La musica di Beethoven rappresenta, come abbiamo visto, uno snodo centrale nello sviluppo della musica classica. In particolare, la sua concezione della sinfonia si estenderà per tutto l’800 condizionandone l’evoluzione. L’ascendente del suo sinfonismo fu tale che per tutto il secolo nessuno superò la soglia delle 9 sinfonie: Schubert arrivò a 8, Mendelssohn a 5, Schumann e Brahms a 4, Bruckner a 9, Ciaikovskij a 6 e Dvorak anche lui a 9. Di tutti i grandi musicisti romantici solo Chopin, Liszt e lo stesso Wagner, che pure ebbe un’importanza fondamentale nella musica sinfonica, non ne composero affatto. Non si sa bene se la barriera del 9 fosse il segno di una sudditanza psicologica dei compositori, magari indotta dai giudizi negativi che i critici emettevano confrontando le nuove composizioni col sacro patrimonio beethoveniano. Fatto sta che bisognò attendere la Prima Sinfonia di Brahms, che nel finale cita un tema della “Nona”, perché i critici le accordassero l’appellativo di “Decima” di Beethoven.
Altra caratteristica del sinfonismo ottocentesco fu la sua collocazione prevalente nell’ambito austro-tedesco con le sole eccezioni, oltre che di Ciaikovskij, russo, e di Dvorak, boemo, del francese Berlioz, autore della celeberrima “Sinfonia Fantastica” e del belga Franck, che ne compose una, anch’essa stabilmente inclusa nel novero dei capolavori assoluti.
Il sinfonismo beethoveniano non si estrinseca soltanto nelle famose sinfonie ma anche nei concerti solistici, su cui torneremo inevitabilmente, e nelle ouverture che precedono alcune “musiche di scena” e l’unica opera lirica, il “Fidelio”, che Beethoven ci ha lasciato. Tra quelle più popolari e coinvolgenti proponiamo l’ascolto di quella del “Coriolano”, drammatica ed agitata (qualcuno ricorderà forse che l’incipit fece da sigla allo spot televisivo dell’amaro “Petrus”) e dell’”Egmont”, di carattere più eroico e affermativo. In entrambi i brani incontriamo i tipici due temi, uno più virile e l’altro, che gli si oppone, più delicato. Troveremo anche ulteriori temi che richiamano quelli presenti nel prosieguo delle composizioni che le Ouvertures introducono.
Non si può non segnalare anche un aspetto che salta all’”orecchio” dell’ascoltatore ed è la grande varietà e incisività ritmica: ritmi blandi seguono e vi si alternano ritmi più incalzanti che spesso si accelerano nella stretta finale del brano, come in Egmont. Chiudiamo questo approfondimento del sinfonismo beethoveniano con una pagina che rappresenta una delle vette assolute non solo nella produzione di Beethoven ma nella musica di tutti i tempi. Si tratta dell’“Allegretto”, secondo movimento della “Settima”. L’ascoltatore non potrà non riconoscervi, oltre alla maestria compositiva, la consueta capacità “costruttiva” ma anche e soprattutto il messaggio di una partecipazione commossa ma contenuta al dolore dell’esistenza umana, presente in tante composizioni del nostro ruvido ma sempre profondamente umano “Ludvig”.