La prima Costituzione paritaria del mondo potrebbe essere quella cilena. Nonostante i media mondiali e soprattutto europei quasi tacciano sull’argomento, in Cile da ottobre scorso ci sono forti scontri e proteste contro il governo di Sebastian Piñera, e quello di genere è stato un argomento di grande rilevanza: i carabineros e le forze dell’ordine cilene hanno represso duramente la popolazione, compiendo ripetutamente violazioni dei diritti umani. Sappiamo che numerosi organismi internazionali, tra cui Amnesty International, Human Rights Watch e non ultima l’ONU, hanno denunciato le violenze e gli abusi sessuali compiuti dalle forze dell’ordine: sono circa 700 i casi di presunta tortura e 166 le vittime di violenza sessuale sistematica. Questo dato non può essere ignorato ed anzi è particolarmente rilevante poiché, nelle proteste degli ultimi mesi in Cile, la questione di genere ha assunto un ruolo centrale. In riferimento agli abusi sessuali, una psicologa di Santiago ha testimoniato ad Al Jazeera che “tutte le donne che sono state arrestate sono state spogliate davanti ad agenti uomini, non di fronte a donne, come impone la legge […] e sono state minacciate di stupro di massa, e infine uccise”.
Nel processo costituente cileno, che porterà al referendum per cambiare la Costituzione del 1980, entra in gioco uno dei più famosi collettivi femministi che domina la scena cilena: “Las tesis”. Questo collettivo indipendente, fondato da quattro donne di Valparaíso provenienti dal mondo delle arti sceniche, prende tesi di autrici femministe e crea delle performance contro la violenza di genere, come il famoso flash-mob “Un violador en tu camino”, ripreso e messo in scena nelle piazze di tutto il mondo. Si è convertito infatti in un tormentone contro il femminicidio, di cui le donne cilene sono vittime da anni, ma in particolare dal 18 ottobre 2019.
Il collettivo si ispira in particolare alla tesi di un’antropologa argentina, Rita Segato, che nelle sue opere analizza le caratteristiche della volenza sessuale contro le donne, vedendo lo stupro come un imperativo del maschilismo fragile. É importante sottolineare che, molto più che in Europa, nei paesi latinoamericani il tema della violenza di genere è particolarmente sentito: si pensi che, solo nel 2018, più di 3.500 donne sono state assassinate per motivi di genere. A differenza di molti paesi europei però in America Latina gli assassini e le scomparse sono spesso causate dalla repressione governativa.
Ma quello de “Las Tesis” è solo l’inizio ed uno dei tanti esempi dei movimenti femministi che prevalgono in America Latina e che negli ultimi anni stanno prendendo voce, denunciando le discriminazioni, le torture e le violazioni cui le donne sono sottoposte. L’uguaglianza di genere rivendicata dalle donne cilene è sfociata nella creazione del primo partito femminista dell’America Latina: il PAF (Partito Alternativa Femminista). Il movimento si ispira all’antico Partido Femenino de Chile, fondato nel 1946, che lottava per l’uguaglianza di genere tra donne ed uomini, per leggi di protezione delle donne e per il diritto delle donne al voto. Dalle sue fila uscì la prima donna nella storia del Cile che riuscì ad arrivare in Senato: la scrittrice e giornalista María de la Cruz Toledo. Purtroppo poco dopo fu rimossa dall’incarico ed in seguito a questo evento il Partito iniziò a perdere popolarità, sciogliendosi nel 1954.
L’attuale partito PAF vuole quindi riprendere il discorso da dove era stato interrotto, essendo ovviamente cambiato il contesto storico e politico in cui il Paese si trova attualmente. Rosa Moreno Moore, direttrice di Greenpeace Cile e presidentessa del PAF, ha dichiarato che il partito vuole partecipare alla creazione della nuova Costituzione. Ed infatti, a sorpresa, il Parlamento cileno il 5 marzo scorso ha approvato la legge per garantire che la metà della probabile nuova assemblea costituente che si formerà per redigere la nuova Costituzione, ad ottobre 2020, sarà formata da donne. Cosa significa questo? Che i seggi del Parlamento saranno riservati per il 50% a sole donne, e questo traguardo rappresenterebbe il primo caso di Costituzione egualitaria al mondo.
La popolazione non si sente più rappresentata dal proprio governo e quindi è importante che la nuova Costituzione sia avvertita come legittima e condivisa da tutta la popolazione. La professoressa e coordinatrice della rete di politologhe dell’Università Cattolica di Santiago, Julieta Suárez, per questo nuovo patto sociale, ha analizzato le differenze di genere all’interno dei partiti, incluso Chile Vamos, di cui fa parte il presidente Piñera, notando che le donne tendono normalmente ad assumere posizioni meno estreme e categoriche degli uomini, cosa importante nel momento in cui si devono raggiungere accordi e negoziazioni.
Se pensiamo che in Italia, dalla nascita della nostra Costituzione al 2018, la percentuale di donne al governo e nelle istituzioni pubbliche è solo del 35% e che non abbiamo mai avuto una Presidente del Consiglio, capiamo bene che questo è un risultato rivoluzionario.
Intanto, mentre il Covid-19 iniziava a diffondersi anche in America Latina, l’8 marzo si è tenuta la manifestazione per la Festa della donna, che in Cile e soprattutto a Santiago assume un significato particolare, per l’allora imminente referendum costituzionale; quest’ultimo infatti avrebbe dovuto tenersi il 26 aprile ed è stato poi rinviato, a causa dell’emergenza sanitaria, al 25 ottobre 2020. Sono state migliaia le donne scese in strada per manifestare pacificamente, e la partecipazione è stata così numerosa e sentita che i media di tutto il mondo hanno posato gli occhi sulle donne cilene, partendo da Spagna, Inghilterra, Messico, Argentina, e perfino Stati Uniti.
Oltre alla politica, però, il movimento femminista si fa portavoce di altre iniziative, a favore dell’ambiente, della nazionalizzazione dell’acqua e del rispetto dei diritti umani e dei diritti delle popolazioni indigene. Il forte legame col territorio è presente in modo particolare in Cile, ma anche nella vicina Argentina: questo fattore di territorializzazione si lega a quello dell’auto-organizzazione collettiva: solo a novembre 2019 sono state registrate circa 120 assemblee territoriali nella sola città di Santiago. Incontri politici, ma anche in memoria delle donne assassinate, prigioniere, desaparecidas, indigene. Si sono create commissioni, gruppi di auto-difesa e di rete tra le varie associazioni femministe.
Nel clima attuale di preoccupazione ed immobilismo a causa del coronavirus, queste battaglie continuano ad essere portate avanti con dignità e determinazione anche laddove le condizioni logistiche lo impediscano. Il popolo cileno e i gruppi femministi stanno continuando a protestare, seppur dai balconi di casa, con i noti “cacerolazos“, che altro non sono che proteste fatte con rumorosi battiti di pentole uniti a discorsi e slogan. Potremmo dunque guardare al Cile non solo come luogo di interesse politico e sociale per la battaglia che il popolo sta combattendo per i propri diritti e per la propria dignità, ma anche per prendere esempio e spunto per il nostro sistema politico, ancora fortemente diseguale in termini di genere. E dunque concludo con uno slogan delle donne cilene che, riferendosi all’ambiente e alla loro battaglia, dicono: “Ni la tierra ni las mujeres somos territorios de conquista.” (“Nè la terra nè le donne sono territorio di conquista.”)