Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Assurdo degli assurdi: la Corte dei conti si scatena contro i lavoratori; in Campania si chiede la restituzione di parte del salario percepito per il lavoro prestato, confliggendo con tutte le norme del diritto del lavoro. Infatti si pretende la restituzione delle indennità di prestazione professionale percepite dal 2009 al 2019 dai dipendenti del Consiglio e da quelli comandati e/o distaccati in Consiglio Regionale dalla Giunta o da altri enti. Tali indennità erano state definite, con appositi atti legislativi, nel 2002 e articolate con atti di contrattazione, sottoscritti da tutte le organizzazioni sindacali. La legge fu prodotta, all’epoca, per garantire la funzionalità degli organismi legiferanti regionali. Infatti anche i dipendenti degli organismi parlamentari hanno una simile indennità che però è il triplo di quella definita a livello campano.
Queste disposizioni erano atte ad assicurare le necessarie attività che vanno al di fuori del normale lavoro d’ufficio e dei comuni orari di lavoro, al di fuori quindi di qualsiasi ordinaria quanto straordinaria attività amministrativa definita dagli stessi contratti. Infatti per le funzioni di governo istituzionale e di legiferazione dei Consigli è necessario prevedere appositi tempi di ricerca, di celerità e tempestività, di professionalità e competenza che, per i lavoratori interessati, si sommano alla routine amministrativa e burocratica. Per questo fu definito dagli organismi istituzionali dell’epoca un’apposita legge regionale, la 20/2002, integrata poi con la 25/2003 che istituiva un fondo e stabiliva le modalità di utilizzo dello stesso: ossia per essere contemporaneamente al servizio dell’ente e al servizio dei tempi e delle esigenze della politica che, come tutti sanno, non sono programmabili come un comune ciclo di lavoro.
Quindi non ci troviamo di fronte alla difesa di una casta o di un privilegio, ma semplicemente di fronte al diritto leso di percepire un compenso per lavoro reso, legiferato e comandato, che non è stato elargito a pioggia ma è stato legato a precisi obiettivi di lavoro e verificato e valutato sia nei tempi che nelle procedure. Ciò ha permesso una riorganizzazione di tutto il personale, tesa a rispondere alle esigenze amministrative ed a quelle del legislatore (aula, commissioni consiliari, organismi etc.), rispondendo anche ai problemi indotti dalla vistosa carenza di organico, impossibile da coprire per il blocco delle assunzioni.
Ciò detto la Corte dei conti, incurante di tale problematica, è intervenuta sulla legittimità dell’istituzione del fondo ma non sul diritto del lavoratore a percepire il giusto compenso per il lavoro svolto, pertanto la disputa diventa di tipo lavoristico la cui natura è collegata, in primis, alla funzione sindacale nei confronti della Regione e non può diventare una mera disputa legale tra lavoratore ed istituzioni, lasciata in uno splendido isolamento. A tal proposito la RSU dei lavoratori del Consiglio Regionale, riunitasi il giorno 3 marzo, ha unitariamente e all’unanimità approvato un documento dove si sottolinea: …nessun lavoratore comandato da altri enti o dipendente del Consiglio deve restituire niente del salario, percepito per un lavoro subordinato, svolto e verificato. Ciò significherebbe scaricare sugli ultimi diatribe istituzionali assurde e del tutto intempestive, poiché contestate 20 anni dopo, e inoltre confliggerebbe apertamente con le basi del diritto lavoristico, diventando un pericoloso precedente per tutto il mondo del lavoro.
Pryamo
Il paradosso che ho letto anche che i dipendenti della Giunta si scagliano contro Il Governatore che ha attivato la procedura di recupero su GIUSTA SENTENZA … chi scrive simili idiozie si informi prima di creare ulteriore confusione e soprattutto una stupida contrapposizione tra colleghi che hanno sempre collaborato in assoluta sintonia … Si spera solo che giunga presto una sentenza del Tribunale a bloccare questa macchina del fango… e metta fine a questa assoluta follia .