Dopo aver aperto la strada al concerto romantico per strumento solista e orchestra, strada che riprenderemo perché ricchissima di altri capolavori, facciamo un passo indietro sia in senso storico che nell’àmbito di questa sommaria introduzione alla musica classica. Torniamo quindi alla sinfonia per presentare uno di quei capolavori assoluti che, insieme a buona parte (non tutte) delle sinfonie beethoveniane, rappresenta “la sinfonia tout court”: l’Incompiuta di Franz Schubert (Vienna 1797-1828). Chiariamo subito che una parte non secondaria dell’immensa notorietà di cui gode quest’opera è dovuta al titolo, imposto dall’editore dopo il ritrovamento casuale del manoscritto, avvenuto a 21 anni dalla morte dell’Autore. Era dunque fatale che l’ascoltatore comune attribuisse alla sinfonia il valore iper-romantico di un testamento spirituale che accompagna sempre le ultime opere rimaste incompiute per la morte di grandi autori, come l’Arte della fuga di Bach, il Requiem di Mozart, la Nona sinfonia di Bruckner o la Decima di Malher, solo per citare le più note. E invece l’Incompiuta fu lasciata tale da Schubert deliberatamente. Non è infatti la sua ultima opera né si conoscono le ragioni per le quali l’abbia abbandonata. Forse non gli piaceva più? Possibile, e succede spesso che un autore non riconosca quello che i posteri considereranno poi un capolavoro se non addirittura “il suo capolavoro”. E ciò a conferma dell’autonomia delle opere d’arte, che vivono di vita propria aldilà delle intenzioni del loro creatore.
Ciò premesso si osserva innanzitutto che l’Incompiuta consta dei soli due primi movimenti, Allegro moderato e Andante con moto: esiste anche un frammento del terzo movimento che alcuni musicologi si sono provati a completare con esiti assolutamente incongrui, prima ancora che banali, come spesso avviene in questo genere di operazioni.
La prima impressione suscitata in chi ascolta per la prima volta il movimento iniziale è di grande modernità: la sinfonia fu composta qualche anno dopo la Nona di Beethoven ma il suo clima ne è lontanissimo. I temi sono numerosi e hanno tutti una forte connotazione melodica che ritroveremo anche nel secondo movimento, più disteso ma non privo di episodi drammatici anche se meno inquietanti. Anche il colore orchestrale, quello che oggi definiremmo il “sound”, è molto diverso da quello beethoveniano perché c’è una maggiore presenza degli strumenti a fiato, spesso associati in combinazioni timbriche inconsuete.
Una volta completato l’ascolto ci si accorgerà di come il clima generale della sinfonia potesse prestarsi a una titolazione commerciale che ne evocava la tragicità. Peraltro la figura di Schubert è di quelle più contraddittorie: accanto ad una predominante e straordinaria vena melodica, lirica, delicata e sempre empatica convivono momenti di vera e propria disperazione certamente presenti nella stessa vita breve e travagliata dell’autore. In questo approccio iniziale preferiamo sottolineare il primo, e più conosciuto, di questi aspetti e quindi suggeriamo l’ascolto di due improvvisi per piano, Op. 90, n. 4 e Op. 142, n.2 nonché della celeberrima “Serenata” (uno degli oltre 600 lieder – canzoni, canti – composti da Schubert su versi di grandi poeti ed anche di suoi amici dilettanti). Ma l’apparente serenità di questi brani non nasconde la venatura inquieta e malinconica presente nella gran parte della sua produzione ed anticipatrice del romanticismo musicale ormai alle porte.