Dovesse finire bene per l’Italia il “dopoCovid-19”, cosa allo stato a dir poco incerta, dovremmo esserne grati alle tre donne che dominano oggi la politica economica europea: Christine Lagarde, Angela Merkel e Ursula von der Leyen: le tre Grazie per gli europeisti, le tre Arpie per i 5Stelle, le tre Parche per i sovranisti.
Da incorreggibili maschilisti quali siamo, a noi italiani piace pensare che un ruolo non secondario nel volgere a nostro vantaggio il favore di queste signore l’abbia avuto l’innegabile fascino latino del premier Conte: il suo incedere elegante, il suo stile nell’indossare abiti sartoriali di ottima fattura (completi di ricca pochette nel taschino), il taglio di capelli da liceale anni Settanta, il suo sguardo che accarezza ed, infine, quel nasino garbato ma che si impenna con una lieve tendenza pinocchiesca alla menzogna, non potevano non stuzzicare il loro senso estetico (non si vive di sola politica). Ed infatti Conte, quanto a signorilità ed anche a statura fisica, sovrasta di una buona spanna il pur curatissimo Berlusconi, al quale, fateci caso, somiglia un po’. Mai e poi mai Conte si permetterebbe però di affibbiare alla Merkel l’appellativo di “culona” che sfuggì invece, come tante altre cose, all’ex premier, ex senatore, ex cavaliere di Arcore. Tutt’altro: il Premier in carica si creò l’occasione, come tutti ricorderanno, di confidarle amabilmente e sottovoce, durante una pausa al bar, le difficoltà della vita di coppia con quel forsennato di Salvini, sicché la Cancelliera si sarà certamente felicitata con lui quando il leghista ha deciso di mollarlo.
Nulla invece si sa di quanto Conte abbia potuto influire sulla Lagarde, ma qualcosa deve essere successo anche con lei se all’uscita infelice, nella quale la presidente della BCE escludeva brutalmente ogni aiuto finanziario per i Paesi colpiti dal coronavirus, ha fatto poi seguito una repentina inversione di rotta.
Con la von der Leyen Conte ha ottenuto un successo insperato inducendola, non si sa per quale via, addirittura a dichiarare, entusiasticamente ma anche imprudentemente e per giunta nella nostra lingua, “L’Italia s’è desta!”.
In realtà non possiamo attribuire il merito delle generose aperture dell’Europa alla seduzione esercitata dal nostro Premier, nato guarda caso nella stessa terra di Rodolfo Valentino. Ci saranno stati sforzi immensi, ed altri ce ne vorranno, per indurre i Paesi “frugali” ad accettare integralmente le proposte del Recovery Fund così come sono. E peraltro bisogna pur avere un minimo di considerazione per le nazioni dissenzienti. Perché un paese del nord, tipo la Svezia o la Danimarca (non certo l’Olanda che ha una coda di paglia chilometrica), dovrebbe prestare o, peggio ancora, regalare denaro ad un paese con un debito pubblico enorme non bilanciato da un’imposta patrimoniale, presente invece nella quasi totalità dei partner europei anche se meno indebitati, e per giunta con un’evasione fiscale da record? Perché dovrebbe farlo verso un paese che presenta il tasso di produttività più basso d’Europa, o quasi, che figura tra i primi posti nella graduatoria dei paesi più corrotti, così come di quelli in cui la semplice comprensione di un testo è più bassa? E, ancora, perché dovrebbe aiutare un paese afflitto da ‘ndrangheta, mafia e camorra e particolarmente esposto agli sbarchi degli immigrati in fuga dalla guerra e dalla fame? E che per giunta è uscito dalla pandemia brillantemente ma comunque con la bellezza di 35.000 deceduti per il Covid-19?
È evidente che le nostre tre dame, tanto per restare nella metafora, non potranno affidarsi all’arma della seduzione anche se somigliassero a Greta Garbo, Marylin Monroe e Brigitte Bardot per convincere i paesi tuttora dissenzienti. Dovranno invitarli a prendere coscienza del pericolo di un coinvolgimento di tutta l’Unione Europea nella crisi economica e di quello, non meno allarmante, di possibili affermazioni elettorali dei sovranisti, i cui interessi politici coincidono con quelli di chi vuole disgregare l’Unione Europea, come Trump e Putin. Sarebbe necessario che queste drammatiche ma realistiche considerazioni convincessero anche i recalcitranti pentastellati ad attingere risorse dal MES prima che sia troppo tardi, evitando un autunno torrido sul quale soffieranno, per provocare incendi, i sovranisti nostrani che già da adesso stanno incamerando aria nei polmoni. Invece al momento la loro posizione rasenta l’assurdo: considerano le risorse del MES “inadeguate”. È come se un morto di fame rifiuti un panino nell’attesa che qualcuno gli offra un pranzo completo: “Vuole un bel panino?” “No grazie, è inadeguato!” Quando si degnano di dare spiegazioni più verosimili tirano fuori l’argomento che “i mercati” interpreterebbero la nostra scelta come un’ammissione di debolezza e quindi richiederebbero maggiori interessi sui nostri titoli aumentando lo spread. Ma anche questo argomento è inconsistente; i fondi del MES sono destinati alle spese dirette o indirette per la sanità e basterebbe indicare un piano di riadattamento dell’edilizia scolastica o di riapertura di strutture ospedaliere per dare ai famosi mercati la misura della serietà con la quale si intende utilizzare i fondi. Quanto alle condizionalità, che secondo i pentastellati sussistono tuttora anche sui prestiti del MES, sarebbe bene chiarire che, sì, una condizione c’è ed è per l’appunto la finalizzazione diretta o indiretta delle risorse alla sanità. Puntano al Recovery Fund ma sanno benissimo che le condizioni per l’accesso sono ben più onerose perché collegate all’adozione di profonde riforme di sistema. Ed infine non si pongono neppure la domanda del perché sulla linea del rifiuto si trovano in compagnia dei sovranisti ed in opposizione ad una schiera di validissime autorità della politica, dell’economia e della finanza. Com’è facile che un’ideologia inconsistente sfoci nell’ottusità! Riusciranno le tre dame a convincere tutti i partner europei, con un’Italia che fa i capricci?