Affrontare la crisi psico-sociale

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Elaborazione grafica di N. Neiviller

“Neppure gli dèi greci sapevano consolare;

                                                        quando anche gli uomini di Grecia finirono per

                                                   ammalarsi tutti quanti. Fu questo un motivo del

                                                                                                tramonto di tali dèi.”

                                                                                                Friedrich Nietzsche

Nelle interminabili giornate degli ultimi mesi, ricolme di ansie e privazioni di ogni tipo, molti, nella loro solitudine, stanno manifestando l’insorgenza di strani sogni, di stress, noia, ansie e depressione. Torniamo su alcuni aspetti già trattati sulle pagine di questo giornale.

Tutti vogliono avere la libertà di poter fare ciò che fino a poco tempo fa non era sbagliato, non era un errore per cui rischiare tante cose. Non è forse la libertà che ci è stata proibita che adesso desideriamo più di tutto? Nessuno accetta a cuor leggero restrizioni alla libertà, ma nessuno è totalmente cieco al fascino della sicurezza personale. Per quanto la sfiducia nello Stato sia sottile come un filo di seta, in un momento di crisi mondiale si cerca un appoggio anche dove prima non si è mai guardato. Ma questa situazione per quanto ancora potrà andare avanti? Nonostante i primi segnali di allentamento delle misure di restrizione e di un lento ritorno alla “normalità”, l’isolamento e la solitudine che ha coinvolto tanti di noi è una condizione preesistente ed amplificata dalla pandemia: chi era solo, lo è stato ancora di più.

Zygmut Bauman in “La solitudine del cittadino globale”, pubblicato nel 1999, ci raccontava come il mondo subisce la privazione della libertà attraverso la società globalizzata: “Se la noia e la monotonia pervadono le giornate di coloro che inseguono la sicurezza, l’insonnia e gli incubi infestano le notti di chi persegue la libertà. In entrambi i casi, la felicità va perduta.”

Siamo qui a leggere parole che appartengono ad un passato non molto lontano ma che oggi possiamo comprendere sicuramente meglio, perché descrivono la nuova quotidianità limitata e ci risultano familiari.

Un’insicurezza sociale in continua oscillazione tra bisogni e interessi che sono spesso contrapposti in uno spazio sociale dove risulta impervio trovare una soluzione di equilibrio definitiva. Da qui derivano i disordini sociali ma anche quelli psicologici che la situazione attuale sta evidenziando e che devono essere affrontati in qualche modo e per tempo. In questa crisi ci si continua a preoccupare principalmente del sistema produttivo, del commercio e delle sue conseguenze negative sull’economia, come se la vita fosse rinchiusa nel recinto del PIL e non anche il risultato di continue interazioni e scambi tra persone anche di tipo non economico. Favorire e valorizzare relazioni soddisfacenti perché disinteressate e non opportunistiche, orientate a uno scopo che sia anche quello dello stare bene insieme, al lavoro e fuori dal lavoro, è un impegno che riguarda tutti.

Per George Simmel, sociologo e filosofo tedesco, è il denaro la principale causa di spersonalizzazione e alienazione dell’uomo moderno nella sua vita individuale e sociale. Attraverso un’analisi che va dalla seconda metà del XVIII alla fine del XIX secolo, Simmel ha visto il passaggio da società relazionali, dove la coesione si basava sulla conoscenza personale reciproca e sul coinvolgimento nell’interazione di fattori emotivi, a società individualistiche, come la nostra di oggi, dove la coesione è basata sulla riconducibilità di qualunque valore al simbolo denaro, considerato come il nostro unico oggetto di desiderio.

Nonostante l’attenzione crescente per gli indicatori di benessere, in questo stato di emergenza ci sono solo casi isolati di cura e prevenzione per salvaguardare la salute mentale. Un esempio al riguardo è il Belgio dove è stata rilasciata un’applicazione che cerca di offrire aiuto psicologico alle persone anche a distanza, non solo quindi per controllare e bloccare eventuali infezioni da coronavirus. L’applicazione Everyone ok?, creata da Elke Van Hoof, (una psicologa clinica specializzata nei settori dello stress, del burn-out e del trauma), si basa su dei protocolli che vengono usati dagli psicologi per affrontare lo stress acuto in situazioni di crisi e per migliorare la capacità di recupero mentale.

Il giornale inglese di medicina The Lancet ha pubblicato i risultati di 24 studi sull’impatto psicologico della quarantena e non sorprende vedere le alte probabilità che le persone in questione sviluppino sintomi da stress e disturbi psicologici tra cui insonnia, ansia, irritabilità, depressione. Vige la paura di ammalarsi, di perdere i propri cari e affiorano le decadenti prospettive finanziarie, tutto questo conduce a problematiche non solo presenti ma anche future poiché la paura di contrarre il virus porterà ad alti livelli, di cui possiamo già vederne l’aumento, di assenteismo tra i lavoratori. Come ci si può preoccupare di economia senza prima occuparsi dello stato mentale di chi se ne occupa?

Secondo il giornale World Economic Forum, ci troviamo nel più grande esperimento psicologico che ci sia mai stato e non dovrebbero sorprendere i risultati pubblicati su The Lancet. Ci sono molti esempi che vanno dall’assenteismo nelle unità militari, dopo lo spiegamento in aree a rischio, in tante aziende statunitensi dopo l’11 settembre e tra professionisti medici nelle regioni con focolai di Ebola, SARS e MERS. In generale, sappiamo che i gruppi a rischio per problemi di salute mentale a lungo termine saranno gli operatori sanitari in prima linea, i giovani con meno di 30 anni i bambini, gli anziani e quelli in situazioni precarie, ad esempio a causa di malattie mentali, disabilità e povertà. Tutto ciò non dovrebbe sorprendere nessuno; intuizioni sul danno a lungo termine delle catastrofi sono state accettate nel campo della psicologia del trauma da decenni. Allora noi cosa stiamo aspettando per iniziare a porre rimedio allo stato mentale delle persone così da poter dare loro la forza di ricominciare?

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