Anche l’acqua finisce nelle mani di Wall Street

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Immagine di www.unspalsh.com

“Acqua bene comune”, eravamo abituati a concepirla così, ma da lunedì 7 dicembre qualcosa è cambiato. L’elemento principale per la vita sul nostro Pianeta ha iniziato ad essere quotata nei mercati “future” a Wall Street. L’acqua diventa così una commodity e sarà influenzata dalla speculazione finanziaria al pari del petrolio, del carbone, dell’oro, dei diamanti, oscillando quindi con l’andamento dei mercati e soggetta ai trend finanziari.

Se la pandemia ci sta dando una lezione è proprio che l’uomo è l’unica specie sulla faccia della Terra che si sta veramente impegnando per la propria estinzione. Una volontà chiara che si misura nel binomio uomo-mercato. I mercati ancora una volta decidono l’orientamento che la specie umana prenderà nei prossimi anni. L’acqua dunque rappresenterà una commodity, ovvero un vantaggio, per qualcuno e uno svantaggio per altri. Il CME GROUP, azienda operante nel mercato finanziario statunitense, in collaborazione con il Nasdaq ha annunciato la creazione del primo “future” sull’acqua. Il piano, spiegano, consentirà una migliore gestione del rischio associato alla scarsità dell’acqua, stabilendo una migliore correlazione tra domanda e offerta nei mercati.

In realtà privatizzare questo bene primario significa farlo lievitare insieme ai prezzi di mercato. Il nostro Pianeta vive una crisi idrica senza precedenti, basti pensare che 1 essere umano su 4 non ha accesso a fonti d’acqua sicure, ovvero 2,1 miliardi di persone, mentre poche migliaia di persone scommetteranno su questo bene. Insomma, mentre miliardi di persone in diverse zone del Pianeta, su tutte l’Africa, soffrono per mancanza di acqua potabile, altri potranno guadagnare vendendo un bene che la maggior parte degli stati democratici definiscono o meglio definivano: un bene primario e intoccabile. Ovviamente la nuova manovra non è frutto di qualche manipolo di miliardari che punta a scommettere su un nuovo bene. Da anni il Fondo Monetario Internazionale insieme alla Banca Mondiale spingono gli Stati affinché privatizzino le loro risorse. Le multinazionali così potranno fare ancor di più la voce grossa decidendo di guadagnare su un qualcosa di cui nessuno può fare a meno.

La notizia della “futura privatizzazione dell’acqua” ci mette così dinnanzi ad una “nuova scoperta”: gli Stati sono sempre più fragili di fronte alle decisioni del libero mercato. Dunque non è malafede pensare che gli speculatori molto presto potranno giocare a danno di chi l’acqua già non la possiede soffrendo a causa di siccità e cambiamenti climatici. Se durante questi anni ci siamo spaventati davanti agli scempi che l’uomo commette verso madre Natura con i grandi incendi della California o dell’Australia, solo per citarne qualcuno, lo scenario peggiora con la quotazione dell’acqua sul mercato. Le conseguenze di questo scenario potrebbero essere disastrose: dalla distruzione degli ecosistemi acquatici all’estinzione di migliaia di specie animali, passando per plausibili nuovi conflitti internazionali. Quale sarà il prossimo passo? Tassare o privatizzare l’aria? Purtroppo, sotto questo cielo ogni ipotesi può diventare realtà.

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