Mario Draghi: il Governo che verrà

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Al momento delle consultazioni (appena due settimane fa) facemmo una panoramica dei possibili scenari, mentre Conte sembrava giocare con un pallottoliere, alla ricerca del “responsabile” perduto… Quasi la pellicola di un film fantasy. Ed infatti le dimissioni dell’ormai uomo dei cinque stelle furono inevitabili. Sergio Mattarella, come avevamo ben pronosticato, piuttosto che mandare al macello l’intero Paese con nuove elezioni, ha motivato la sua decisione nell’individuare la necessità di un governo d’altissimo profilo, vitale per gestire la fase critica in cui ci troviamo con licenziamenti che avanzano, piano vaccini a rilento e recovery di 209 miliardi che l’Europa ha approvato, ma che ancora non ha consegnato nella pratica. E dunque era inevitabile che il nome, atto a gestire una miriade di varianti imprevedibili lungo tale percorso, fosse un’eccellenza tutta italiana e ben rodata a livello UE.

Parliamo naturalmente di Mario Draghi, già nelle fila della DC, al Tesoro per la precisione, a lungo tempo a capo della BCE, con elogio e gradimento dei capi di stato del suo periodo e odierni. Le aspettative su Draghi sono enormi, con giusta ragione, in quanto la sua capacità di gestire equilibri estremamente complessi, senza in alcun modo perdere di vista obbiettivi e risultati, è testimoniata dai suoi precedenti mandati ed incarichi finanziari e bancari: doti imprescindibili per un ottimo leader quanto per un esperto politico.

Ma cosa aspettarsi dal suo Governo? Ebbene, non è difficile immaginare quale sarà il profilo dell’uomo tecnocrate, che sul buon nome della sua persona ha già consentito la discesa dello spread e un rialzo in positivo di mercati e quotazioni; la credibilità, da tempo sconosciuta all’Italia, sembra già in questo segnale di riacquisita speranza per il futuro. La partita in ogni caso non sarà una passeggiata, questo è infatti un governo tecnico e pertanto non c’è da far festa, poiché governi di tal genere nascono quando la politica, inadeguata e non all’altezza, fallisce. Innanzi tutto Draghi dovrà traghettare i primi 20 miliardi in porto per l’Italia dal piano dei 209, mentre per i restanti 190 sarà tutta un’altra partita e ben conosce questa postilla il professor Mario. Il piano dovrà essere ben organizzato, con adeguate procedure normative, regolamentazioni di appalti amministrativi, fino ai più capillari canali del sottobosco politico che toccherà alla sua persona predisporre. Va specificato che seppur il governo tecnico di Mario Monti abbia lasciato brutti ricordi e paure, quando si parla di esperti e tecnocrati, possiamo essere ottimisti nella consapevolezza di Draghi che considera due tipi di debiti, quello “buono” e quello “cattivo”, laddove il primo è sinonimo di crescita, il secondo solo di lentezza e problematica reale nel pagamento. Così la sua linea si annuncia già contraria a finanziamenti e sussidi a pioggia (reddito di cittadinanza e proroga dei licenziamenti saranno infatti da rimodulare), non si può offrire un ristoro economico e degli ammortizzatori senza che questi mirino a creare occupazione, piuttosto che sostentare senza concedere crescita al Paese e al tessuto sociale.

Quanto agli equilibri di questa nuova maggioranza che si profila, il Pd guarda con sospetto l’entrata nei giochi della Lega, con Salvini che, a sentire il malloppo da gestire, ha dimenticato tutti i suoi canoni di punta scordando migranti, e “mai di nuovo con i cinque stelle”, mentre Grillo e conseguentemente Di Maio, dall’essere contro l’establishment, hanno impiegato una manciata di giorni a far due conti e pensare che per loro è meglio essere in partita conservando almeno il posticino da parlamentare, che perdere capra e cavoli, dopo la silurata all’Avvocato del Popolo, che per quanto fosse intenzionato a togliere il disturbo, fatica a digerire l’idea di restar fuori dal Palazzo tanto da richiedere tramite il pressing dei gialli, un ministero intestato a suo nome. Draghi, dal canto suo, non ha mandato comunicati, non ha twittato e non ha fatto uso dei social o di uffici stampa a cui tristemente invece era abituata la compagine del precedente governo, smentendo persino i propri stessi compagni e alleati in mille e più linee di pensiero. Attento alle posizioni, il Professore Europeo ascolta e prende in considerazione ogni sensibilità, ma è chiara la musica: la sintesi e l’agenda sarà dettata su sua unica determinazione ed il passo di marcia sarà lui stesso a scandirlo.

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