Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Dall’unificazione monetaria avvenuta in Europa tra i Paesi della cosiddetta “zona euro”, le occasioni di confronto sul piano economico tra i vari Stati non sono mancate. In particolar modo negli ultimi anni questa differenza è stata rimarcata dal tristemente noto “spread”, il quale ha sempre rimarcato la fragilità della economia italiana nei confronti della locomotiva d’Europa ovvero la Germania. Anche in occasione della crisi economica generata dalla pandemia da coronavirus un problematico confronto tra i due Paesi è stato riportato su molti mezzi di comunicazione.
Vivendo in Baviera da più di dieci anni ed essendo titolare di una gelateria, posso portare il mio contributo di informazione da “fonte di prima mano” sul tema del sostegno economico che lo Stato ha dato alle imprese.
La Baviera è uno degli Stati più ricchi della Repubblica Federale di Germania, questo non è un dettaglio, perché gli aiuti si sono sviluppati in due step successivi. Uno finanziato dallo Stato, il Land come la Baviera o la Turingia, il secondo finanziato dallo Stato Federale, il Bundes di cui la signora Merkel è Cancelliera.
Per arginare il diffondersi dei contagi, che qui in Baviera risalgono alla metà di gennaio, il 20 marzo lo Stato bavarese ha annunciato da un lato la necessità di chiudere tutte le attività ritenute non indispensabili, dall’altro ha garantito di voler sostenere finanziariamente coloro che erano costretti a chiudere. Attraverso il suo Governatore, che qui si chiama Ministerpräsident, il dr. Markus Söder, la Baviera ha approvato un piano a sostegno di tutte quelle imprese che sono state coinvolte nella crisi originata dal coronavirus.
Le attività che sono state costrette a chiudere sono state le piscine, le palestre, i centri massaggi, i parrucchieri e molte altre. Sono state lasciate invece aperte quelle collegate all’alimentazione. Si è quindi posto un primo problema di interpretazione relativo ai locali di somministrazione di cibi e bevande come bar, ristoranti e gelaterie. Le Camere di Commercio hanno interpellato ufficialmente i ministeri statali e federali, ma moltissime attività hanno preferito prudenzialmente chiudere anche se non ne era chiaro l’obbligo.
Mentre i mass-media raccoglievano le informazioni su contagiati e vittime, la Baviera raccoglieva le richieste di sostegno da parte delle attività che erano state costrette a chiudere o che riscontravano una significativa riduzione dei ricavi. L’Amministrazione bavarese ha chiesto di valutare l’ammontare delle perdite dei tre mesi successivi alla chiusura forzata e quindi di richiedere gli aiuti in base a questa stima. Gli aiuti sono stati distribuiti principalmente in base al numero di dipendenti dell’impresa richiedente e si sono articolati su diversi piani: aiuti economici diretti, cassa integrazione, possibilità di richiamare gli importi versati a titolo di imposte nei mesi di gennaio e febbraio, differimento dei pagamenti delle imposte fino a dicembre senza interessi, incentivi alle banche per contratti di mutuo a tasso agevolato.
Gli aiuti diretti sono stati così modulati: 9.000 euro per le imprese fino a 5 dipendenti, 15.000 fino a 10 dipendenti. Queste somme sono state pagate in parte dallo Stato di Baviera e in parte dallo Stato Federale. Come si è capito, la concretezza tedesca si è manifestata in tutta la sua consistenza anche in questa occasione. L’attenzione dello Stato si è rivolta principalmente alle piccole imprese, in quanto più fragili, le grandi aziende hanno beneficiato principalmente della cassa integrazione e del differimento dei prelievi di imposta.
Occorre anche dire che non tutto è andato liscio e che la mia personale esperienza è stata vissuta in uno Stato ricco in cui le cose sono andate abbastanza bene. La stampa tedesca ha pubblicato un gran numero di articoli sulle difficoltà che ci sono state nel Paese. Per esempio su un articolo del Mainpost si è criticata l´efficacia nella distribuzione degli aiuti, oppure in un altro si è fatto riferimento alla difficoltà nella gestione delle domande.
Come è ragionevole pensare, in Germania i politici non hanno alcuna bacchetta magica e le difficoltà di una gestione emergenziale di questa portata si sono fatte sentire anche qui. Come è successo nel mio caso, moltissimi altri imprenditori hanno dovuto dare fondo alle loro risorse personali per affrontare la crisi di liquidità, anzi era fatto obbligo a tutti i richiedenti gli aiuti di dover attingere prima alle proprie risorse e solo quando queste si fossero rivelate insufficienti presentare la domanda per gli aiuti.
Quando si guardano da lontano le cose sembrano sempre migliori, ma le difficoltà esistono in ogni luogo. Anche qui molte attività chiuse non riapriranno, soprattutto nelle regioni più povere della Germania. La recessione economica conseguente alla pandemia arrecherà danni ulteriori in ogni parte del mondo, anche alle nostre latitudini. Bisogna prepararsi ad affrontare il futuro che resta ancora incerto.
Michele Sommella