Ormai è confermato. Vivere giorni e giorni sequestrati dal coronavirus non ci annoia. In casa fervono le attività intellettuali: si leggono libri, si ascolta musica, si guardano film, si promuovono cineforum, si tengono conferenze, si organizzano convegni, si aprono dibattiti, si stendono programmi, si tracciano profili e si tiene questo diario. Tutto, o quasi, on line. Ma si tratta comunque di una vera e propria fucina, tanto che capita alle volte di chiedere a mia moglie: “Dove sei?” e di sentirsi rispondere: “Sono in fucina” (se i lettori mi passano questa, mi sentirò autorizzato per l’avvenire a scrivere qualunque sciocchezza!). Di tanto in tanto irrompe però, brutalmente, la cronaca imponendoci realtà a volte sconcertanti, come in occasione del passaggio alla “Fase 2” dell’epidemia.
Non bastavano le scomposte e irresponsabili strumentalizzazioni delle opposizioni né le pressioni della nuova Confindustria a trazione padana, né tantomeno “le eccezioni di incostituzionalità” sollevate dal costituzionalista Matteo Renzi: la “Fase 2” è stata aspramente contestata anche dalla Chiesa Cattolica. Costa fatica non ironizzare sull’atteggiamento della CEI, con tutto quello che le sta dietro a partire dal sempre vigile cardinal Ruini. E quindi rinfreschiamo un po’ la memoria.
C’è stata qualche decina di migliaia di decessi in essi compresi anche quelli di un bel po’ di medici e infermieri che noi tutti, Chiesa inclusa, abbiamo definito eroici e che abbiamo ringraziato per il sacrificio offerto alla collettività.
Ci sono alcuni milioni di connazionali, piccoli imprenditori, professionisti, artigiani e lavoratori che vedono un futuro nero.
Ci sono altri milioni di bambini e ragazzi più o meno gravemente danneggiati nei loro percorsi di formazione, di studio e nelle prospettive di lavoro.
Con tutta franchezza, non ci eravamo accorti che ci fossero anche milioni di fedeli ai quali la mancata partecipazione alla celebrazione della santa messa per un paio di mesi stesse creando danni psichici e forse anche morali. Non riusciamo a immaginare quale fortissima pressione esercitino queste schiere di fedeli, esacerbati, sui parroci e quindi sui vescovi perché sia loro restituito il “sacrosanto” diritto di ascoltar messa, possibilmente in luogo chiuso, tipo chiesa, perché quella all’aperto non solleva forse abbastanza dalla condizione peccaminosa in cui credono di essere precipitati per non aver rispettato un fondamentale precetto.
E quindi, sostiene con fermezza la CEI, la Chiesa non può più reggere al malcontento che bolle in pentola e che può esplodere da un momento all’altro in gesti sconsiderati. Si sbrighi dunque il Governo a liberalizzare al più presto la celebrazione della messa se non dal 3 maggio, data peraltro ancora appartenente alla “Fase 1”, almeno, e improrogabilmente, dal 10 maggio. E rinfaccia quindi al presidente Conte che sta venendo meno ad un preciso articolo del Concordato, altro che l’attentato alla Costituzione di cui va blaterando Matteo Renzi.
E qui finisce l’ironia. In realtà le gerarchie ecclesiastiche non stanno rendendo un buon servizio al Padreterno, al quale non sarà certo sfuggito che in Italia nella primavera dell’anno del Signore 2020 si è verificato un evento straordinario rispetto al quale reclamare il rispetto del Concordato è un esercizio di potere o una manovra di bassa speculazione demagogica degna di monsignor Salvini e della Meloni, perché il Padreterno avrà già elargito il suo perdono a tutti i fedeli i quali dovrebbero esserne informati, proprio da chi Lo rappresenta. Andrebbero anche messi a conoscenza che tutti i giorni, in diretta televisiva su Rai1, va in onda alle 7 del mattino la santa messa celebrata nella Chiesa di santa Marta da Sua Santità Papa Francesco in segno di vicinanza a chi soffre. Non sono un esperto, ma credo che assistervi da casa propria valga non meno della messa domenicale “in presenza”.
Passata l’epidemia sarebbe veramente il caso di fare una bella revisione del Concordato e non per mettere in difficoltà quel sant’uomo di Papa Francesco, che ha peraltro prontamente preso le distanze dall’iniziativa della CEI, ma giusto per qualche puntualizzazione sulla tassazione degli immobili di proprietà del Vaticano e sui finanziamenti statali alle scuole paritarie, in esse comprese quelle cattoliche, lasciando in vigore il solo 8 per mille, più che altro per semplificare la vita di tanti cittadini sottraendoli al fastidio (ed anche al rischio, in tempo di Covid-19) del versamento diretto.