Tu apri, io chiudo

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Fonte: www.comune.napoli.it

Napoli, Real Bosco di Capodimonte: riaperto il 18 maggio, chiuso dopo solo cinque giorni. A prendere la decisione è stato Sylvain Bellenger, direttore del Museo di Capodimonte e del Real Bosco, uno degli istituti dotati di autonomia speciale, di rilevante interesse nazionale del Ministero per i beni e attività culturali e per il turismo (Mibact). Le motivazioni della decisione sono scritte in un laconico comunicato pubblicato sul sito del museo/bosco ed esposto ai cancelli del parco in cui si legge: “Lunedì 18 maggio, il primo giorno di apertura dei luoghi della cultura gestiti dal Mibact abbiamo subito riaperto il Real Bosco di Capodimonte. Ben consapevoli che il rischio contagio da Covid-19 non è affatto superato e che la fase 2 è la più delicata abbiamo messo in campo specifiche misure tese a mitigare il rischio del contagio con percorsi differenziati per chi svolge attività fisica, chi va in bici e chi passeggia. Abbiamo invitato tutti a tenere comportamenti responsabili e a osservare le regole sanitarie di contenimento del contagio da Covid-19 (divieto di assembramento, distanziamento sanitario, uso della mascherina). Le numerose infrazioni rilevate nei giorni scorsi e l’assenza di accordo con le parti sociali in ordine all’affiancamento della vigilanza ministeriale con personale di vigilanza privata all’interno Bosco, ma solo fuori alle Porte di accesso, hanno costretto la Direzione a richiudere il Real Bosco di Capodimonte.”

Contro la decisione sono insorti prima di tutto i cittadini, il sindaco De Magistris e le organizzazioni sindacali che hanno svelato discutibili retroscena: procedere a una privatizzazione generalizzata dei servizi del Parco e del Museo.

L’emergenza sanitaria, i continui appelli al rispetto delle regole del distanziamento sociale e di tutte le misure suggerite per evitare un nuovo picco nella diffusione del virus, stanno facendo saltare i nervi a troppe persone ormai. De Luca, con la sua idea dei lanciafiamme sui giovani che festeggiano, ha fatto scuola. Quante persone abbiamo incontrato in questi primi giorni di allentamento delle misure di prevenzione che si ergono a paladini del rispetto delle regole, a volte in modo ridicolo e grottesco. Famigliole redarguite in modo violento perché non mantengono le distanze tra loro, ragazzini calunniati e minacciati perché a passeggio in gruppo, coppie anche di anziani coniugi fermati dalla polizia perché a passeggio sotto braccio o perché seduti entrambi sul lato anteriore dell’autovettura. In molti si stanno scoprendo inquisitori alla caccia dell’untore portatore di infezione. Una forma di isteria collettiva che nulla ha a che vedere con la necessità di non abbassare la guardia nelle misure di prevenzione per evitare una nuova ondata epidemica. La decisione di Bellenger sul Bosco di Capodimonte sembra rientrare in questo schema.

Compito di un tecnico dei beni culturali, qualsiasi sia la carica che riveste e prescindendo da come abbia ottenuto un determinato incarico, è quello di tutelare il bene culturale che gli è stato affidato e di garantirne la massima fruizione ai cittadini. La sua preoccupazione, nel caso di un sito delle dimensioni e della complessità di Capodimonte, deve essere la cura del patrimonio arboreo e boschivo, delle opere architettoniche e artistiche presenti nei suoi confini e, per quanto riguarda il Museo vero e proprio, garantire la migliore conservazione delle opere d’arte. Queste attività possono, eventualmente, anche prevedere un contingentamento nel numero di visitatori, se si ritiene che l’affollamento possa arrecare danno al bene culturale.

I musei e i parchi sono stati chiusi dalle autorità sanitarie e per la riapertura sono state stabilite delle regole “personalizzate” visto che il rischio di contagio è diverso a seconda delle strutture e delle loro dimensioni. L’eventuale decisione di richiuderci in casa, cosa che ci auguriamo non sia più necessaria, spetta solo a chi ne ha competenza scientifica e istituzionale. È inammissibile che tali decisioni siano prese con malcelato piglio moralistico da una qualsiasi autorità che ha altre competenze.

Noi siamo tra i fortunati frequentatori del bosco e prima ancora del Covid-19 siamo stati privati della possibilità di passeggiarci perché l’incuria nella gestione del patrimonio boschivo lo ha reso pericoloso in molti tratti, e a ogni perturbazione atmosferica il problema si ripresenta. Sono anni che intere aree sono chiuse perché non si provvede alla potatura degli alberi e alla cura del sottobosco. Se poi, come denunciano le organizzazioni sindacali, dietro questa iniziativa si nascondessero interessi connessi all’affidamento di servizi del Parco Museo a dei privati, la cosa sarebbe ancora più grave. Ci auguriamo che questo non sia paradigmatico del modo di gestire i soldi pubblici nei prossimi mesi. Rifletta il ministro Franceschini, che in questi lunghi anni di reggenza del Dicastero ha perseguito più obiettivi turistici e commerciali incentivando elettivamente la vendita di biglietti dei musei e con questo mettendo a grave rischio il nostro comune patrimonio culturale.

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