“Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela e abbiate il dominio sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame e su ogni essere vivente che striscia sulla terra … Il timore e il terrore di voi sia in tutte le fiere della terra e in tutti gli uccelli del cielo. Tutto ciò che striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono dati in vostro potere. Ogni rettile che ha vita sarà vostro cibo … Sia maledetto Canaan, sia schiavo infimo dei fratelli suoi”.
Queste parole, vecchie di più di tremila anni, attribuite al Dio, prima d’Israele e poi dei cristiani, costituiscono la legittimazione di ciò che, oggi più che mai, vediamo accadere sotto i nostri occhi, e cioè lo sterminio indiscriminato della biodiversità nel nostro pianeta. Sono anche la legittimazione della schiavitù, che fin dagli albori ha rappresentato una costante nella storia dell’uomo. Gli animali devono provare “terrore” dell’uomo, servono solo come cibo e forza lavoro, non hanno dignità, non ne hanno mai avuta. Eppure, cosa che ignorava chi vergò quelle parole in terra di Babilonia, gli animali, per miliardi di anni prima che l’Homo Sapiens facesse la sua apparizione sulla terra, ne erano gli incontrastati signori. La terra era loro, l’uomo è l’ultimo arrivato, eppure, contrariamente al fatto che si ritiene il più intelligente delle creature viventi, in solo una infinitesima parte del tempo da che la vita esiste su questo pianeta, e diversamente dagli animali meno intelligenti, lo ha portato sull’orlo di un irreversibile collasso. Nessun virus, nessun batterio – che esistono da milioni di anni – ha recato più danni di quanti ne reca l’uomo all’ambiente stesso che gli dà la vita e gli consente di vivere a spese di un sistema sempre più depauperato e inquinato. Solo pochi giorni fa abbiamo appreso che il Consiglio di Stato, nonostante l’opposizione degli animalisti, ha dato il via alla sperimentazione sui macachi, come anche su altre specie di animali che da decenni vengono seviziati, torturati, fatti vivere in condizioni assolutamente incompatibili con la vita; e perché? Perché l’uomo ne è il padrone, come diceva la Genesi; è lui che domina, anche se è l’ultimo arrivato. È arrivato praticamente ieri, e si è preso tutto lui, incurante dei “diritti di proprietà” di chi vive su questa terra da molto più tempo di lui e che, fino alla sua comparsa, l’ha custodita, in un armonioso equilibrio fra le specie viventi, sia animali che vegetali. Perché a un macaco, un bonobo, un orangutan, un topo, un cane possono essere inflitte torture inenarrabili? Semplice: perché si pensa (anche se non è accertato che sia vero) che quelle sofferenze possono contribuire a migliorare la vita degli esseri umani a scapito di milioni di altre vite.
Perché negli Stati Uniti, la patria della libertà, dei diritti umani, la nazione che nelle carte dei suoi fondatori contiene perfino “il diritto al conseguimento della felicità” da parte di tutti i suoi cittadini, per secoli, questa “felicità” è stata negata a esseri umani colpevoli soltanto di avere un diverso colore della pelle? Il problema è ancor oggi sotto i nostri occhi, che vedono un paese dilaniato dall’odio razziale, in cui una vasta parte della società ancora non riesce ad accettare che le persone di colore siano considerate titolari degli stessi diritti garantiti ai bianchi. L’America profonda è rimasta ancora alla Capanna dello zio Tom, e il suo attuale presidente somiglia sempre più a Simon Legree. Non dimentichiamo mai che il solo paese al mondo a usare l’arma atomica contro gli esseri umani (anche se “gialli”, quindi inferiori) sono stati gli Stati Uniti, che si battono strenuamente perché altri non possano fare ciò che invece loro hanno fatto, senza pentirsene mai.
Oggi viviamo un momento drammatico, che è destinato a sconvolgere per molto tempo il modello di vita a cui eravamo abituati; ma sono pochi quelli che si sono posta la domanda del come sia potuto accadere. La risposta sta nel fatto che l’alterazione degli equilibri ambientali, il nutrirsi indiscriminatamente di specie animali che vivono nelle foreste e che ci hanno trasmesso virus con i quali esse convivevano da millenni, ha portato – e non sarà certamente l’ultima volta – a una pandemia che dovrebbe far riflettere le menti più illuminate. Così non si può più andare avanti. Il mito della crescita senza sosta, il depauperamento delle risorse naturali, lo sfruttamento vergognoso degli esseri umani, gli egoismi e la cecità di tutti noi, in primis di chi muove le leve del potere, non possono che avere una sola conseguenza, dato che la terra è un pianeta limitato con risorse limitate e una capacità di nutrire un certo numero di esseri viventi e non di più. Eppure, nonostante ciò che è ormai sotto gli occhi di tutti, lo spettacolo quotidiano che ci offrono le classi politiche dei paesi del mondo, sia i più grandi che quelli meno influenti, mostra che sono lontani anni luce dal comprenderlo. Per restringere il campo all’Italia, che si sta leccando ancora le ferite, con una crisi economica che non ha precedenti, i politici litigano, si delegittimano, sparano boiate al solo scopo di raccogliere seguaci, incuranti dell’inconsistenza delle loro proposte che, in fondo sono sempre le stesse: il governo attuale non sa governare; quando ci saremo noi metteremo tutto a posto. Il Titanic affonda, il mondo ci crolla addosso e loro non sanno far altro che ripetere sempre la stessa stucchevole litania alla quale non crede più nessuno. L’Europa, la nostra Europa, nella quale tanti di noi hanno riposto le loro speranze, è dilaniata dagli egoismi nazionali; innalza muri, barriere, invece di unirsi in un afflato di fraternità, solidarietà e partecipazione, gli unici strumenti per il suo riscatto. I giganti del mondo, Cina e Stati Uniti, si fronteggiano ringhiando, mentre nell’enorme continente sud americano il virus dilaga incontenibile e i suoi governanti sono assolutamente incapaci di metterlo sotto controllo e di operare per il bene dei loro popoli invece che di quello loro personale.
Forse, dato che abbiamo cominciato citando la Bibbia, sarebbe opportuno che tutti noi ricordassimo le parole di saggezza e di realismo di un antico uomo di quel tempo: “Ecco, le nazioni sono come una goccia da un secchio, sono considerate come la polvere sulla bilancia … Siete infatti un filo di vapore che appare per un po’ di tempo e poi si dissolve”. Purtroppo in pochi oggi sembrano rendersi conto della precarietà della vita, alla quale, proprio per questo, sarebbe opportuno attribuire più valore. Alla VITA, intesa nel senso più ampio, sia quella del mondo animale che vegetale e, anche, alla vita umana, sempre più considerata meno importante, dato che stermini, omicidi, “avvelenamento dei pozzi”, razzie, abusi, corruzione a tutti i livelli continuano a essere il dato distintivo della società in cui viviamo. Nel mondo animale e vegetale poche leggi immutabili hanno consentito a queste forme di vita, nobili anch’esse quanto e più di quella umana, di convivere per miliardi di anni. Se, con umiltà, smettessimo di pensare alla nostra terra come una nostra esclusiva proprietà, ma, invece, la considerassimo come un condominio, in cui tutti hanno diritto ad abitare, rispettandosi a vicenda e senza prevaricare i diritti degli altri, forse, ma un forse molto incisivo, il ritorno alla “normalità” dopo il disastro che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo, terrà conto che è stata proprio quella “normalità” a causare tutto questo e, finalmente, indurci a cambiare registro!