L’Italia è il paese dei sondaggi d’opinione. Non c’è settore della nostra vita sociale e individuale che non cada sotto la lente dell’indagine statistica. Giornali ed emittenti televisive si preoccupano di darcene puntuale, ossessiva notizia perché sanno che, tutto sommato, a buona parte del pubblico il sondaggio interessa, anzi in tempo di Covid è gradito perché spezza la monotonia del lockdown.
Prendiamo, ad esempio, i sondaggi sull’orientamento degli elettori. Mia moglie ed io seguiamo di preferenza il TG7 condotto da Enrico Mentana, che non ci dispiace malgrado il suo incontenibile presenzialismo: farebbe una diretta con dibattito anche per le elezioni nel Belucistan.
La smania dei sondaggi elettorali induce Mentana a comunicarne uno ogni lunedì. Inutile dire con quali sghignazzi li accogliamo immaginando la disperazione che assale la segreteria del PD quando scopre di essere calato dello 0,2% rispetto al lunedì precedente: roba da intossicarsi per tutta la settimana. Oppure pensiamo alle celebrazioni orgiastiche cui si abbandona lo stato maggiore di Forza Italia per una incredibile rimonta dello 0,1%, così come avveniva quando Berlusconi era Berlusconi e si festeggiavano anche gli arretramenti nei sondaggi ed anche in assenza di qualunque sondaggio, non appena c’era un po’ di tempo libero.
Sui sondaggi che riguardano Renzi non si rende necessario un grande sforzo immaginativo: il mancato sfondamento elettorale di Italia Viva, inchiodata intorno al 3% sin dalla folgorante nascita, provoca i capricci e i dispetti del giovane stratega che sono sotto gli occhi di tutti.
In pratica quindi questi sondaggi così ravvicinati non servono assolutamente a niente anche se siamo convinti che, un po’ come per il calcio, anche intorno ai sondaggi settimanali di Mentana si muova un bel giro di scommesse e chissà che non sia proprio questo lo scopo della loro insulsa esistenza.
D’altra parte, per inciso, anche mia moglie ed io qualche scommessa la facciamo, ma solo occasionalmente interrogandoci piuttosto sul perché dell’assenza di sondaggi che a noi sembrano essenziali. Nessuno ha promosso, ad esempio, un’indagine sulle preferenze degli ottuagenari rispetto a queste benedette feste natalizie. Si discute sull’opportunità di non lasciarli soli almeno a Natale e a San Silvestro ma la discussione avviene al di sopra delle loro teste canute dando per scontato il loro desiderio di riunirsi almeno in quei giorni con figli e nipoti. Ed invece cosa ne sappiamo veramente? Un ipotetico sondaggio di opinione, impostato con i criteri correnti, darebbe probabilmente alle seguenti domande le risposte accanto ad ognuna riportate: A Natale e a San Silvestro se ne starebbe solo solo a casa senza cenare con figli e nipoti? (Sì, 82%), (Quale Natale? 7%) (Quali figli e quali nipoti? 5%) (Non ricordo. 4%), (Veramente non ricordo. 2%)
Le percentuali delle ultime quattro risposte corrispondono esattamente alla somma delle percentuali demoscopiche degli ottuagenari affetti da alzheimer, di quelli che fanno ancora gli spiritosi e dei furbi incalliti. Li unisce un sentimento unitario di legittima e comprensibile fifa. Per gli ultrasettantenni cambiano un po’ le percentuali e c’è sicuramente qualche possibilista, ma con tutte le cautele del caso: tavolo allungato fino ad occupare un pezzetto di balcone (per chi ha un tavolo allungabile e un balcone), mascherine ffp2 per tutti i commensali e, soprattutto, ingestione rapida di tutte le pietanze per poter ridurre al massimo i tempi non protetti dalle mascherine. Per chi ha un terrazzo, cappottino per tutti se non piove e se piove ombrelli, ma in questi casi il nonno resta da solo in casa per non rischiare una bronchite. L’idea di mettere il nonno sul terrazzo ed il resto della famiglia in casa. Questa ipotesi non può essere oggetto di indagine demoscopica: potrebbe riservare sorprese poco edificanti, in funzione del grado di autonomia del “vecchio” e soprattutto del valore stimato dell’eredità.