Napoli, 18 settembre. Mancano due giorni al voto per il rinnovo di molti consigli comunali, di alcuni consigli regionali e dei presidenti delle giunte oltre che al referendum sul numero di parlamentari. L’ultimo giorno di campagna elettorale, che nella tradizione politica italiana è da sempre stato caratterizzato dal comizione finale, dalle opposte fazioni impegnate nel rush finale per conquistarsi fino all’ultimo voto, alla ricerca della frase ad effetto che doveva rimanere nella testa degli elettori fino al momento in cui, finalmente, segnavano la scheda da inserire nello scatolone al seggio. Tempi che sembrano lontani con una campagna elettore che quest’anno, complice la pandemia, si è ancor di più svolta utilizzando altri strumenti di comunicazione, a volte più semplici, a volte più complicati, ma comunque più invasivi in grado di intercettare gli elettori ovunque e su qualunque cosa. Una sorta di campagna elettorale on demand: a ogni inquietudine, perplessità, incertezza, o domanda reale, c’è sempre un sito web, un canale televisivo dove l’utente elettore trova la risposta più rassicurante.
Quest’anno, però, a chiudere la campagna elettorale nelle maggiori piazze italiane non c’erano i partiti e i loro candidati, c’erano CGIL CISL e UIL. Un modo forte per rimarcare ruoli e funzioni diverse tra chi rappresenta i lavoratori e chi ambisce ad un incarico istituzionale e politico. A Napoli, in quella grande estensione di pietra vulcanica nera che è piazza Dante, tra un flusso ininterrotto e disordinato di auto, camion e autobus, che d’estate si trasforma in una enorme piastra infuocata dove potresti arrostire interi vitelli, così strutturata anche per volontà dell’architetto milanese Gae Aulenti, che forse amava le cose, le pietre e gli edifici ma non le persone, centinaia di delegati sindacali, ordinatamente disposti nel rispetto delle regole sul distanziamento e di tutte le misure anti Covid, si sono riuniti per ascoltare, tra gli altri, il segretario della CGIL Maurizio Landini. Una manifestazione unitaria, una assemblea pubblica e all’aperto dei quadri e delegati sindacali delle tre Confederazioni sindacali.
Dall’introduzione di Sgambati, segretario Generale della Uil Campania, allo stesso Landini, il clima era molto più che unitario, quasi da sindacato unico dei lavoratori. I temi sono quelli di sempre, ma questa volta non si è trattato solo di riproporre storici punti delle battaglie sindacali – più lavoro, più salario, più diritti – ma quella che è emersa dal palco e dalla piazza è stata una rivendicazione di governo. Lo dice esplicitamente Landini quando ricorda come solo un decennio fa il Governo italiano fu costretto dalla Commissione Europea ad attuare politiche durissime per far fronte alla crisi finanziaria internazionale: riforma del sistema pensionistico, liberalizzazione dei rapporti di lavoro, privatizzazione degli apparati pubblici e tante altre misure che hanno duramente colpito il mondo del lavoro, determinato l’acuirsi delle diseguaglianze economiche e sociali. Oggi il vento è cambiato. La pandemia ha costretto il sistema politico europeo, prima ancora che quello nazionale, a rivedere la propria impostazione. Sono state messi a disposizioni ingenti finanziamenti per correggere quei tanti errori commessi che, nella pandemia, hanno mostrato di aver indebolito gli apparati pubblici e l’economia dei singoli stati. Queste risorse, ribadisce Landini, non possono essere gestite dal solo apparato istituzionale centrale, ma è necessario che anche le Organizzazioni Sindacali siano coinvolte pienamente nella riformulazione di piani di investimenti e di correttivi dei tanti disastri provocati da politiche di austerità.
Un messaggio chiaro alla politica. Al Governo si è dato atto di essere intervenuto con misure essenziali, ma oggi è necessario effettuare un salto di qualità non disdegnando di utilizzare anche il MES, che tanto spaventa il Movimento 5S e la destra sovranista. Non a caso Landini ricorda che nell’ultimo decennio sono stati pari a 37 miliardi i tagli perpetrati ai danni del sistema sanitario e 37 sono i miliardi potenzialmente disponibili per intervenire in questo sistema, se si utilizzasse il MES. Il messaggio sindacale uscito dalle piazze italiane, oltre che quantitativo, è qualitativo: non c’è uno solo dei tanti punti di criticità economico-sociale che non sia stato trattato. Una creatività, una fantasia che Landini rivendica a sé e a tutto il mondo del lavoro. Verrebbe da dire che abbiamo ascoltato più che l’elencazione di una piattaforma rivendicativa, un vero e proprio programma di governo del Paese. Un rovesciamento delle parti visto che, nella campagna elettorale appena conclusasi, a far rivendicazioni pseudo sindacali, una richiesta di un posto fisso al consiglio comunale o regionale, sono state le centinaia di candidati presenti nelle liste. Come quando una stella esplode nel massimo della sua lucentezza, le altre sembrano spegnersi, così in piazza il 18 settembre il mondo di chi si conquista il reddito con la propria fatica ha fatto ombra a una politica rinchiusa nei suoi interessi corporativi.