In Catalogna il 14 febbraio sarà una data importante: non certo per San Valentino, ma per le elezioni della Generalitat de Catalunya, ossia del Parlamento catalano, inizialmente programmate per l’anno scorso e poi bloccate a causa dello scoppio della pandemia. L’aumento dei contagi delle ultime settimane rischiava di far slittare l’appuntamento elettorale dal 14 febbraio al 30 maggio 2021, ma il Tribunale Supremo ha confermato la data iniziale di febbraio.
I socialisti hanno deciso di nominare come proprio candidato il ministro della Sanità che ha fronteggiato la crisi sanitaria, Salvador Illa, che secondo i sondaggi ha ottenuto un grande apprezzamento, facendo “salire” le quotazioni dei socialisti dal 13% del 2017 al 22% del 2021.
Unidas Podemos, insieme al PSOE, ha dato il suo appoggio nel Congresso ad una mozione del partito ERC (Esquerra Republicana) per restaurare un dialogo sul futuro politico della Catalogna, dopo le elezioni del 14 febbraio.
Montse Bassa, deputata di ERC, ha sottolineato che la soluzione alla crisi politica in Catalogna dipende dalla concessione dell’amnistia ai leader indipendentisti incarcerati dopo gli episodi di ottobre 2017. Sembra questa la conditio sine qua non per il partito repubblicano indipendentista catalano.
Ricordiamo che, a febbraio 2020, il Presidente del governo spagnolo Pedro Sànchez ed il Presidente della Generalità della Catalogna, Quim Torra, presentarono “L’Agenda per il rincontro”, formata da sei temi divisi in 44 punti, su cui il Governo centrale di Madrid e la Comunità Autonoma di Catalogna volevano iniziare ad intavolare delle trattative: finanziamento delle comunità autonome e miglioramento della cooperazone, politiche sociali e servizi pubblici, dialogo politico e rigenerazione istituzionale, infrastrutture e appoggio in caso di catastrofi naturali.
Con lo scoppio della pandemia tutto si è bloccato ed ora, in vista delle elezioni del 14 febbraio, è interessante capire qualcosa in più sui principali partiti catalani.
Oltre al Partito Socialista Catalano (PSC), troviamo Ciutadans, il partito centrista che vinse le elezioni nel 2017 ed è quello più rappresentato in Parlamento con 36 deputati. Il candidato sarà Carlos Carrizosa, anche se secondo gli ultimi sondaggi si registra una notevole caduta dei consensi del Partito, soprattutto in seguito alla designazione di Salvador Illa nel partito socialista.
Non poteva mancare poi Carles Puigdemont, il leader del partito Junts per Catalunya, diventato “famoso” negli scontri del 2017, durante i quali fu arrestato ed accusato di alto tradimento e sedizione. Dal Belgio Puigdemont torna in pista, o forse dovremmo dire in lista, per riaccendere il fuoco sulla questione indipendentista, chiudendosi a qualsiasi dialogo con il governo centrale di Madrid. La candidata numero 2 di Junts, Laura Borràs, aspira al ruolo di Presidente della Generalitat. Junts è il partito più “radicale” ed estremista del Parlamento catalano ed attualmente detiene una quota di 34 deputati, che secondo i sondaggi dovrebbero essere confermati nella prossima tornata elettorale.
Passiamo poi al partito di sinistra Esquerra Republicana (ERC), che insieme a Junts mantiene le posizioni più dure in merito all’indipendenza catalana. Perè Aragonés, pupillo di Junqueras, attualmente in carcere per i fatti del 2017, è candidato come rappresentante di lista del Partito che, prima della discesa in campo dei socialisti, sembrava il favorito alle elezioni.
Tutto dipenderà dalle alleanze post elezioni, poiché è plausibile un’unione dei principali partiti indipendentisti o anche un’alleanza in cui il Partito socialista catalano gioca un ruolo centrale, con un approccio più “morbido” e cercando di intavolare una trattativa con Madrid sulla questione indipendentista.
Nel frattempo, però, l’aumento dei contagi sta creando non pochi grattacapi, poiché l’affluenza alle urne potrebbe essere di gran lunga inferiore alle aspettative, anche per una considerevole fascia di popolazione che si trova in quarantena o in ospedale. Nonostante ciò, il Tribunale Supremo della Catalogna ha dichiarato che posporre le elezioni avrebbe violato il fondamentale diritto di voto e che, nonostante lo stato d’emergenza, quest’ultimo “contempla espressamente che si possano celebrare elezioni, anche se si è in emergenza sanitaria”. A tal proposito, il Tribunale ha poi sottolineato come le condizioni di marzo 2020 fossero totalmente diverse da quelle di adesso.
Attendiamo dunque l’esito delle elezioni catalane, sperando che questa volta si intavoli una reale trattativa tra il governo centrale di Madrid e la Generalitat, secondo i principi della democrazia e della Costituzione. Le ultime mosse di Pedro Sànchez e l’astuta scelta di candidare Salvador Illa fanno propendere per questa linea, poiché il Presidente spagnolo sembra realmente interessato ad un dialogo. Resta da vedere se gli indipendentisti catalani vorranno rinunciare a qualcosa per il bene della Regione e dei cittadini o se procederanno con la linea dura. Anche se, con l’attuale situazione economica e politica non solo spagnola ma mondiale, un bis del 2017 non sarebbe di certo la scelta migliore.