Quanto sta avvenendo nel nostro Paese ci preoccupa e crediamo si stia sottovalutando il pericolo di una deriva autoritaria, guidata da una volontà predatoria agita, peraltro, alla luce del sole. I segnali sono tanti e qui possiamo solo elencarne alcuni: le posizioni espresse dal neopresidente della Confindustria; la riproposizione di una contrapposizione politica che usa il divario economico, sociale, territoriale tra regioni del Nord e quelle del Sud solo per acuire i contrasti; il continuo tentativo dei leader della destra, Meloni e Salvini, di delegittimare il sistema democratico e parlamentare sottraendosi al confronto nelle sedi istituzionali fino a disertare le aule parlamentari; il riemergere di posizioni culturali conservatrici nella Chiesa Cattolica, le quali, usando in maniera impropria temi religiosi, dichiarano la loro esplicita critica alle posizioni e alle esortazioni di apertura, di tolleranza e di giustizia sociale, espresse dall’attuale Pontefice. È chiaro che la destra punta a determinare una situazione di delegittimazione delle istituzioni democratiche invocando poteri forti, concentrati nelle mani di pochi.
È paradigmatico quanto sta accadendo nei confronti della Magistratura. La “vicenda Palamara” sta gettando ombre sull’operato della Magistratura prestando il fianco al riproporsi di attacchi incrociati alla sua indipendenza, portati avanti consapevolmente da chi ne vorrebbe il pieno assoggettamento al potere politico. Invocando una insoddisfatta e delusa volontà popolare come fonte di legittimazione dell’operazione, l’obiettivo viene perseguito a volte in maniera rozza, altre volte in modo apertamente reazionario è questo il caso della manovra per coinvolgere nella bagarre proprio chi ha il ruolo di garante massimo dell’indipendenza e autonomia della Magistratura. Ma Sergio Mattarella, ancora una volta, non si è lasciato strumentalizzare vanificando le aspettative di chi, attraverso la sua figura, chiedeva uno strappo a regole e prassi costituzionali, aprendo la strada all’arbitrio, incompatibile con un sistema politico democratico dove le decisioni e le azioni conseguenti vanno motivate nel quadro delle norme e nel rispetto degli equilibri tra i poteri, salvo volere apportare modifiche, cosa che la Costituzione prevede nei modi e nello forme fissate nell’articolo 138.
Il Presidente è intervenuto sulla grave crisi che sta vivendo la Magistratura e lo ha fatto con vigore proprio in occasione del suo discorso pronunciato alla cerimonia in ricordo di alcuni magistrati (Girolamo Minervini, Nicola Giacumbi, Guido Galli, Mario Amato, Gaetano Costa e Rosario Livatino) vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Le sue parole ci spingono ad essere ancor più rigorosi e attenti nell’esprimere opinioni e prendere posizioni. La massima carica dello Stato, di fronte al rischio di degenerazione dei rapporti correntizi con il loro deleterio potere d’interferenza nel CSM, fenomeni che alimentano sospetti e ombre sul suo operato, sollecita al rispetto della pratica della collegialità l’organo di autogoverno della Magistratura. Non invoca maggiori poteri e si sottrae da ogni tentativo di coinvolgimento strumentale, dichiarando con forza che non travalicherà mai i limiti imposti dalla Costituzione. Ha evidenziato che proprio dall’interno della Magistratura si ravvisa l’esigenza di chiarezza e trasparenza e che le indagini della Procura di Perugia dimostrano la capacità di autocontrollo e di autonomia della Magistratura. Il Presidente ancora una volta sollecita tutti con urgenza all’assunzione delle proprie responsabilità.
Non c’è nessun quartier generale su cui sparare, perché il potere in un sistema democratico è plurale e riconoscere i limiti delle proprie prerogative non è un segnale di debolezza ma il legittimo riconoscimento del potere degli altri e un invito ad usarlo. L’obiettivo non è usurpare o erodere il potere di altri organi e strutture istituzionali ma esercitare al meglio il proprio.
Se si condivide ciò che dice Mattarella, se lo scontro politico e istituzionale è arrivato a un livello di guardia, è ancor più insostenibile e inspiegabile il ritardo o la lentezza che caratterizza l’azione giudiziaria nel suo complesso. L’aver depositato dopo otto mesi le motivazioni della sentenza da parte del collegio giudicante della Corte di Cassazione sul processo di Appello su “Mafia Capitale”, con la conseguente provvisoria scarcerazione del pluricondannato Carminati, è davvero incomprensibile. Così come il fatto che non abbiano mai fine troppi processi su fatti drammatici con centinaia di morti nelle tante stragi italiane. E mentre tanti assassini, tanti corrotti, tanti corruttori escono da galera, le nostre carceri sono piene di povera gente che sconterà fino all’ultimo giorno la pena per reati minori. La Politica, il Parlamento, si occupino di alleggerire il carico burocratico dei processi, di modernizzare l’apparato giudiziario, di mettere a disposizione risorse materiali e competenze professionali, di depenalizzare una serie di reati introdotti nel nostro ordinamento solo per gettare fumo negli occhi a chi si sente fragile per le sue insicurezze economiche e sociali. Non si lascino più i magistrati soli, ma si crei un sistema articolato e diffusivo nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata e al diffondersi e consolidarsi del sistema della corruzione. È su questi temi che si misurano le potenzialità e le competenze delle diverse strutture statali, non invocando indistinti e funesti poteri.
La nostra democrazia si regge su tre poteri: quello legislativo, quello esecutivo, quello giudiziario, che devono essere in equilibrio tra di loro. Non è possibile asservire la magistratura ad interessi di parte, siano essi politici che personali, in quanto il suo ruolo è quello di controllare anche gli altri due poteri .
Sul fatto che siamo, come Paese ad un ritorno di nuove forme di fascismo sono d’accordo. La Confidustria, con guida Bonomi, ha grandi responsabilità nella diffisione della pandemia da covid 19 nel nord del Paese, a causa delLa sua cieca bramosia di profitto.