Dopo il liceo scientifico statale “Labriola” anche i ragazzi e le ragazze del liceo “G.B Vico” hanno occupato il loro istituto, una mossa o forse un urlo disperato degli studenti non solo per il rientro in sicurezza a scuola ma soprattutto contro la D.A.D (Didattica a distanza) iniziata successivamente allo scoppio della pandemia Covid-19. Il “G.B. Vico” è un liceo nel cuore di Napoli, in via S. Rosa, una scuola da sempre attiva politicamente dove, negli anni, collettivi e coordinamenti studenteschi non sono mai mancati. Storicamente il nostro Paese è abituato alle occupazioni studentesche che da sempre dividono gli animi tra chi la ritiene una pratica sessantottina oramai superata e chi invece riconosce l’occupazione come l’unico mezzo per poter “ridare” la scuola ai veri protagonisti: gli studenti e le studentesse. Ho intervistato alcuni dei protagonisti di questa azione coraggiosa e pregna di responsabilità soprattutto in un momento di crisi sanitaria. Da ex-studente del liceo non posso nascondere di aver provato grande gioia rientrando in quell’edificio che per anni è stato casa mia; negli occhi di Gabriele invece c’era tanta stanchezza dovuta alle mille chiacchiere che, prima di essere intervistato, scambiava con alcuni compagni del suo collettivo.
Che cosa pensate della D.A.D? Avete timore che questo modello di scuola possa andare oltre la pandemia e instaurarsi come modello del futuro?
Quello che ci preoccupa di più è proprio questo, pensare che la D.A.D possa rappresentare il modello per la scuola futura. La didattica a distanza è un modello di scuola verticale e non orizzontale in cui non tutti ce la fanno, non tutti si adattano. Ha senso fermare la D.A.D, uno strumento che elimina tutti gli spazi di confronto, di socialità e di aggregazione, la riteniamo dunque una iniziativa fallimentare che ha lasciato indietro tanti alunni, l’unico scenario che ci auspichiamo è il ritorno in presenza. Un ritorno in sicurezza. L’occupazione è stata fatta dopo una trafila infinita di ricerca di contatto con le istituzioni. Tentativi vani che ci hanno portato a “pretendere quello che è nostro”, come si evince dal comunicato stampa del Collettivo Vico.
Che messaggio volete lanciare con questa occupazione?
Con questa occupazione rispondiamo ai vari licei che in tutto il Paese stanno occupando in questi giorni, a Napoli prima di noi proprio i ragazzi e le ragazze del liceo “Labriola” hanno occupato il loro istituto. Queste occupazioni vogliono rendere, seppur per pochi giorni e in maniera simbolica, gli istituti dei veri e propri laboratori politici, dei poli culturali, noi che vogliano partecipare al cambiamento della scuola e prenderne parte da protagonisti attivi, ascoltati dalle istituzioni per non subire passivamente le riforme scolastiche. Vogliamo redigere un vero documento per scrivere noi la “nostra riforma” e portarla agli organi competenti.
Quindi, rivedere il concetto di scuola che oggi c’è in Italia?
Sì. L’Italia segue arrancando con la nuova didattica ispirandosi ai modelli europei, senza cambiare però la sua struttura didattica, cambiando semplicemente i mezzi.
In un momento come questo in cui la pandemia miete vittime tra la popolazione mondiale, il vostro gesto di occupare è pregno di responsabilità, avete paura di un possibile focolaio e come vi state attrezzando in tal senso?
Prima di occupare l’Istituto ci siamo tamponati tutti a nostre spese, e vogliamo essere molto attenti sul numero di persone che entrano all’interno dell’Istituto. Il servizio d’ordine che abbiamo istituito è rigido nel far rispettare le norme anti-covid.
Ultima domanda: purtroppo raramente si chiede agli studenti il loro punto di vista sulla politica, voi cosa pensate dell’attuale crisi di governo?
Sulla crisi di governo la situazione si collega sempre al solito discorso: l’abbandono della classe politica dei tanti soggetti di questo Paese, nel nostro caso gli studenti. Ci sembra che l’attenzione dell’attuale classe politica sia rivolta più a garantirsi una poltrona, gli interessi singoli sembrano vincere sulle reali difficoltà del Paese: la crisi sanitaria e quella economica.
In tutti i casi gli studenti sono tra le fasce più colpite dalla pandemia, l’allontanamento dagli istituti, la lontananza dai compagni di classe, un nuovo metodo di istruzione che si è presentato all’improvviso nelle loro vite portando non pochi stravolgimenti, inoltre gli under 20 sono tra i soggetti più a rischio non tanto a livello sanitario bensì sotto il profilo psicologico: la pandemia ha accentuato patologie nei più giovani come stress, ansie, smarrimento e depressione. Riusciranno i nostri politici a farci sentire davvero “tutti sulla stessa barca”?
Messo in evidenza quello che tutti, dico tutti, temono. La didattica a distanza deve finire quanto prima, non è la scuola a far aumentare i casi il covid, ma tutto il resto, in primis i trasporti. Si ammettono mezzi di trasporto strapieni e poi vanno a guardare il pelo nell’uovo. In questo caso l’uovo è la scuola.
Occorre che la scuola riprenda in pieno la sua attività didattica, educativa e sociale se non si vuole che il domani sia in mano ad adulti asociali e senza istruzione.