso è stata presentata alla CPI denuncia contro il Presidente cileno Piñera per crimini contro l’umanità. “L’alto numero di vittime e l’impatto che queste violazioni hanno sulla popolazione cilena e sull’opinione pubblica internazionale sono così gravi che è necessario aprire le indagini della Corte”. A presentare l’atto sono stati la Commissione cilena dei diritti umani (CHDH), l’Associazione Americana di Giuristi, il Centro di Ricerca ed Elaborazione per la Democrazia(CRED) italiano ed il giudice spagnolo Baltasar Garzòn. Il famoso magistrato ha portato avanti negli anni numerosi processi di rilievo internazionale, tra cui quello contro alcuni militari argentini per la scomparsa di cittadini spagnoli durante la dittatura del 1976-1983, un’indagine sulle sparizioni forzate della dittatura franchista ed è soprattutto noto per aver emesso un mandato d’arresto contro il generale Pinochet per crimini contro l’umanità e per l’uccisione e tortura di alcuni cittadini spagnoli.
Oggi, una delle motivazioni principali per portare il caso di fronte alla Corte Penale Internazionale è l’archiviazione di circa 3.000 cause giudiziarie per violazioni dei diritti umani, che avrebbero dovuto essere esaminate dai magistrati cileni.
Tutti i casi di violazioni dei diritti umani sono stati classificati dalla giustizia cilena come reati comuni e le indagini hanno subito ritardi ingiustificati e non conformi al principio di uguaglianza davanti alla legge, probabilmente o per far sì che andassero in prescrizione o per applicare indulti ed amnistie.
Così questa denuncia pone sotto indagine non solo il presidente Piñera ma anche altre forze politiche coinvolte, come il Ministro dell’interno e della difesa ed i generali dei Carabineros, che nelle manifestazioni avvenute da ottobre 2019 si sono sempre distinti per un uso spropositato della forza, con idranti, arresti arbitrari, lancio di proiettili di gomma e spesso anche di piombo.
Nonostante la rilevanza della notizia, è importante precisare che la CPI svolge una funzione complementare alla giustizia nazionale, dunque può intervenire solo nel caso in cui la giustizia cilena “non sia in condizione o non abbia la volontà di esercitare la propria giurisdizione.” In tal caso, la Corte dovrà, come prima cosa, determinare se ci sono elementi sufficienti per il suo intervento ed in secondo luogo aprire un’indagine formale al termine della quale inizierà o meno il processo. Queste due fasi preliminari spesso possono durare anche anni, ma nonostante ciò, è fondamentale che, presto o tardi, il governo cileno, le forze dell’ordine e le altre forze politiche coinvolte rispondano delle azioni compiute a danno della popolazione. Ancora oggi, dopo più di un anno e mezzo, le proteste continuano, principalmente il venerdì in Plaza de la Dignidad, ex Plaza Baquedano, nel centro di Santiago. Il 15 e 16 maggio prossimi ci saranno inoltre le elezioni dell’Assemblea Costituente che eleggerà i 155 membri che riscriveranno la Costituzione del Paese.
Tutte le assemblee, le manifestazioni, le rivendicazioni della popolazione hanno portato a questo incredibile risultato. E sarebbe il coronamento di quel percorso se anche chi ha commesso violazioni dei diritti umani, abusi di potere, uso spropositato della forza, possa essere giudicato per il suo operato. In tal modo, una volta accertate le responsabilità individuali, il popolo cileno, tutti i manifestanti che hanno perso la vista a causa dei proiettili di gomma, tutte le madri, i mariti, i figli che hanno perso un proprio affetto, tutti coloro che sono stati incarcerati ingiustamente o che sono stati vittime di abusi potranno finalmente avere giustizia, anche agli occhi di una comunità internazionale che, spesso, è rimasta, ferma, a guardare.