La pandemia che da 9 mesi sta sconvolgendo il mondo, ha messo in ginocchio i vari sistemi sanitari mondiali e forti sono le preoccupazioni sulle ripercussioni in ambito economico. Le ultime manifestazioni in Italia, così come nel resto d’Europa, hanno mostrato come le persone oltre ad avere paura del virus sono fortemente preoccupate dalle conseguenze economiche. Sono sempre più gli scioperi e i momenti di tensione indice di una instabilità sociale aggravata dalle ripercussioni della pandemia nei diversi settori produttivi e lavorativi. I vari lockdown, insieme alle altre restrizioni per contenere il contagio da Covid-19, hanno già intaccato la “stabilità” economica delle fasce della popolazione meno agiate che recriminano uno scarso supporto da parte degli Stati. In Spagna però un importante passo è stato fatto in direzione degli “ultimi” della società. La Spagna guidata dal PSOE e da Unidas Podemos, i rispettivi partiti di Sanchez e Iglesias, hanno varato il nuovo piano anti crisi: una mini patrimoniale sopra i 10 milioni di euro con tasse più alte per tutti coloro che hanno un reddito elevato. Il governo guidato da Pedro Sanchez ha voluto così lanciare un messaggio alle classi più precarie e povere della nazione: “non siete soli”.
Ma in cosa consiste nel concreto questa tassazione ai più ricchi?
Il governo aumenterà del 3% la tassazione sui redditi da capitale oltre i 200.000 euro, e aumenterà del 2% quella sui redditi da lavoro oltre i 300.000 euro. Inoltre il piano spagnolo prevede anche un’imposta del 15% per le società che investono nel settore immobiliare. Questa mossa finanziaria ha più un valore simbolico che pratico in quanto in Spagna, come in Italia, c’è il grande problema rappresentato dagli evasori fiscali. Si calcola infatti che solo 112.000 contribuenti dichiarano un reddito sopra i 100.000 euro. Ricordiamo che la Spagna di Sanchez non è nuova a queste manovre per aiutare i cittadini che economicamente si trovano in difficoltà. In Spagna esiste il IMV (ingresso minimo vitale) un intervento non temporaneo ma strutturale che prova ad eliminare le sacche di povertà assolute presenti nel Paese Iberico. Ma cos’è nello specifico “ingreso minimo vital”? Un aiuto economico che va dai 462 euro fino ai 1.015 euro se si tratta di famiglie formate da due adulti e con più di due minori a carico, ovviamente in base al reddito percepito annualmente. Questa manovra non riguarda solo le famiglie ma anche chi vive solo e non ha persone a carico. Bisogna semplicemente avere tra i 23 e i 64 anni e non percepire pensione. Inoltre i beneficiari del reddito minimo vitale sono esenti dal pagare il contributo per le prestazioni ambulatoriali. Insomma la Spagna da quando il governo è guidato da Sanchez e da Iglesias di Podemos, viaggia in direzione ostinata rispetto al resto d’Europa; appare chiaro che la volontà della classe politica spagnola sia di contrastare la povertà cercando di non lasciare indietro nessuno. Il caso spagnolo però dovrà scontrarsi con la volontà delle autonomie regionali. Tra i nuovi provvedimenti spagnoli ci sono anche nuovi incrementi delle spese in istruzione e sanità, ma il nuovo bilancio pubblico valuta anche l’incremento dell’IVA al 21% sugli imballaggi in plastica monouso e sulle bevande gassate. Insomma la Spagna mette al centro delle proprie priorità la salute, l’istruzione e un piano economico anti-crisi.
Potrebbe questa manovra essere d’esempio anche all’Italia? Per il momento un provvedimento simile a quello spagnolo non è nell’agenda politica italiana, ma solo i mesi a venire ci diranno quali saranno le strategie che metterà in campo il governo Conte per fronteggiare non solo l’aumento dei contagi ma anche la povertà dilagante. Nel Bel Paese infatti così come riportano i dati OXFAM: “il 5% più ricco possiede quanto il 90% più povero” https://www.oxfamitalia.org. Sarà arrivato anche qui da noi il momento di ridistribuire la ricchezza per non lasciare indietro nessuno? Staremo a vedere.