Con la decisione 1999 ed il Regolamento 1998, il Consiglio degli Affari esteri dell’Unione Europea ha approvato, il 7 dicembre scorso, il primo regime globale di sanzioni in materia di violazioni e abusi dei diritti umani.
Si tratta di un risultato fondamentale scaturito da una proposta presentata dall’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e dalla Commissione Europea, nel piano d’azione per i diritti umani e la democrazia 2020-2024.
L’Alto Rappresentante Josep Borrell ha dichiarato: “I diritti umani sono sotto assedio in tutto il mondo. Il nuovo regime globale di sanzioni dell’UE in materia di diritti umani sarà un formidabile strumento per far sì che i responsabili di gravi violazioni e abusi siano chiamati a rispondere delle proprie azioni”. Anche Mairead McGuinness, ex- Commissaria per la Stabilità finanziaria e l’Unione dei mercati dei capitali, ha espresso il proprio consenso in merito: “Questa proposta costituisce un passo importante verso un regime di sanzioni di cui si sentiva l’urgente necessità. Applicando le sanzioni in materia di diritti umani in modo efficiente ed efficace, i Paesi dell’UE possono garantire che non vi sia impunità per chi provoca dolore e sofferenza umane”.
L’adozione di un regime di sanzioni non è una novità assoluta per l’Unione Europea, ma sicuramente il regime di sanzioni sui diritti umani da poco approvato rappresenta un momento rilevante nell’evoluzione della politica estera e di sicurezza europea a cui il Trattato di Maastricht, con l’istituzione della PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune), aveva fornito la prima necessaria base giuridica. Negli anni Novanta l’embargo delle armi aveva costituito la tipologia più comune di sanzione, successivamente il blocco dei beni e il divieto di ingresso nella UE erano divenuti i provvedimenti sanzionatori più adottati.
Fin dai tempi della sua istituzione l’UE ha innanzitutto utilizzato strumenti di moral suasion (ossia di persuasione morale) per promuovere la cultura del rispetto dei diritti umani, primi fra tutti il dialogo politico e clausole di condizionalità nei trattati commerciali e in quelli di cooperazione allo sviluppo. Ma il sistema di sanzioni fin qui adottato presentava un grande limite: prevedere unicamente sanzioni collegate a specifici contesti geografici e a determinate crisi e situazioni di conflitto. Questo spesso impediva una risposta tempestiva a situazioni di estrema gravità ed impellenza.
Con il nuovo regime, invece, è stata introdotta l’importante novità dei SOGGETTI a cui indirizzare le sanzioni, che possono essere ora individui e persone giuridiche, attori statali e non statali, indipendentemente dalla loro nazionalità e dal luogo in cui sono state commesse le violazioni. Proprio per questa caratterizzazione individuale, le sanzioni saranno mirate ed individuali e prevederanno: il divieto di ingresso e viaggio nei Paesi dell’Ue; il congelamento di fondi e risorse economiche; il divieto per gli operatori economici e finanziari europei di mettere a disposizione fondi ed altre risorse economiche ai responsabili di violazioni.
Il Regolamento prevede che il nuovo regime si applichi a quattro tipologie di violazioni: genocidio, crimini contro l’umanità, gravi violazioni delle norme di ius cogens (tortura, trattamenti inumani e crudeli, riduzione in schiavitù, uccisioni sommarie ed arbitrarie, sparizioni forzate, arresti e detenzioni arbitrarie), altre violazioni aventi carattere diffuso e sistematico come tratta di esseri umani, violenza sessuale e di genere, violazione della libertà di riunione ed associazione, opinione e religione. Puntando sul principio di responsabilità individuale, si spezza il legame di appartenenza tra l’autore di una violazione ed il suo paese d’origine ed in tal modo sarà possibile l’intervento sanzionatorio dell’UE evitando di innescare conflitti economico-politici su vasta scala.
Ma nonostante il nuovo regime di sanzioni abbia tutto il potenziale per rendere la risposta europea alle violazioni rapida e flessibile e nonostante abbia riscosso un diffuso consenso, è stato evidenziato un grosso limite che consiste nella necessità della valutazione delle sanzioni da parte del Consiglio, su proposta di uno Stato membro o dell’Alto Rappresentante. Poiché, però, in ambito PESC, il Consiglio può procedere solo all’unanimità, salvo rare eccezioni, l’individuazione di un soggetto o ente da sanzionare richiederà un confronto piuttosto lungo e complesso.
Altro limite riscontrato è quello della mancanza, tra le violazioni sanzionabili, della corruzione e non è inoltre prevista la partecipazione delle organizzazioni che fanno capo alla società civile, diversamente da ciò che avviene negli Stati Uniti, per sollevare davanti al Consiglio le questioni relative alle violazioni. Sicuramente il regime è ancora imperfetto, ma ha il grande merito di aver riportato in evidenza quello che è uno dei principali obiettivi dell’Unione Europea e cioè il consolidamento ed il sostegno della democrazia, del diritto internazionale e dei diritti umani. Speriamo dunque che queste non siano solo dichiarazioni d’intenti sulla carta ma che anzi possano trasformarsi in un reale strumento per non distogliere più lo sguardo dalle continue violazioni dei diritti umani che avvengono quotidianamente su scala globale.
Rachele Renno fa sempre centro nella scelta del tema dei suoi interventi ben documentati e trattati con chiarezza e concisione. Complimenti.
É il tema dei diritti umani a richiedere chiarezza e passione civile. Grazie per i suoi complimenti, ma soprattutto per l’attenzione e la sensibilità!