Eppur si muove

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Periferia, dipinto di Felice Zinno

La Giunta Regionale campana ha deliberato, il 29 dicembre scorso, la programmazione del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali e gli indirizzi per i piani di zona relativi alla seconda annualità del Piano Sociale Regionale. Un atto importante questo per garantire la ripartenza dei servizi sociali che, alla stregua di tante altre attività, hanno subìto una stasi per effetto delle misure anti Covid.

Le risorse messe in campo non sono poche: quasi 38 milioni di euro (del Fondo Nazionale) a favore dei comuni associati in Ambiti territoriali e Consorzi, distribuiti secondo i criteri dell’85% sulla base della popolazione residente e del 15% in considerazione dell’estensione territoriale, a cui si aggiungono altri 10 milioni di euro (risorse regionali) da ripartirsi nel territorio con i medesimi criteri.

È stata inoltre prevista una premialità aggiuntiva di 900mila euro da destinare a favore degli Ambiti che costituiscono forme associative e/o di gestione diverse dalla Convenzione di unione tra comuni per le politiche sociali, ossia Consorzi e Aziende speciali, con propria veste giuridica, autonoma, organizzativa e di bilancio. Altre risorse sono state stanziate per programmi a favore dei bambini allontanati dalle famiglie e altro ancora, i cui dettagli (Delibera della Giunta Regionale n. 638 del 29/12/2020) possono essere consultati nel sito della Regione Campania.

Per un sistema socio-assistenziale regionale che negli ultimi decenni invece di recuperare il differenziale, in quantità e qualità, con le altre regioni del Paese, ha accumulato ulteriori ritardi e in una situazione aggravata dalla crisi globale determinata dalla pandemia, questo nuovo flusso di finanziamenti, aggiunto a quelli della prima annualità, che ha raddoppiato quella precedente, invece di recuperare i ritardi storici e far fare al sistema un vero salto in avanti, rischia di essere assorbito burocraticamente. Il rilancio del Welfare territoriale ha bisogno di un’attenzione più alta in una visione integrata con la Sanità e le politiche del lavoro, destinando al sociale molte più risorse. L’integrazione tra politiche assistenziali e politiche di sviluppo è il nodo ancora irrisolto nel territorio regionale campano.

È bene ricordare che la gestione di questi finanziamenti richiede una serie di competenze, di professionalità e un’organizzazione tecnico-amministrativa diffusa, dall’ente Regione fino ai più piccoli comuni e, in assenza di un sistema efficiente, il rischio di dispersione è forte.

Semplificando è possibile individuare alcune criticità che l’azione del Governo regionale dovrà affrontare.

Non è più rinviabile la predisposizione di un piano per il recupero dell’impasse finanziaria che ha origine dal lontano 2012, quando fu praticamente azzerato il fondo nazionale.

I Comuni e gli altri enti territoriali hanno subìto un forte ridimensionamento dal punto di vista del personale impiegato, sono privi di strutture tecniche e organizzative e di personale qualificato in diverse e strategiche aree professionali. Queste carenze degli enti territoriali hanno costretto ad operare scelte di affidamento a terzi, a società private, di ogni funzione, perfino il segretariato sociale, irrigidendo ulteriormente le capacità modulari e determinando un improduttivo aggravio dei costi.

La lunghissima fase di chiusura per il Covid ha bloccato l’erogazione di molti servizi alle persone e alle famiglie e nello stesso momento ha fatto nascere nuove funzioni ed aspettative. Di fronte a tali questioni non basta rispondere meccanicamente agli input di spesa nazionale vincolati da leggi specifiche. Ciò, pur essendo di per sé un elemento positivo vista la lunga fase di crisi (le misure adottate rappresentano infatti, in larga parte, l’articolazione di politiche nazionali come il d.lgs 147/17 e il Decreto Cura Italia d.l. 18/2020) non basta, ma è necessario attrezzarsi per individuare e valorizzare potenzialità territoriali, per rimanere in gioco, per tentare di svolgere un ruolo attivo in un necessario processo di ridefinizione di piani delle linee di sviluppo economico e culturale del territorio campano dando al sociale un ruolo essenziale.

Nell’attuale contesto sono cambiate non solo le dinamiche sociali e gli scenari di fondo ma sono aumentate le fragilità sociali, che non si limitano al solo impoverimento economico, sempre a sua volta più ampio. Abbiamo, per rispondere a questi cambiamenti, la stragrande parte degli ambiti che stentano ancora a decollare, un sistema di servizi estremamente frammentato con interventi ancorati a valori squisitamente prestazionali, con l’aumento progressivo della distanza tra obiettivi di protezione e quelli d’inclusione sociale. Di fronte a tale complessità, che ci chiama a riflettere sulla unità dei fattori per programmare la crescita della qualità della vita a partire dalla salute (che va oltre la semplice integrazione socio-sanitaria), non è credibile optare, come scelta strategica risolutiva, per la creazione di aziende speciali sostitutive di fatto degli ambiti, così come fanno gli ultimi due Piani sociali regionali. Eppur si muove, ma manca una visione strategica.

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