A metà anni Ottanta La Settimana Enigmistica è, ormai, un successo ben consolidato. Sulla prima pagina del periodico, infatti, campeggia il famoso slogan “La rivista che vanta innumerevoli tentativi di imitazione”. Tra questi ci sarà pure la Bonelli, che non si lascia sfuggire l’occasione proponendo al pubblico L’enigmistica illustrata, in edicola a partire dal mese di luglio del 1985.
L’intero staff è costituito in gran parte dagli stessi autori dei fumetti pubblicati dalla casa editrice, la quale, nel frattempo, incomincia a storicizzare la sua storia attraverso varie iniziative, tra cui alcune mostre aperte al pubblico, come quella organizzata a Palermo dall’associazione Many Comics nei giorni 1 e 2 giugno 1985. L’impresa è ardua perché molto materiale è stato, qualche tempo prima, distrutto in seguito ad un incendio scoppiato all’interno del proprio magazzino. Il direttore responsabile de L’enigmistica illustrata è Tiziano Sclavi che nel frattempo sta lavorando ad un nuovo progetto: una serie horror. Sclavi comincia a sviluppare il personaggio principale della testata definendone, con la collaborazione del disegnatore Claudio Villa, le fattezze, ed ispirandosi ad un attore allora emergente, il britannico Rupert Everett.
Per quanto riguarda il nome, l’ispirazione gli viene offerta dal poeta, romanziere e drammaturgo gallese Dylan Thomas e dal romanzo di Mickey Spillane “Erection Set”, tradotto in italiano con il titolo di “Dog figlio di…”, edito da Garzanti. A ottobre 1986 in edicola appare Dylan Dog. Dopo anni di crisi nel settore, Sclavi riesce ad ideare un linguaggio perfettamente in sintonia con i giovani lettori dell’epoca e, cosa mai accaduta prima, Dylan Dog comincia a calamitare letteralmente l’attenzione di un folto pubblico femminile, notoriamente alieno al mondo delle nuvole parlanti.
Dylan Dog è soprattutto ispirato ad un altro personaggio ideato precedentemente da Tiziano Sclavi, protagonista di un romanzo scritto nel 1983, ma pubblicato solo nel 1991: Dellamorte Dellamore, custode di un cimitero dove ha l’incredibile compito di impedire l’uscita dei sepolti che, in quel luogo specifico, hanno inspiegabilmente la cattiva abitudine di risorgere. Al suo fianco c’è l’aiutante Gnaghi, un uomo buono ma ritardato ed incapace di esprimersi a parole.
Dylan Dog, invece, è un ex agente di Scotland Yard con un passato di dipendenza dall’alcol, che vive a Londra e si guadagna da vivere indagando su tutto ciò che è surreale e che non viene riconosciuto dal “mondo razionale”, zombie in primis. La sua “spalla” è il logorroico Groucho, copia perfetta dell’attore statunitense Groucho Marx.
Il successo vero e proprio arriva dopo qualche mese dal suo esordio, ma è incontenibile. Nell’aprile del 1990, sul n°43 della serie regolare, viene annunciato il traguardo di centottantacinquemila copie di tiratura. Solo due mesi dopo la cifra raggiunge quota duecentomila e il n°69 venderà trecentomila copie, facendo balzare la serie al secondo posto in ordine di gradimento, superata solo dal monolitico Tex. Vengono organizzate, in suo onore, vere e proprie kermesse, come il Dylan Dog Horror Fest, che si tenne al cinema Ducale di piazza Napoli a Milano dal 12 al 31 ottobre 1987 e, sulla scia del successo, nel 1993 sarà proprio Rupert Everett a prestare il volto al protagonista della versione cinematografica del romanzo di Sclavi Dellamorte Dellamore per la regia di Michele Soavi, e che avrà tra gli interpreti anche Anna Falchi. Il successo di Dylan Dog è tale che la casa editrice sarà costretta, addirittura, ad ampliare la propria redazione.
Oltre il mondo del fumetto l’Indagatore dell’Incubo diventa un fenomeno di cultura pop e le più svariate testate gli dedicano le proprie cover, anche Claudio Baglioni dedicherà un brano ispirato proprio ad una sua storia, però la serie sarà anche esposta a forte critiche. Nei primi anni Novanta la magistratura indicherà il fumetto come “ispiratore di comportamenti violenti” per cui la casa editrice si vedrà costretta a stemperare situazioni troppo macabre e, addirittura, a sospendere la pubblicazione di alcune storie già pronte per la stampa, come l’albo Il gioco del dolore, che vedrà la luce solo nel febbraio del 2017, quando i guai giudiziari sono ormai superati.
Negli anni Ottanta ci lasciano anche due grandi personaggi che hanno fatto la storia del fumetto italiano. Nel gennaio 1980 viene pubblicato l’albo L’ultima vittoria, con l’avventura conclusiva del Comandante Mark che, nelle tavole finali, si sposerà finalmente con Betty e, nel1985, dopo 255 albi pubblicati, terminerà anche l’avventura de Il Piccolo Ranger, che saluta il suo pubblico con la storia finale Rangers, addio!, scritta da Guido Nolitta e realizzata graficamente da Francesco Gamba.
Dopo il “nero”, in casa Bonelli arriva anche il “giallo”. Nel 1988 nasce Nick Raider, una serie poliziesca creata da Claudio Nizzi, erede di Gianluigi Bonelli per i testi di Tex. Protagonista è un detective italo americano del Distretto Centrale di New York, al cui fianco si muove un cast complesso di comprimari, tra cui il coloured Marvin Brown, la cui immagine è chiaramente ispirata all’attore statunitense Eddie Murphy; Jimmy Garnet, esperto di informatica e il paterno tenente Arthur Rayan. È anche l’anno in cui l’etichetta Daim Press sarà abbandonata e le pubblicazioni passeranno definitivamente sotto marchio della Sergio Bonelli Editore.