Cambiare poco per ottenere molto

tempo di lettura: 4 minuti
Gollum – Statua di cera-Barnson
Foto di Vicki Lynn per Pixabay

Al di qua di quel confine che separa il mondo del possibile dall’inferno dei tanti paesi poveri o governati da oligarchie che senza ritegno si dichiarano al servizio esclusivo dei potenti, godiamo di una supremazia militare e organizzativa e di un modello economico e produttivo considerato l’unico vincente. I benefici della supremazia non sono sempre suddivisi oculatamente e proporzionalmente. La larghezza dei fori della doccetta che redistribuisce ricchezza si allargano e si restringono con grande volubilità ma è indubbio che lo stato sociale, l’assistenza sanitaria pubblica, il diritto all’istruzione e tanto altro ancora sono questioni che assumono rilevanza perché i nostri sono sistemi politici democratici.

Francesco Fusi, Carolina Lambiase, Noemi Neiviller, Rachele Renno, Michele Sommella, su questo giornale, ci hanno raccontato come la pandemia che avvolge il nostro pianeta ha un impatto diverso, e nelle periferie è più drammatico. Nonostante le politiche messe in campo siano diverse, hanno tutte un denominatore comune: stanno convogliando enormi risorse finanziare per venire in soccorso al sistema economico produttivo a rischio di collasso. Tra mille polemiche e distinguo, l’Unione Europea ha messo a disposizione centinaia di miliardi di euro e lo stesso ha fatto il pur indebitato Stato italiano. Un processo che ha certamente la potenzialità di dispiegare in campo politico energie positive, ma solo se si vuole veramente capire che cosa è successo e che cosa la pandemia ha reso esplicito per agire sulle fragilità emerse.

Risolvere il caso Lombardia, come e perché i suoi abitanti sono stati e sono così duramente colpiti dalla diffusione del virus, ad esempio, dovrebbe interessare tutti, cittadini, scienziati, amministratori e politici. Svelarne le cause deve essere un obiettivo comune per evitare che rimanga un caso irrisolto e da archiviare per nulla cambiare. La contrapposizione tra gestione privata e gestione pubblica non ci convince come causa principale, addirittura unica, del disastro. I cittadini della Campania non sono stati certo salvati perché il loro sistema sanitario sia migliore di quello lombardo e tanto meno perché è sceso in campo lo “sceriffo” De Luca con le sue minacce di mandare i vigili del fuoco con i lanciafiamme a disperdere gli assembramenti. In Campania, a Napoli e in generale nel Sud d’Italia, si vive in promiscuità, la densità della popolazione è elevatissima così come la mobilità intercomunale, regionale e interregionale eppure la pandemia non ha avuto gli stessi numeri. Perché? Gli scienziati e gli studiosi non perdano l’occasione di svolgere in piena autonomia le loro indagini per cercare delle risposte.

Purtroppo in Italia stiamo assistendo solo al solito balletto per accaparrarsi le risorse messe in campo e si preannunciano battaglie senza esclusione di colpi, che svelano intenti e interessi di parte senza nessuna reticenza, svuotando di senso i proclami propagandistici. A tratti sembra di guardare una scena del film “Il signore degli anelli” quando Gollum ripete ossessivamente: “Il mio Tesoro!”È il caso della multinazionale automobilistica FCA che legittimamente vuole distribuire i dividendi agli azionisti, invocando un diritto scritto sulla pietra come i primitivi antenati; ma al contempo chiede un finanziamento allo Stato italiano di pari importo senza voler sottoscrivere un qualsiasi patto su come e dove verranno utilizzati i soldi richiesti. Non è una novità che il sovranista Salvini non senta il dovere di pronunciarsi, pur sapendo che la FCA ha sede legale in Gran Bretagna e sede fiscale in Olanda. Una piacevole e inattesa sorpresa sta nella convergenza di posizioni su questa vicenda: il vicesegretario del PD, l’onorevole Orlando, si oppone a quest’idea, l’ex ministro Calenda inorridisce e l’onorevole Prodi – che, prima ancora di diventare Presidente del Consiglio, ha gestito e smembrato l’apparto industriale pubblico italiano quando era Presidente dell’IRI – hanno espresso la necessità di richiedere garanzie e condizioni.

Quello della FCA è, per quanto centrale, uno dei tanti appetiti che si sono evidenziati nella scorsa settimana, da quando è stato chiaro che si riaprivano le borse dell’intervento pubblico, italiano ed europeo. Tra i politici – nazionali, regionali e locali – solo in pochi hanno mostrato di avere veramente a cuore le sorti della nazione. La maggior parte non appare all’altezza dello scontro in atto. Lo stesso ex enfant prodige della politica italiana, Matteo Renzi, ha avuto l’atteggiamento di quel condomino petulante pronto a mettere a disposizione la sua quota millesimale al miglior offerente purché ne ricavi qualcosa per il suo appartamento (nel caso un ministero in più da assegnare ad una sua ex ministra). I presidenti delle regioni, i sindaci del mezzogiorno balbettano e non hanno ancora capito come mettere le mani sul bottino. E così, mentre gli industriali vestono i panni di Gollum, presidenti di regione e amministratori locali appaiono come tanti calvi che reclamano parte del bottino, un pettine, come nella favola di Fedro, che non sapranno come utilizzare. Non ci risulta infatti che, a fronte delle nuove tante disponibilità finanziare, le Regioni abbiano predisposto anche il più vago piano di utilizzo per modificare gli assetti dei loro sistemi sanitari. Lo stesso vale per i sindaci che vedranno i loro cittadini accedere, per il tramite di imprese e banche, a grandi finanziamenti per migliorare gli standard energetici delle proprie abitazioni, cambieranno infissi, ritinteggeranno le facciate degli edifici e magari, a Napoli come in tanti centri storici abbandonati del Sud Italia, elimineranno il pericolo di crolli che hanno ucciso più di una volta ignari passanti, mentre loro, gli amministratori pubblici, hanno i Comuni sprovvisti di piani regolatori dettagliati o quanto meno  aggiornati, non hanno uffici tecnici in grado di emettere pareri in modo efficiente, efficace ed imparziale. Se il Governo è stato accusato di avere le idee confuse, sarebbe stato utile per noi cittadini che le tante amministrazioni pubbliche territoriali avessero sbrogliato le tante disposizioni che hanno additato predisponendo piani di azione e di governo locale, invece di comportarsi come irresponsabili agitatori politici. La politica senza idee e progetti ambiziosi e di ampio respiro è per lestofanti e avventurieri che ripropongono il mantra tutto italiano: “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.

Si sta rientrando in una normalità possibile. In alcune Regioni si ritornerà al voto entro il prossimo autunno. In Campania come in Veneto, in Puglia come in Liguria e in Toscana. Il gioco delle candidature è fermo a prima dell’emergenza sanitaria. Anche facendo tesoro di questi duri e difficili mesi di governo nazionale, le forze politiche che si sono ritrovate insieme alla guida del Paese, hanno il dovere di rimettersi in gioco mobilitando le forze migliori presenti nei diversi territori, attivando un percorso condiviso di progettazione politica e tecnico-amministrativa locale. Solo dopo andrebbe cercato il candidato. Non è pensabile che ancora una volta si punti a pescare solo tra i grandi elettori, tra i notabili locali presenti nelle università e nei tanti centri di potere. È necessaria una nuova grande alleanza, anche generazionale. Si pensi a come non sprecare i soldi per sanificazioni inutili, a come garantire la diminuzione dei volumi dei rifiuti inquinanti e a come smaltirli. Si lavori non per creare inutili barriere sulle spiagge per garantire il distanziamento sociale, ma per aumentare i chilometri di spiagge balneabili avviando le bonifiche tante volte annunciate e non più procrastinabili. Si faccia politica con i cittadini e non contro di loro.

È questa un’occasione unica per tante generazioni che incrociano i loro destini su questa nostra terra di cambiare poco, per ottenere molto. Sarebbe un errore epocale sprecarla.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Torna in alto