I HAVE A DREAM

tempo di lettura: 3 minuti
Foto da www.unsplash.com

“Io ho un sogno: che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere”. Il 28 agosto del 1963 lo storico discorso di Martin Luther King rimbombava nella testa di milioni di persone, un inno alla libertà, all’uguaglianza, un manifesto per i diritti civili e per la difesa delle minoranze etniche, un grido di ribellione contro i soprusi e le discriminazioni razziali. Ma quelle di M.L. King erano anche parole di speranza verso un cambiamento che purtroppo ad oggi non si è ancora realizzato. 57 anni dopo, dinanzi alla Reflectin Pool, la vasca lunga 618 metri situata tra il monumento a Washington e il Lincoln Memorial, quel luogo è ancora gremito di persone. Il tempo non ha scalfito le discriminazioni razziali che infiammano ancora gli USA. Martin Luther King non sarebbe certamente soddisfatto nel vedere la situazione in cui versano ancora oggi gli afroamericani nel suo Paese.

La storia è ciclica e i fatti lo dimostrano. Al Lincoln Memorial il 28 agosto 2020 ovviamente non c’era più Martin Luther King, dunque i personaggi sono cambiati ma i contenuti no. Le parole che echeggiano questa volta sono dei genitori di Jacob Blake, un afroamericano di Kenosha in Winsconsin cui un agente di polizia ha sparato brutalmente 7 volte alla schiena durante un controllo. Il nuovo video ha sconcertato il mondo dopo pochissimi mesi dalla tragedia di George Floyd, di cui abbiamo parlato. Gli USA aggiungono ferite su ferite che insanguinano il Paese e ne fanno scadere la reputazione di prima democrazia del mondo. Ma cos’è successo ancora una volta? La dinamica dev’essere ancora chiarita, ma stando alle testimonianze dei passanti e di chi ha girato i video agghiaccianti prima di metterli in rete, Blake, un ragazzo di 29 anni, che di professione fa la guardia giurata, dopo aver sedato una rissa tra due donne, è stato avvicinato da alcuni poliziotti, rifiutandosi di dare le generalità, si è diretto verso la sua auto, proprio in quell’istante, mentre era di spalle, uno degli agenti ha aperto il fuoco su di lui, sparandogli ben 7 colpi alla schiena. Il giovane afroamericano non è morto, ma resterà paralizzato per il resto della sua vita, su una sedia a rotelle. Ancora più disumano è apprendere che nell’auto verso cui si stava dirigendo c’erano le sue tre figlie.

Quest’ennesimo episodio ha rigettato gli Stati Uniti nel caos con scontri in tutto il Winsconsin e con Trump che invitava la guardia nazionale a scendere in campo per sedare le rivolte. Insomma dinamiche che oramai già conosciamo. Non hanno aiutato a calmare gli animi le misure cautelari imposte a J. Blake, ammanettato al letto dell’ospedale in cui è stato operato; soltanto nelle ultime ore sono cadute le accuse su di lui grazie anche alle pressioni della famiglia del giovane afroamericano. Queste sono alcune delle parole pronunciate dalla sorella del giovane ferito, dinnanzi a 50.000 persone nel Lincoln Memorial: “Non sono triste. Non sono dispiaciuta. Sono arrabbiata. Tutto ciò non è niente di nuovo. Ho smesso di piangere anni fa, sono diventata insensibile”. La voce decisa e gli occhi di ghiaccio della sorella di J. Blake sono una pugnalata nel petto, in una storia in cui non c’è ancora un lieto fine, forse mai ci sarà; al contrario sembrano parole scagliate come fossero un urlo di battaglia.

Non servono certo politologi o scienziati per capire che il paese a stelle e strisce non è attanagliato solo dal razzismo dilagante ma anche dalla condizione economica che contribuisce ad alimentare un selvaggio tutti contro tutti. Nella follia generale infatti non sorprendono scene agghiaccianti che fanno da cornice ad un quadro dell’orrore. Durante gli scontri con la polizia, un suprematista bianco di appena 17 anni, armato di fucile semiautomatico e simpatizzante delle forze dell’ordine, ha sparato a due manifestanti uccidendoli. Kyle Rittenhouse camminava tranquillo tra le forze dell’ordine prima di essere arrestato. Anche in questo caso alcune dinamiche dovranno essere chiarite. Come mai un giovane bianco armato di fucile parlava e scherzava con alcuni poliziotti durante gli scontri? Se non ci fossero stati dei video girati da alcuni passanti, sarebbe stato arrestato e incriminato? Domande che per il momento non trovano risposte. Le uniche risposte arrivano proprio dal mondo dello sport, in questo caso dall’NBA che prima sceglie di non giocare la partita tra Bucks e Magic a causa del malcontento dei giocatori, per poi riprendere successivamente il torneo con condizioni diverse. Ma questa è un’altra storia e ve la racconteremo in un prossimo articolo.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Torna in alto