Sottrarsi all’invadenza della cronaca politica in questi giorni è praticamente impossibile. Occorrerebbe rinunciare ad accendere radio e TV e a comprare il giornale. Forse anche ad uscire di casa per non essere intervistati dal vigilante, dal secondino, dall’erbivendolo, tutte persone che in realtà ti prendono in giro solleticando la tua vanità di persona informata, ma che non si smuoveranno mai dalla loro radicata indifferenza.
E allora non resta che piegarsi a questo diluvio di dirette televisive, di non-stop in cui ascolti tutto e il contrario di tutto anche dalle persone da cui mai te lo saresti aspettato, mentre nessuno, ma proprio nessuno, ha fatto le domande giuste quando c’era da farle. E proprio agli stessi opinionisti ipercritici, domande tipo: “Ma lei, direttore di un’importante testata progressista, visto che giudica negativamente questa o quella iniziativa del governo Conte 2, cosa farebbe in alternativa?” oppure “Cara conduttrice di talk show, lei che arriccia tanto il naso per la caccia ai responsabili o costruttori andrebbe alle elezioni anticipate? Si o no?” Quindi affrontiamo questa nuova fase della vita politica convinti che, come ormai capita da anni, i media abbiano avuto un ruolo destabilizzante e non cesseranno di averlo neanche nell’immediato futuro.
Dunque, la mano è passata da Conte, premier scaricato, al premier incaricato Mario Draghi al quale facciamo ovviamente i più sinceri auguri, non senza ricorrere a qualche scongiuro perché è per noi italiani l’ultima occasione. La nostra preoccupazione nasce da considerazioni abbastanza banali come, tanto per cominciare, il marasma nel M5S: non a tutti Mario Draghi ha fatto una buona impressione come a Di Maio. Molti autorevoli esponenti (il M5S può contare su molti autorevoli esponenti, o non ve ne eravate accorti?) lo vedono come un’emanazione dei poteri forti. Altri ancora lo considerano un tecnocrate, cioè uno che conosce a menadito quello che fa e pertanto in netto conflitto col principio dell’uno vale uno o, meglio ancora, dell’uno che non vale niente, principio ampiamente dimostrato in questa legislatura. E quindi il M5S vuole un governo politico. Su questa definizione c’è molta confusione: per la maggioranza vuol semplicemente dire che Draghi ci deve mettere dentro persone segnalate dai partiti. Prospettiva, questa, particolarmente accattivante in vista dei fondi europei. E questo spiega perché poco per volta questa maggioranza si allarga a dismisura. Ciò deve spaventare perché quanto più largo è il bacino di consenso e quindi di pretese, di aspettative e di occasioni, tanto maggiore è la spinta dell’azione di governo verso soluzioni di compromesso, capaci di vanificarne l’efficacia.
Quindi meglio sarebbe se Draghi affidasse effettivamente i dicasteri a personaggi di valore, quelli che Berlusconi chiama “i migliori”. Ma in questo caso come potrà assicurare la neutralità politica di un governo tecnico? Tecnici autorevoli se ne trovano quasi esclusivamente nell’area progressista. Già i primi nomi che circolano preoccupano le destre: Cartabia, Visco, Gentiloni, l’ex capo della polizia Pansa non sono certamente in cima alle preferenze di Salvini e di Berlusconi. Né ci si può attendere qualche eminente e stimato tecnico gradito alla destra. Dobbiamo aspettarci il solito Brunetta o la Moratti, che ha chiamato Bertolaso a fare le vaccinazioni? Non vorremmo, tra l’altro, che Bertolaso, il protettore civile, decidesse di farsi aiutare da Gallera, chiudendo così il cerchio sotto la guida attenta di Attilio Fontana che veglia (o dorme?) sulla sanità lombarda. Il ministero della sanità potrebbe andare a Zangrillo? È dunque altamente probabile che Draghi ripieghi su una compagine composita, nel rispetto dei partiti che lo sosterranno, col rischio di mettere in piedi il solito pollaio dove tutti si beccano già prima di entrarci. Nel caso di una maggioranza troppo ampia, come farà Draghi a varare la riforma fiscale sollecitata dall’Europa nell’ambito del Recovery Plan? Privilegerà la flat tax di Salvini o la riforma in senso progressivo di Leu e PD, sollecitata addirittura dalla Corte dei Conti, oltre che dalla stessa UE? Come si regolerà con la patrimoniale da anni suggerita dall’Europa ma invisa alle destre? E quale mostruosa riforma della giustizia potrà nascere da posizioni totalmente inconciliabili? Assillati da tutti questi interrogativi abbiamo deciso di prenderci un po’ di sole sul balcone ma la bellissima giornata non è riuscita a dissipare le nubi che si addensano sulle nostre testoline incapaci di accedere agli oscuri meandri della politica.