“E coloro che furono visti danzare
vennero giudicati pazzi
da quelli che non potevano sentire la musica”
– F. Nietzsche
Isaac Newton, nato il 25 dicembre del 1642, è conosciuto soprattutto per la leggenda della caduta di una mela all’ombra dell’albero sotto il quale stava riposando, o meditando; questo evento gli diede la prima intuizione dell’identità della forza di gravità.
Nel periodo in cui visse questo grande pensatore e matematico era d’uso comune indagare sui segreti dell’alchimia e sui possibili messaggi segreti che conteneva la Bibbia. Come riportato da The Observer, l’antico settimanale britannico oggi distribuito dall’editore de The Guardian, in questi ultimi giorni è stata venduta all’asta da Sotheby’s (multinazionale americana fondata in Gran Bretagna con sede a New York City, uno dei più grandi broker al mondo di belle arti e decorazioni, gioielli, immobili e oggetti da collezione),per 378.000 sterline, una raccolta di appunti inediti in cui Newton indagava su dei codici segreti che credeva fossero nascosti nelle misurazioni delle piramidi d’Egitto. La notizia è stata riportata anche sulla stampa italiana.
Queste note risalgono al periodo in cui Newton studiò le piramidi, nel 1680, durante un periodo di esilio accademico a Woolsthorpe Manor nel Lincolnshire, lontano dalla sua residenza all’Università di Cambridge, in seguito alle critiche del suo lavoro da parte del suo rivale Robert Hooke della Royal Society. Le pagine sono state ritrovate con segni di bruciatura, probabilmente dovute ad un incendio causato dal suo cane Diamond che, secondo la leggenda, saltò sul tavolo e rovesciò una candela. Per quanto bruciate è possibile leggere gli studi dello scienziato: egli confrontò le dimensioni esterne di una piramide, le lunghezze dei suoi tunnel, le altezze delle sue camere e le dimensioni dei suoi mattoni, mentre cercava di dimostrare che erano state tutte calcolate da un’unità di misura allora comune: il cubito reale. La lunghezza del cubito reale espressa in cm è pari a 52,36, che rappresentava la lunghezza dell’avambraccio del faraone, dal gomito alla punta del dito medio.
Newton era convinto che gli antichi egizi avessero accesso a conoscenze che da allora erano andate perdute e sperava che quantificare il cubito reale lo avrebbe aiutato a misurare con precisione la circonferenza della Terra, una misura di cui aveva bisogno per dimostrare la sua teoria della gravitazione su scala planetaria.
Supponendo che i greci prendessero le loro misure dagli egiziani, si basò sui loro studi e calcoli sulla circonferenza della Terra. All’epoca gli unici studi a riguardo erano quelli di Talete e Anassimandro nel VI secolo a.C., secondo i quali la circonferenza della Terra era di 400.000 stadi, che prese in considerazione, e di Eratostene, matematico greco antico che per primo misurò il meridiano terrestre, anche se con margini d’errore e che stimò per esso una lunghezza di 252.000 stadi.
“Non sorprende che non pubblicasse sull’alchimia, dal momento che la segretezza era un principio ampiamente diffuso della ricerca alchemica e le credenze teologiche di Newton, se rese pubbliche, gli sarebbero costate (almeno) la sua carriera“, secondo Gabriel Heaton esperto di manoscritti della casa d’aste Sotheby’s, dichiarazione riportata da Harriet Sherwood nell’articolo comparso su The Observer
Le indagini di Newton non si conclusero con le piramidi, il suo ingegno, la sua “follia” e la sua curiosità si addentrarono, secondo le note ritrovate e mai pubblicate, nello scoprire i tempi di quando sarebbe accaduta l’apocalisse attraverso codici che credeva fossero nascosti nella Bibbia. Credeva che, se fosse riuscito a decifrare il cubito reale, sarebbe stato in grado di ricostruire anche il cubito sacro degli ebrei e di calcolare le dimensioni del Tempio di Salomone (l’ambientazione dell’apocalisse), che credeva lo avrebbero aiutato a capire le dimensioni della Terra. “Stava cercando di trovare prove per la sua teoria della gravitazione, ma in aggiunta pensava che gli antichi egizi conoscessero i segreti dell’alchimia che da allora sono stati persi“, ancora Gabriel Heaton su The Observer. “C’è un enorme interesse per i libri e i manoscritti scientifici: è la più grande area di crescita che ho visto negli ultimi 10 o 15 anni“.
Queste ricerche, questi studi, non sarebbero costati solo la carriera a Newton ma probabilmente anche molti pregiudizi sulla sua stabilità mentale. L’immagine della follia come risultato del genio si è espressa molte volte nella storia come qualcosa di innato, un esempio è il saggio di Erasmo da Rotterdam del 1509 “Elogio della follia” nel quale ci sono numerosi esempi e citazioni a favore della follia. Un altro libro interessante è “Toccato dal fuoco” di Key Redfield Jamison, nel quale l’autrice affronta un’affascinante analisi del rapporto tra alcune forme maniaco-depressive e il genio artistico, letterario ecc. Insomma questo è un mondo nel quale, senza un po’ di bizzarria e coraggio di osare, non si giungerà mai ad interessanti scoperte o ad opere meravigliose come quelle di Vincent Van Gogh, di Giacomo Leopardi e tanti altri geni che hanno fatto la storia e che ancora oggi ci affascinano.