«Il trionfo del cristianesimo nell’età antica ha dunque comportato la più grande trasformazione culturale che il nostro mondo abbia mai conosciuto. Se non si fosse verificato, la Tarda Antichità avrebbe avuto uno sviluppo molto diverso e non ci sarebbero stati il Medioevo, la Riforma protestante, il Rinascimento e la modernità, almeno come li conosciamo noi. Non sarebbe mai esistito un Matthew Arnold, né alcuno dei poeti vittoriani. Ma non sarebbero mai esistiti neanche Chaucer, Shakespeare, Milton e gli altri grandi autori della letteratura inglese, Michelangelo, Leonardo, Rembrandt e gli altri grandi artisti o compositori geniali come Mozart, Händel e Bach. Sarebbero esistiti un altro Milton, un altro Michelangelo e un altro Mozart; e non possiamo sapere se sarebbero stati migliori o peggiori di quelli che conosciamo noi. Quello che è certo, è che sarebbero stati incomparabilmente diversi. Avendo conquistato il mondo romano e poi l’intero Occidente, il cristianesimo non ha solo ispirato una miriade di scrittori e artisti, ma ha anche rivoluzionato il modo in cui gli individui hanno concepito il mondo e la loro stessa vita. La sensibilità, i valori, il codice etico del mondo in cui viviamo sono stati profondamente influenzati dalla tradizione cristiana.»
Questo è quanto scrive nel suo libro Il trionfo del cristianesimo, edito da Carocci, Bart D. Ehrman, James A. Gray Distinguished Professor di Studi religiosi alla University of North Carolina (Chapel Hill), definendo l’evento che ha visto il cristianesimo diventare la principale religione del mondo occidentale come un “enigma storico”, attraverso il quale cerca di affrontare, da un punto di vista storico, non confessionale, gli eventi che hanno portato una ventina di ebrei di bassa estrazione sociale, analfabeti, provenienti dalle zone rurali della Galilea, a convertire un intero impero.
Ma la crescita del cristianesimo, pur se straordinaria, non è stata priva di difficoltà. Il mondo pagano non ha permesso alla nuova fede di procedere lungo il suo cammino senza opporre resistenza. Dalla missione pre-cristiana di Paolo fino ad arrivare alla conversione di Costantino, i seguaci di questa nuova religione hanno incontrato un’opposizione ferma, a volte feroce. Nell’immaginario collettivo tutti, anche se in maniera superficiale o spesso inesatta (perché la fonte dalla quale sono state attinte le informazioni è spesso rappresentata da una trasposizione cinematografica o da qualche romanzo divulgativo), hanno sentito parlare delle persecuzioni, dei processi, delle torture e delle cruenti esecuzioni che i cristiani hanno dovuto subire nel corso degli anni. Lo stesso vale quando parliamo delle testimonianze provenienti da storici, poeti, retori, sia latini che greci, che in piena età imperiale hanno preso posizione nei confronti della dottrina e della condotta dei cristiani. Anche in questo caso possiamo dire di essere in possesso di dossier corposi, e anche piuttosto monotoni, colmi di accuse contro di loro. Ne sono un esempio i rumores, cioè le dicerie e i pregiudizi dell’opinione pubblica che volevano i cristiani come cannibali, un’accusa probabilmente derivante da notizie distorte riguardanti il rito della “Cena del Signore”, o incestuosi, derivante dalla consuetudine dei credenti di chiamarsi “fratelli” e “sorelle” e salutarsi con un bacio, o atei, che per i pagani non significava, come succede oggi, negare l’esistenza di Dio, ma era invece da intendersi come il loro rifiuto di prendere parte ad ogni forma di culto verso gli dèi tradizionali, protettori del focolare domestico e, soprattutto, dell’impero.
Meno noto al grande pubblico è, invece, l’interesse che i filosofi del tempo dedicarono a questa nuova professione di fede. Questo perché non possediamo più per intero nessuna opera ostile al cristianesimo in grado di offrirci un’esposizione complessiva delle obiezioni mosse ai cristiani dei primi secoli dai filosofi ed intellettuali del tempo. Per questo motivo un testo pubblicato recentemente, sempre da Carocci, «Nessun dio è mai sceso quaggiù», La polemica anticristiana dei filosofi antichi, di Marco Zambon, ricercatore di Storia del cristianesimo e delle chiese nel Dipartimento di Scienze storiche, geografiche e dell’antichità dell’Università di Padova, dove insegna Storia del cristianesimo antico e medievale e Storia delle dottrine teologiche, rappresenta una fonte di grande interesse per tutti coloro che sono interessati al cristianesimo delle origini.
L’Autore compie, in questo saggio, una pregevole operazione di “restauro”, estrapolando tutta una serie di informazioni proprio dalle apologie del cristianesimo del tempo le quali, scrive l’autore, in questo modo “hanno dato voce ai propri avversari, enumerando in modo particolareggiato le critiche riguardanti il modo in cui i cristiani vivevano e il contenuto dei loro insegnamenti.” Attraverso questo lavoro abbiamo la possibilità di osservare la storia del cristianesimo da un punto di vista inedito, e possiamo “ascoltare” in qualche modo le dotte motivazioni di chi riteneva tale ideologia “una dottrina nuova e irrazionale”, ed argomentava che “introdurre una dottrina di questo tipo voleva dire non solo abbandonare la religione tradizionale, ma anche sovvertire l’ordine sociale ed etico-politico, separarsi dagli altri uomini, pretendendo di essere i soli a conoscere la verità e a praticare la giustizia, precipitando, invece, in una specie di follia collettiva, che spingeva i cristiani a fare e a credere cose insensate e pericolose”.