Finanza sostenibile, un’ipotesi da definire

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Immagine di G. Capuano

Il 10 marzo 2021 è entrato in vigore il primo Regolamento europeo (n°2088) adottato nell’ambito dell’ambizioso European Sustainable Finance Action Plan. L’Europa mira a rispondere ad alcune domande rese ancora più cruciali dalla necessità di progettare il modello economico per traghettare il vecchio continente fuori dalla crisi innescata dalla pandemia. Come si può riconoscere un’attività economico-finanziaria sostenibile? Quali caratteristiche deve avere un investimento per poter essere definito realmente “green”? E come difendersi da chi propone strumenti finanziari nei quali l’aspetto sostenibile risponde esclusivamente a logiche di marketing? Sono questi gli interrogativi su cui la politica oggi è chiamata a dare risposte.
Il percorso tracciato dall’Action Plan ha assunto una rilevanza ancora maggiore in seguito a due importanti svolte politiche. La prima è il lancio del Green Deal europeo, con cui l’Unione Europea (UE) si è impegnata ad azzerare le emissioni di gas a effetto serra entro il 2050, come contributo agli sforzi della comunità internazionale di rispettare l’Accordo di Parigi sul clima. La seconda è il Piano Europeo, introdotto a maggio del 2020, in risposta alla crisi generata dalla pandemia di Covid-19: un piano per avviare la ripresa secondo un modello di crescita più inclusivo e a ridotto impatto ambientale.
Oggi manca uno standard condiviso di che cosa s’intenda per “sostenibilità” negli investimenti finanziari, il che permette a ogni banca o gestore di darsi delle proprie definizioni, spesso piuttosto deboli e cucite su misura per le proprie esigenze. L’Europa però si sta muovendo per definire una cornice di regole: l’Action Plan pubblicato a marzo del 2018, da un lato, riconosce l’insostenibilità di buona parte dell’attuale sistema finanziario, dall’altro prova a intervenire per inquadrare e sviluppare una possibile alternativa, ponendo tra i propri obiettivi quello di indirizzare i flussi finanziari, non solo pubblici ma anche privati, verso la sostenibilità. Il Regolamento n°2088 del 2019, entrato in vigore il 10 marzo 2021, prova a dare invece una definizione precisa di investimento sostenibile. Nell’ambito della finanza per lo sviluppo sostenibile rientrano soggetti finanziari, prodotti e strategie d’investimento caratterizzati da due finalità: a) finanziare società, settori produttivi e iniziative che consentono di conseguire uno o più Target dell’Agenda 2030; b) una strategia che implica l’integrazione degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile (OSS/SDGs, Sustainable Development Goals) nella selezione dei titoli o dei settori verso i quali indirizzare le scelte d’investimento, in altre parole cosa finanziare e come finanziare. L’intento, molto più teorico che reale, è quello di affermare che anche il futuro della Finanza si definirà attraverso la sua capacità di intercettare e sostenere un nuovo modo di concepire lo sviluppo ed il progresso.
La finanza oggi è caratterizzata da dinamiche quali l’uso spregiudicato di strumenti speculativi e dei paradisi fiscali, una continua creazione di bolle e instabilità; la stragrande maggioranza dei derivati sono utilizzati come pure scommesse speculative; oltre la metà delle operazioni sui mercati finanziari è rappresentata dal trading ad alta frequenza; un sistema bancario ombra che sfugge a controlli e regolamentazione, etc. Anche gli stessi dividendi della previdenza integrativa che dovrebbero seguire, per loro natura, traiettorie diverse, non sfuggono a tale influenza. Si dice, perfino, che vadano a finanziare, chissà in che misura, l’industria bellica.
In questo contesto, la finanza sostenibile descritta nella nuova normativa europea non prevede alcun obbligo di “non nuocere alla collettività e all’economia reale” per gli operatori finanziari che vogliono dirsi sostenibili, quindi resta, senza regole stringenti, un campo nel quale i buoni propositi rischiano di essere relegati all’utopia. Conosciuta e praticata da decenni da molte istituzioni finanziarie in Europa e non solo, c’è la finanza etica, che rappresenta un diverso modo di intendere l’attività finanziaria. Essa appare un modo molto diverso di concepire l’attività finanziaria ma comunque è qualcosa anche di molto diverso dalla stessa finanza sostenibile. La principale differenza tra i due modelli risiede nei principi di base. Nelle definizioni di finanza sostenibile elaborate dalla UE la sostenibilità è, nel migliore dei casi, un obiettivo secondario alla massimizzazione dei profitti per pochi, un fattore competitivo da prendere in considerazione per rispondere alla crescente domanda di mercato o uno strumento di marketing per ridurre i propri rischi reputazionali e darsi, alla fine, per molti, un’immagine più pulita. L’approccio della finanza etica è radicalmente diverso: la realizzazione di utili economici è perseguita, ma è funzionale all’obiettivo di massimizzare i benefici per le persone, le comunità e il pianeta. È il passaggio dall’agire nell’interesse esclusivo degli azionisti a quello più ampio di tutti i portatori di valore.
L’industria finanziaria ha raggiunto dimensioni tali da poter condizionare ogni momento della nostra vita. A conferma di questo, si stanno affermando una serie di strumenti rivolti specificatamente all’analisi delle responsabilità degli investimenti che permettano di contrastare i fenomeni più gravi di irresponsabilità (speculazione incontrollata, eccessiva propensione al rischio, corruzione o altre pratiche distorsive). Al di là di tutti i se e i ma non basta programmare la gestione della pandemia e l’utilizzo dei soldi europei, ma bisogna andare oltre e riflettere sul fatto che “la stessa pandemia forse trova origine e causa del modello di sviluppo sino a oggi praticato” – come ha evidenziato Maurizio Landini al Convegno CGIL sulla finanza sostenibile 2021 – un modello che non ha tenuto conto dei fattori ambientali e del disastroso ruolo del capitale finanziario, responsabile della lunghissima crisi del 2008. Perciò discutere sul ruolo delle banche e il loro fine non può essere delegato solo agli addetti ai lavori ma riguarda tutti, quindi anche la finanza sostenibile va capita e responsabilmente orientata dai governi. Un’occasione per la politica di mettere alla prova l’impermeabile sistema bancario.

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