Musica proibita: la “Quinta” di Beethoven

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Ci siamo lasciati con le “variazioni” di cui avevo proposto alcuni esempi. Tanti altri se ne potrebbero fare, dalle celeberrime Variazioni Goldberg di J.S. Bach alle Variazioni Diabelli di Beethoven, solo per parlare delle più complesse, ma proseguendo poi fino a Brahms, Ciaikovsky, Dvorak e oltre. Ciò a conferma che questa forma musicale non è mai uscita di scena, mantenendo inalterata la sua struttura che rimane una sequenza in cui un tema dato ricompare di volta in volta in veste sempre nuova. Ma il tema con variazioni è presente, non sempre in maniera dichiarata, anche in numerosissime composizioni musicali che però sono denominate diversamente, come sonate per uno o più strumenti, sinfonie, concerti per strumento solista e orchestra. Ne sono esempi il IV movimento – Allegro, presto – della Terza Sinfonia “Eroica” di Beethoven, o il IV – Allegro energico e passionato – della Quarta sinfonia di Brahms. Non dimentichiamo però che, ancor prima di soffermarci sulle “variazioni”, avevamo chiarito che la musica, classica e non solo, si nutre sempre di motivi che vengono via via modificati, se non vuole ridursi alla sterile ripetizione all’infinito dello stesso tema.

L’esempio più illustre di come la musica possa costruirsi con la semplice modificazione di un motivo, o meglio di una piccola “cellula tematica”, ci viene offerto dal Primo Movimento – Allegro con brio – della Quinta Sinfonia di Beethoven, probabilmente la più famosa sinfonia di tutti i tempi e sicuramente la più eseguita e la più registrata. Composta tra il 1804 e il 1808 deve la sua fortuna al tema di esordio del primo movimento, quel memorabile “ta-ta-ta-ta” che usiamo talvolta anche nella conversazione per sottolineare musicalmente una sorpresa o una minaccia. Questa breve e concisa “cellula tematica” viene continuamente variata, nel ritmo e nell’armonia, costruendo una frase musicale carica di tensione e di vitalità come mai si erano ascoltate prima. Se un precedente si può, con molta approssimazione, rintracciare è l’incipit della sinfonia n, 40, K 550 di Mozart, che condivide con quello della Quinta di Beethoven una certa spinta dinamica, cupa e drammatica, anche se la sua “cellula  tematica” è un po’ più articolata.

Il tema perentorio di inizio della Quinta di Beethoven viene poi equilibrato, come già avveniva nelle sinfonie di Haydn e Mozart, da un tema più disteso e lirico. Dal contrasto dei due umori, uno virile e l’altro femmineo rappresentati da questi due temi, Beethoven fa nascere il senso della lotta, di una lotta titanica alla quale l’autore collega valore morale Ed infatti questa sinfonia, cui l’editore aggiunse, per promuoverne la vendita, il titolo “Del destino”, è diventata il simbolo della ribellione dell’uomo alle avversità, atteggiamento etico che caratterizza quasi tutta la produzione di Beethoven. In questo senso Beethoven è il primo musicista che prende coscienza della dimensione etica dell’arte musicale stabilendo il ruolo predominante ed incondizionato dell’individualità di ogni artista che voglia definirsi tale.

Non so fino a che punto chi sta seguendo questa introduzione senza pretese alla musica classica intenda ascoltare interamente la quinta sinfonia di Beethoven. Il mio auspicio sarebbe che riuscisse ad ascoltarla tutta, magari un movimento per volta, ma vorrei solo segnalare, a conferma di quanto ho tentato di chiarire in merito all’utilizzo della famosa cellula “ta-ta-ta-ta” che ritroviamo, ben riconoscibile anche all’orecchio del neofita, all’inizio del III movimento – Allegro – della stessa sinfonia, subito dopo l’introduzione. Inutile dire che rivolgo lo stesso invito anche a proposito della sinfonia di Mozart che è un altro famosissimo caposaldo della musica sinfonica. Due parole a proposito della sinfonia: la sinfonia rappresentò il punto focale della musica classica sin dalla sua affermazione iniziale, con le 108 sinfonie di Haydn e le 41 di Mozart, tanto da estendere l’aggettivo “sinfonico” a tutta la musica affidata ad un’orchestra senza uno specifico strumento solista, e quindi anche a poemi sinfonici, serenate, suite, schizzi, scene e quant’altro, ma anche alle stesse orchestre che diventano poco per volta “orchestre sinfoniche” (Orchestra sinfonica di New York, di Londra, o della Rai ecc.), affiancandosi alle “orchestre filarmoniche” (Filarmonica di Vienna, di Londra, di Berlino, di Leningrado, della Scala di Milano ecc.) la cui qualificazione derivava dall’essere nate in seno ad una comunità di “amanti della musica”. Il motivo di questo dominio va ricercato prima di tutto in un dato oggettivo: la sinfonia classica si compone generalmente di quattro parti o movimenti ciascuno dei quali ha la sua funzione precisa. Il primo movimento, abitualmente un Allegro (l’aggettivo non si riferisce al carattere del brano, che può essere anche drammatico, tragico o altro, ma al “tempo” cioè all’andamento complessivo del brano). Il secondo è un tema più lento, lirico o meditativo che intenderebbe allentare la tensione creata dal primo movimento, senza necessariamente riuscirci, e viene qualificato come “Largo”, o “Adagio” o “Andante” o altro ancora. Il terzo movimento nel Settecento era né più né meno che un “Minuetto”, cioè un tempo di danza che voleva rappresentare nell’arco della sinfonia il momento della leggerezza. Successivamente, da Beethoven in poi e proprio in funzione del rinnovato impatto espressivo da lui attribuito alla sinfonia, al “Minuetto” subentra lo “Scherzo” che ha un peso maggiore. Il Quarto ed ultimo movimento e un “Finale” che può essere un “Allegro” o un “Presto”. Risulta evidente che una composizione così riccamente articolata permette all’autore di sviluppare una sorta di racconto musicale nel quale si suscitano emozioni diverse e spesso contrastanti. Se a questa complessità di narrazione si aggiungono poi i risvolti filosofici ed etici introdotti da Beethoven, che getteranno un’ombra lunga sul futuro della sinfonia, si comprende perché questa forma musicale abbia occupato il ruolo centrale di cui dicevamo. Avremo comunque occasione di tornare sull’argomento anche con i necessari esempi concreti.

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