Lo scorso giugno, il collettivo artistico cileno “Las Tesis” era stato denunciato dai Carabineros per incitamento pubblico alla violenza verso il corpo delle forze dell’ordine del Cile. Il motivo, a loro avviso determinante, era non solo la performance artistica ormai divenuta famosa in tutto il mondo dal titolo “Un violador en tu camino” (uno stupratore sulla tua strada) ma anche un manifesto da loro scritto e fatto circolare su Internet contro di loro.
Questa denuncia ha mobilitato l’opinione pubblica tanto che numerosi personaggi del panorama artistico internazionale, attrici di Hollywood e perfino le Nazioni Unite e la Corte Interamericana dei Diritti Umani sono intervenuti sulla vicenda, difendendo la libertà d’espressione artistica del collettivo femminista.
Pochi giorni fa, il 4 gennaio scorso, il Tribunale di Valparaìso ha respinto le accuse contro Las Tesis: la giudice Ingrid Alveal non ha difatti trovato una relazione diretta tra le parole da loro pronunciate e l’accusa dei Carabineros, dichiarando che il tutto è rimasto “in un contesto artistico”.
Il gruppo, poco dopo la sentenza, ha ringraziato pubblicamente tutte le organizzazioni e persone che si sono mobilitate in loro difesa, facendo appello alla libertà d’espressione nel proprio Paese: “speriamo che nessun collettivo artistico o che nessun artista in Cile debba affrontare un processo per il contenuto delle proprie opere. Speriamo che tutte e tutti possano creare in libertà e senza il timore di persecuzione e censura”, queste le loro parole in un comunicato stampa reso pubblico sui propri profili social.
Inserite dal Times tra i 100 personaggi più influenti del 2020, Las Tesis sono diventate un simbolo di lotta alle ingiustizie sociali e al patriarcato.
I collettivi femministi hanno avuto un ruolo cruciale nelle rivolte sociali che il Cile vive da ottobre 2019. L’11 aprile in Cile ci sarà l’elezione dell’Assemblea Costituente che, con i suoi 155 membri eletti interamente dal popolo, riscriverà la Costituzione di Pinochet del 1980. La prima Costituzione al mondo che sarà scritta in parti uguali da uomini e da donne.
I gruppi femministi, che hanno avuto un ruolo cruciale nelle proteste del 2019, vogliono portare le proprie richieste all’interno del dibattito costituente, in particolare sul concetto di famiglia, sui diritti riproduttivi e sessuali delle donne, sul riconoscimento del lavoro domestico e sul diritto ad una vita libera da violenza. Ricordiamo infatti che in Cile il femminicidio e la violenza di genere sono tra le principali cause di morte delle donne, con un tasso di femminicidi che nel 2019 ha raggiunto il 30%.
“Non tutte le donne elette all’Assemblea Costituente saranno femministe, ma quando negli spazi di potere c’è una massa critica di donne, si iniziano a trattare nuovi temi e nascono punti di vista diversi che, senza di loro, non sarebbero dibattuti”, questa la dichiarazione della politologa cilena Valentina Moyano.
In vista dell’11 aprile si stanno formando le liste guidate da donne che si alterneranno in modo uguale con uomini. Solo le liste dispari ammetteranno che uno dei due sessi superi l’altro in massimo una candidatura. La proporzione tra i due sessi sarà del 45%-55% perché il numero totale dei seggi è dispari (155) e nella composizione finale la parità dovrà essere raggiunta in tutti i distretti. La volontà dunque di avere pari rappresentanza riguarderà non solo il processo costituente ma anche il periodo successivo. Non un punto di arrivo, ma un risultato da cui partire. Sicuramente ci si augura che quello del Cile sia solo l’inizio di un processo che abbracci tutti i Paesi dell’America Latina: dal Brasile al Perù, all’Argentina, dove la legalizzazione dell’aborto è stato uno spartiacque storico importantissimo.
Nel frattempo, Las Tesis ed altri collettivi femministi continuano a lottare per un Cile più equo, meno violento, più libero, più degno. E dunque, termino questo articolo con il loro inno, che è diventato virale in tutto il mondo e contro cui nessuna autorità è riuscita a combattere, perché l’arte, si sa, non può essere compressa né soffocata e proprio per la sua libertà, forse, fa così paura.
“Il patriarcato è un giudice che ci giudica dalla nascita
Ed il nostro castigo è la violenza che ora vedi
É femminicidio. Impunità per il mio assassino.
É la sparizione. É lo stupro.
E la colpa non era mia, nè dov’ero, nè come vestivo.
Lo stupratore sei tu.
Lo stupratore eri tu.”
(Un violador en tu camino – Las Tesis)