Noi italiani abbiamo tante qualità ma leggere, approfondire, verificare di prima mano non è un’attività nella quale si eccelle. Preferiamo il pigro e più allettante passaparola che spesso degenera in pettegolezzo, cugino di primo grado del pensiero stereotipato, ascoltiamo i commenti ma con partigianeria ignoriamo il contesto che ha generato un evento o suscitato una discussione, insomma siamo allergici alla complessità che sovente uno sguardo accorto sui fenomeni umani ci impone. Noi di zonagrigia.it vi proponiamo di leggere integralmente il breve discorso che il Presidente della Repubblica ha tenuto nei Giardini del Quirinale il 1° giugno scorso, e dopo averlo letto con attenzione vi invitiamo a rivedere le immagini e rileggere la cronaca di tre avvenimenti: la sfilata dei gilet arancioni a Milano, le dichiarazioni del Presidente della Confindustria, la manifestazione in piazza della destra il 2 giugno.
Nel suo discorso il Presidente Mattarella non si è appellato a una cultura prepolitica come ci è capitato di ascoltare, ma ha richiamato i fondamenti della nostra Costituzione che garantiscono la dialettica politica e il rispetto della convivenza pacifica. Il confronto e la ricerca di una convergenza nel perseguimento di un interesse generale, non sempre attuabile, sono il valore universale che la Costituzione affida alla politica, lo scontro e il conflitto non solo sono consentiti ma per certi versi favoriti, tanto che la nascita dei partiti politici è un elemento fondante della pluralità di posizioni. Il nostro sistema parlamentare, il bicameralismo, il sistema per la nomina del Presidente del Consiglio dei Ministri, il doppio passaggio alle Camere per ottenere la fiducia, sono tutti elementi di quella architettura istituzionale garantista del libero esprimersi delle posizioni. Un sistema rigidamente antifascista e antitotalitario, dove però le responsabilità del governo espresso dalla maggioranza parlamentare non si possono sempre condividere con l’opposizione, semmai queste ultime sono chiamate a dare il loro contributo nelle sedi istituzionali apposite, che poche non sono.
Il Presidente Mattarella ha espresso la nobile idea di non lucrare politicamente sul dolore, di rispettare i morti e tutti quelli che hanno faticato per noi, per curarci e garantirci la sicurezza nel conforto delle nostre case. Questo pensiero non è prepolitico ma il fondamento universale della conquistata civiltà democratica. Dal nostro punto di vista il problema è l’inadeguatezza della classe dirigente politica italiana. Con il disfacimento dei due più grandi partiti, la nuova classe politica italiana si è trovata cieca e incapace di aprire nuovi fronti e orizzonti non necessariamente subalterni ed eterodiretti. Non si è investito in elaborazione e formazione teorica, politica, amministrativa all’altezza di un nuovo posizionamento internazionale. Nei rapporti con i suoi partner europei l’Italia non sempre ha giocato un ruolo significativo. Neanche il ricambio generazionale ha portato a una svolta, anche i più giovani e agguerriti hanno imposto il classico sistema della cooptazione di dirigenti privi di autonomia culturale.
Nel 1994 Berlusconi ha conquistato la maggioranza degli italiani con slogan anticomunisti, ormai un vero spettro e non nel senso minaccioso per il capitalismo figurato da K. Marx e F. Engels nel Manifesto del 1848. I partiti che avevano dominato la scena per quasi 50 anni si sono apparentemente dissolti ma i loro ceppi culturali si sono riposizionati. Solo la tradizione comunista e socialista italiana, attorno alla quale orbitavano grandi pensatori impegnati a realizzare una società più giusta e libera, ha pagato un vero scotto, abbandonata dai suoi dirigenti occupati a ricostruirsi una nuova carriera dentro e fuori gli apparati dei partiti.
Son passati ormai 31 anni dalla caduta del muro di Berlino. Nel mondo sono cambiate tante cose e tante sfuggono a una equilibrata valutazione mettendo in ombra le tante conquiste e consapevolezze raggiunte, che rendono inaccettabile un arretramento. È pressante la ripresa dei temi sociali, del lavoro e della lotta alla precarietà che ancora assilla tante persone, giovani e meno giovani, lasciati soli nelle retrovie. L’idea che le azioni dello Stato possano produrre ricchezza con politiche economico-industriali attive e poi redistributive è interpretato come un anatema. Chiunque proponga una visione dello Stato e della gestione della cosa pubblica più attenta alla rimozione del disagio sociale, accompagnata da una improcrastinabile lotta agli spropositati e iniqui privilegi, è considerato un “apostata”.
Se la destra oggi sembra un’armata di Brancaleone, la sinistra sta manifestando la sua fragilità ostentando eccessiva timidezza e incertezza in un momento difficile e per molti drammatico, dove si richiede una vigorosa azione unitaria di governo. Lo sviluppo dell’Italia rischia di essere ancora una volta bloccato da “vincoli interni” che ci ostiniamo a considerare insuperabili. Essere immersi in una perenne campagna elettorale è uno di questi elementi che interrompono la dinamica politica tra chi è al Governo e chi all’opposizione, esaurendo il confronto/scontro solo alla conquista del premierato, del Presidente del Consiglio. Meccanismo che sta svuotando di senso il lavoro del Parlamento e di tutte quelle istituzioni, enti, organismi che costituiscono l’ossatura della dimensione statuale. Continuiamo ad avere poca predisposizione a dare spazio e far interagire tra loro nuove intelligenze.
L’esortazione del Presidente Mattarella al rispetto delle regole civili e costituzionali nell’arena politica ci indica una delle strade per evitare il rischio di una radicalizzazione di posizioni, che potrebbe avere delle ripercussioni negative e distruttive anche sui più giovani. Le nuove generazioni sono anagraficamente l’Italia di domani e vanno sostenute, accolte e favorite invece che marginalizzate e allontanate dalla politica.
Il Presidente Mattarella non ha invocato un governo di unità nazionale o una nuova costituente. Sarebbe un errore tragico per l’Italia se la classe politica interpretasse in questo senso il suo discorso. Non si tratta di riconciliare posizioni inconciliabili per valori, tradizioni culturali e interessi. È però insostenibile per noi cittadini continuare ad assistere ai fluttuanti e camaleontici veti e ricatti da parte di una destra forcaiola. Così la sinistra, piuttosto che schivarne i colpi, si impegni a dare sostanza alle scelte fatte dal Governo che sostiene, accompagnando e mettendo in atto tutte le azioni possibili, al centro come nei territori che governa o dove sta all’opposizione, lavori per rimuovere gli ostacoli e rendere visibili e disponibili le risorse messe in campo per le persone che vivono in sofferenza e per il rilancio del sistema produttivo. Il rischio elettorale già è stato assunto: puntare su obiettivi più ambiziosi servirà alla ri-generazione e al futuro della politica di governo e di opposizione.
Concetta Russo e Giuseppe Capuano