Addentrarsi negli oscuri meandri della politica è un’avventura nella quale noi non addetti ai lavori rischiamo di perderci o di fare figuracce. E tuttavia si ha spesso l’impressione che qualcosa di essenziale sfugga all’analisi di cronisti, opinionisti e politologi.
Si prenda la vicenda della pandemia e dei finanziamenti europei. Lo scenario che si propone in vista della presentazione da parte dell’Italia del Recovery Plan alla Commissione europea, prevista dal premier Conte per inizio febbraio 2021, è caratterizzato da quotidiani “rumors” circa possibili, probabili o necessari rimpasti di governo; se ne parla in realtà sin dall’inizio dell’autunno in coincidenza con il regolamento di conti all’interno dei 5 Stelle. Sembra però che Conte non sia intenzionato a cambiare nulla ma le voci continuano a circolare, malgrado le smentite del Premier, portandosi dietro la solita scia di polemiche.
Forti perplessità ha poi creato l’annuncio della “cabina di regia”, la struttura che dovrà occuparsi della messa a punto del Recovery Plan e, una volta approvato, della successiva attuazione entro i tempi programmati, pena l’interruzione dei finanziamenti comunitari. Anche la stampa non avversa esprime riserve sull’opportunità di questa scelta, che darebbe spazio a un duplicato inutile e superfluo dell’apparato già esistente, e riterrebbe quindi più corretto lasciare l’intera partita in capo al Governo e al Parlamento.
Sembra però che nessuno si chieda dove porterebbe l’iter procedurale ordinario da più parti reclamato. Tentiamo quindi di capire a quali problemi si potrebbe andare incontro. Già all’interno dello stesso Governo ci sarà da selezionare, tra le svariate centinaia di progetti presentati dai vari Ministeri, quelli più rispondenti alle finalità del Recovery Plan e più fattibili entro i tempi previsti. Come se non bastasse, il soccorso offerto per l’approvazione dello scostamento di bilancio 2021 da Forza Italia, che è riuscita a coinvolgere anche la destra più bellicosa, preoccupa perché ha creato in questi partiti l’aspettativa di una gestione condivisa dell’intera materia. Non a caso le critiche più aspre all’istituzione della struttura separata individuata da Conte vengono proprio dalla destra. La partecipazione delle forze di opposizione alla definizione del Recovery Plan porterebbe con sé immancabilmente ulteriori conflitti, condizionamenti e ritardi. È facile immaginare cosa verrebbe fuori dalla mediazione con Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia le cui proposte sarebbero dettate dai soliti interessi propagandistici e quindi improntate alle inaccettabili semplificazioni populistiche cui ci hanno abituati. Ma anche senza il pericoloso coinvolgimento delle opposizioni, la gestione dei finanziamenti comunitari rimane esposta a probabili contrasti interni alla stessa maggioranza nella quale solo LEU sembra mantenere un atteggiamento collaborativo.
Se questo è il quadro politico, si può ben comprendere la preoccupazione del Premier il quale ha tenuto giustamente in considerazione solo i due principali partiti, nelle persone dei ministri Gualtieri (PD) e Patuanelli (M5s), due figure che godono di un certo prestigio nelle rispettive formazioni. Con la loro designazione, peraltro in linea con l’attinenza dei rispettivi Ministeri ai compiti da affrontare, Conte si propone come punto di equilibrio tra il partito che lo ha eletto ed il partito al quale è oggi politicamente più vicino anche in ragione delle sue dichiarate simpatie pregresse. E fa benissimo a tenere fuori dalla “cabina” Italia Viva e, per forza di cose, LEU. La loro esclusione giustifica tra l’altro quella delle opposizioni rendendola ovvia.
Al triumvirato “politico” si affiancherà con funzioni di raccordo il ministro per i rapporti con l’Unione Europea, Amendola, dotato di grande esperienza in materia. Sotto di loro una squadra tecnica composta da sei esperti, di cui non si conoscono ufficialmente i nomi, mentre alla base di questa piramide sono previsti trecento soggetti attuatori che dovrebbero coincidere con i dirigenti dei ministeri interessati. Questo organigramma viene però considerato, oltre che inadatto, anche ai limiti della Costituzione, come lo sono stati i numerosi DPCM, non solo nell’opinione di alcuni commentatori ma anche in quella del presidente emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese al quale, in astratto, non si può dare torto.
Lo stesso Cassese però, facendo i conti con l’enormità dei finanziamenti e con la ristrettezza dei tempi concessa per spenderli, chiuderebbe forse un occhio pensando a cosa potrebbe succedere lasciandone la gestione alle ordinarie procedure decisionali ed amministrative che conosciamo.
Gli stessi, inevitabili passaggi parlamentari, cui dovranno essere assoggettate le scelte elaborate dalla nuova struttura e sintetizzate da Conte, suscitano qualche sorriso: in una democrazia parlamentare, si sa, il Parlamento è sovrano e non può essere scavalcato ma non si può non vedere che quello in carica appare di gran lunga il peggiore dall’Unità d’Italia, sia sotto il profilo politico che sotto quello culturale. Ne consegue che forse non è sbagliato farlo intervenire solo a cose ormai definite facendo ricorso alla pratica del voto di fiducia, per quanto discutibile.
Di tutte queste forzature Conte si assume la responsabilità e non è dato sapere se le sue scelte avranno successo. Ciò che invece sappiamo è che il Premier non è un dilettante allo sbaraglio: ordinario di diritto privato presso l’Università di Firenze conosce a sufficienza la materia ed è quindi conscio dei limiti entro i quali operare. Ha dato sin qui prova di equilibrio se non addirittura di equilibrismo, essendosi barcamenato senza annegare tra le opposte tendenze dei diversi partiti e delle diverse maggioranze cui hanno dato vita. Il tutto affrontando una congiuntura senza precedenti dalla fine della guerra. Così come non può non essere consapevole della portata storica dei compiti che sta affrontando. Sorprenderebbe dunque che di fronte ad un possibile insuccesso se ne andasse, come suol dirsi, insalutato ospite con un “arrivederci e grazie, abbiamo scherzato”.
Sicuramente non è facile destreggiarsi in un momento in cui gli attacchi al Governo vengono non solo dalle opposizioni ma anche da forze facenti parte della maggioranza. Non è bello vedere polemiche dichiarazioni tese a provocare rimpasti o addirittura crisi proprio ora che bisogna prendere iniziative che incideranno sul nostro immediato futuro; un governo che si senta perennemente in bilico non creda possa assumere serenamente decisioni a lungo termine. “Un uomo solo al comando”… non va bene, una “cabina di regia” limitata a poche persone… nemmeno, un allargamento ispirato al manuale Cencelli …manco a parlarne, un coinvolgimento di personalità esperte…troppo pletorico! Insomma, qual è la strada da seguire?