La pandemia di Covid-19 ha dato vita a numerosi stravolgimenti nelle nostre vite, dalla socialità allo studio, ma soprattutto nel nostro modo di lavorare. Si sta diffondendo sempre di più il modello di smart working, il lavoro agile, da remoto, con conseguenze non sempre positive. Ma soprattutto è aumentato il precariato ed il tasso di disoccupazione nella maggioranza dei Paesi europei. In questo quadro arriva dunque una notizia che è impossibile non approfondire e che ha suscitato grande curiosità ed interesse: la Spagna ha deciso di avviare un progetto pilota per ridurre la settimana lavorativa a 4 giorni. Questo progetto pilota, proposto dal piccolo partito progressista Más País, vedrà il coinvolgimento di circa 200 imprese spagnole (principalmente piccole e medie imprese) che riceveranno dal Governo un sostegno di circa 250.000 euro a testa per sopperire ai danni economici che potrebbero derivare da questa scelta. I soldi utilizzati dal Governo guidato da Pedro Sànchez ammonteranno a circa 50 milioni di euro, derivanti dai fondi europei del Recovery Fund per la ripresa economica post-pandemia. L’ideale, secondo il partito proponente l’iniziativa prevede che le imprese aderenti al programma abbiano tra i 6 e i 200 dipendenti. Ci sarà un costante monitoraggio sia per verificare il benessere e i benefici dei lavoratori che per controllare la produttività delle imprese coinvolte. Sarà poi creato un gruppo indipendente – formato da esperti del mondo universitario, sindacale e imprenditoriale – per analizzare gli effetti del progetto e poter pensare in futuro ad un utilizzo più duraturo nel tempo, che possa trasformarsi in un vero e proprio disegno legislativo.
Secondo i dati di Eurostat, gli spagnoli lavorano circa 37,5 ore alla settimana, oltre la media europea di 37,1 ma questo non corrisponde ad una maggiore produttività che anzi colloca la Spagna circa 1,3 punti al di sotto della media europea. Secondo la OECD, la Spagna non sarebbe però il paese peggiore da questo punto di vista, se confrontato con le 47,7 ore settimanali di lavoro della Colombia o le 47 della Turchia.
Nel mondo sono numerosi i Paesi che hanno iniziato a testare la settimana di lavoro di 4 giorni, dalla Svezia alla Nuova Zelanda, passando per la Germania. In Spagna, nello specifico, la prima impresa a introdurre questa misura è stata la Software Delsol, un’impresa di Jaén, Andalusia, operante nel settore della tecnologia. I benefici di questa scelta non solo riguardano un miglioramento nella qualità di vita dei lavoratori, una maggiore possibilità di conciliare la vita lavorativa e familiare nell’ottica di work-life balance (soprattutto se pensiamo ai forti squilibri ancora esistenti tra donne ed uomini), ma anche possibilità di autoimprenditoria e di assunzioni di nuovi lavoratori che vogliano coprire le ore che restano disponibili.
Per quanto riguarda i benefici delle imprese, invece, sicuramente la scelta di ridurre la settimana lavorativa a 4 giorni aiuta a ridurre l’assenteismo e ad aumentare la produttività. La mente umana, infatti, sembra possedere un limite o meglio dire una media di produttività e concentrazione di circa 6 ore al giorno. C’è però da dire che le imprese di alcuni settori, soprattutto quelli dediti a lavori manuali, incontrano una maggiore difficoltà nel ridurre la settimana lavorativa a 4 giorni.
Alcuni critici ritengono che questo non sia il momento più adeguato per sperimentare questo programma, a causa della forte crisi economica generata dalla pandemia. Appare ovvio che questa decisione non possa riguardare tutti i settori produttivi e le imprese del Paese iberico, ma in primis è da rilevare che si tratta di un progetto pilota che durerà circa 3 anni e che utilizzerà parte dei soldi del Recovery Fund, volto proprio a migliorare i processi lavorativi orientandoli ad una maggiore sostenibilità e digitalizzazione. In secondo luogo, la giornata di 8 ore lavorative per 5 giorni settimanali, soprattutto con l’evoluzione e il cambiamento nel modo di svolgere e di considerare il lavoro, sembra ormai superata. Piuttosto, sarà importante vedere se e soprattutto come questi cambiamenti coinvolgeranno i lavoratori in smart working: sono moltissimi i dipendenti che lamentano prolungamenti negli orari di lavoro e maggiore disponibilità da dover assicurare ai propri datori di lavoro, senza possibilità di un reale distacco tra vita lavorativa e vita personale. Insomma, i dubbi e gli interrogativi sono tanti, ma la scelta della Spagna sembra rappresentare un iniziale cambiamento di rotta e di maggiore attenzione alle problematiche dei lavoratori. Che sia realmente una scelta utile e con impatti positivi potremo verificarlo solo con il tempo. Ma un’inversione di rotta, ora più che mai, proprio in questo momento storico, appare necessaria.