Si avvicina il nostro cinquantesimo (*) anniversario di matrimonio, “festa della resistenza” giustamente definita “nozze d’oro”, dove l’oro è il metallo prezioso che andrebbe utilizzato per assegnare a ciascuno dei coniugi una meritata medaglia. Massima decorazione, più che giustificata dai venticinque anni che separano questo anniversario dalle “nozze d’argento”, che davano diritto ad una medaglia di più modesto valore perché i primi venticinque anni sono meno impegnativi dei secondi.
In tempi normali avremmo avuto l’imbarazzo di decidere se festeggiarlo in famiglia o se invece organizzare una nuova cerimonia di nozze come quella messa su da quei pochi che, nel nostro giro, hanno raggiunto lo stesso traguardo. L’emergenza covid ci consente invece di restringere i festeggiamenti allo stretto ambito familiare: figli, nipoti ed eventualmente qualche fratello o sorella che si voglia fingere disabile per non incorrere in sanzioni pecuniarie.
Il clima più raccolto permetterà di considerare l’avvenimento, che poi avvenimento non è ma semplice rievocazione di un lontano passato, nella sua più autentica dimensione. Dunque niente funzione rievocativa in chiesa con scambio reciproco di nuovo, risibile consenso e di nuove, risibili fedi. Ci sentiamo quindi sollevati da quell’imbarazzo che supponiamo abbia accompagnato le coppie che abbiamo visto partecipare a questi non entusiasmanti revival. Come se fosse possibile ricreare le condizioni del giuramento di fedeltà e di solidarietà reciproca pronunciate mezzo secolo prima: l’unica cosa che unisce i due eventi è il desiderio spasmodico degli sposi di andare a letto al più presto anche se con motivazioni molto, ma molto diverse.
Le nozze d’oro sono e devono essere invece occasione di riflessione: ciascuno dei coniugi deve interrogarsi sul proprio comportamento nel rapporto di coppia. Dando per scontata la fedeltà e la solidarietà, che nessuno dei due osa mettere in discussione, che comunque non si negano a nessuno in questa circostanza, resta da valutare con serenità se si sia stati abbastanza pazienti nel rapporto quotidiano. Perché cinquant’anni, pari a 18.250 giorni più i 12 degli anni bisestili, saranno stati, nel migliore dei casi, costellati di piccole incomprensioni e dissapori, magari spesso infondati. Da giovani non ci si applicava più di tanto perché tutto si risolveva a letto, ma negli ultimi tempi si rischia di restare in freddo per un bel po’. Ed è per questo che scatta, provvidenziale, quel meccanismo di autodifesa che è la pazienza.
Quanti piccoli screzi sono proprio dovuti all’avanzare degli anni. I riflessi e la memoria si indeboliscono anche se alcuni esperti sostengono che, se non ricordi per quale motivo sei entrato in una stanza (lo chiamano “effetto porta”), non devi preoccuparti perché non dipende dall’età: è colpa della casa che cambia continuamente. Un po’ come il covid, del quale dovremo continuare a temere le varianti anche quando saremo vaccinati. Non basterà dunque essere adulti e vaccinati. E tra l’altro mia moglie ed io non siamo neppure veramente adulti: ci divertiamo tanto anche da soli ed amiamo tante cose belle. Ma nell’attesa di diventare adulti non ci dispiacerebbe essere chiamati a vaccinarci prima che un untore casuale, sempre in agguato, possa beccarci e consegnarci, non sia mai, nelle mani dell’estremo untore, privandoci di raggiungere traguardi ancora più prestigiosi. Come, ad esempio i settantatré anni di matrimonio che hanno unito la regina Elisabetta e suo marito il Principe Filippo, Duca d’Edimburgo, prematuramente venuto a mancare nei giorni scorsi. La Regina ci è rimasta male. Contava di arrivare tranquillamente alle nozze di platino. Ma dovrà farsene una ragione e accontentarsi di raggiungere i cento anni in solitaria, senza quello scapestrato del Principe.
(*) Per chi ci conosce e volesse risalire alla nostra età, chiariamo subito che ci siamo sposati subito dopo la prima comunione.
Sono un’assidua lettrice dei racconti di Elio Mottola, che brillano per arguzia ed elegante vis comica e che, non lo nascondo, hanno allietato diversi pomeriggi di questo periodo che ci ha intristiti un po’ tutti. Siccome dalla lettura dei suoi racconti ho desunto che parte spesso da episodi autobiografici, mi piace credere che veramente il suo cinquantesimo anniversario di matrimonio sia imminente, quindi porgo i miei più affettuosi auguri a lui e alla invisibilmente presente consorte (che mi ricorda tanto la moglie del televisivo tenente Colombo).
Ringrazio vivamente per gli insperati apprezzamenti. Il ruolo di mia moglie, più che a quello della moglie del tenente Colombo mi fa pensare alla moglie del commissario Maigret (e non è un fatto di grado). Paziente ma critica, dà uno sguardo preventivo a tutte le cose che scrivo, salvandomi spesso da indebite esagerazioni.Insieme ringraziamo di cuore per gli auguri
Non so quale sia la data esatta di questo lieto evento, in ogni caso auguro all’amico Elio ed alla sua meravigliosa consorte, una serena esistenza per almeno altri cinquant’anni d’amore.