Cile: la democrazia gettata da un ponte

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Foto di archyde.com

A pochi giorni dall’anniversario del 18 ottobre 2019, giorno in cui è iniziato l’estallido social, in Cile si tirano le prime somme di un anno caotico e violento. Quelle proteste, iniziate dai ragazzi e dalle ragazze delle scuole superiori contro l’aumento del costo del biglietto della metropolitana, sono state supportate nei mesi seguenti da ampie fasce della popolazione. Quei ragazzi, che scavalcavano i tornelli della metropolitana di Santiago de Chile, non immaginavano di dar vita ad una vera e propria sommossa popolare, tanto da costringere tutti i partiti del Parlamento ad indire un Referendum costituzionale per cambiare quella Costituzione tanto cara al regime di Pinochet, meno gradita invece alla popolazione.

L’insofferenza ovviamente non nasceva dal solo aumento del costo dei trasporti, le proteste si sono estese per chiedere una società più giusta ed equa che garantisca i diritti alla salute, all’acqua pubblica, all’istruzione gratuita e di qualità e, ultimo ma non meno importante, che possa una volta per tutte dare nuovamente dignità e un riconoscimento al popolo Mapuche. Le popolazioni native, così come intere riserve naturali, sono considerate “sacrificabili” soffrendo la dura mano repressiva dello Stato, aiutato dalle leggi oppressive imposte ai danni dei Mapuche. Insomma un anno dopo quello del Cile è un bollettino di guerra. L’ultimo video ha riacceso i fari sulle durissime violazioni dei diritti umani, che però scritto così sembra più uno slogan che un problema reale. Andiamo dunque nello specifico: pochi giorni fa in rete è circolato il video di Anthony Araya, un giovanissimo di 16 anni, che per scappare da una carica della polizia viene spinto da un carabiniere da un ponte, precipitando nel fiume Mapocho. Non è servito il ridicolo tentativo istituzionale dei sindacati di polizia di ricostruire l’accaduto, nell’era degli smartphone è chiara la spinta che stava per costare al ragazzo la vita. Attualmente Anthonysi trova ancora in ospedale a causa delle lesioni, ma la notizia che non aiuta a placare gli animi è che il giovane manifestante è in stato di arresto, nonostante il suo corpo sia ancora attaccato ai macchinari sanitari. La democrazia cilena, costruita in questi anni dopo la fine del generale Pinochet, è stata lanciata letteralmente da un ponte. Anthony rappresentava una forma di dissenso, il modo in cui è stato trattato testimonia che in Cile le pratiche dittatoriali, apprese sotto il regime, vivono ancora e non si ha la minima decenza di provare ad insabbiare, tutto accade sotto gli occhi del mondo intero e della stampa, che spesso fanno finta di non vedere.

In questi mesi di proteste, è stato più volte segnalato l’utilizzo di armi letali da parte dei militari contro i civili. I proiettili di gomma sparati ad altezza uomo, i lacrimogeni sparati da una distanza ravvicinata, l’utilizzo di idranti dove all’interno non veniva gettata semplice acqua ma composti chimici che hanno causato migliaia di abrasioni e gravi irritazioni per la pelle. In un dossier sulla situazione cilena Amnesty International riporta: “In diverse occasioni i carabineros hanno fatto uso eccessivo e non necessario di gas lacrimogeni, lanciandoli su ospedali, università, abitazioni e perfino scuole, colpendo gravemente bambini e persone con disabilità”.

Questi attacchi hanno colpito anche numerosi giornalisti e cronisti che, nell’intento di documentare gli eventi, hanno subìto percosse e sono stati privati del materiale raccolto. Un’altra tecnica delle forze di polizia cilena è stata l’utilizzo di veicoli adoperati come vere e proprie testuggini per investire i manifestanti. Insomma quando in una conferenza lo scorso novembre Sebastian Piñera ha esordito dicendo: “Estamos en guerra”, non scherzava affatto. L’unica piccola nota è che la guerra che si combatte in Cile è contro il popolo cileno. Non è un caso che da ottobre 2019 ad oggi il governo ho prodotto più di 1500 prigionieri politici. Quello che descrive un quadro davvero preoccupante è che i militari e i carabineros sono stati autorizzati in numerose occasioni a bloccare il lavoro di avvocati e del personale sanitario. Dunque, se da una parte non è stato permesso di ricorrere all’aiuto di un legale, dall’altra ancor più gravemente veniva negato il primo soccorso. Ritornando a quella terribile scena in cui Anthony viene gettato dal ponte, il crimine commesso da condannare all’unanimità è l’omissione di soccorso da parte dei funzionari dello Stato. Una chiara volontà di tracciare una linea netta: da una parte la mano armata dello Stato dall’altra i cittadini.

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