L’avvento del coronavirus sta sconvolgendo la vita di sempre più numerose popolazioni, europee e non: alla iniziale paura per la minaccia alla salute si è subito aggiunta, dopo le prime misure restrittive, lo sconcerto per le inevitabili conseguenze economiche che rischiano di compromettere il sistema produttivo globale.
Presa coscienza, dopo qualche giorno, della gravità della situazione si è aperto uno scontro tra i due “opposti allarmismi”: poco mancava che ci raggiungessero notizie del tipo: “Nella zona rossa sono risultate positive al test altre dodici piccole e medie imprese”; oppure: “Ci comunicano in questo momento il decesso di due medie imprese del Lodigiano che però erano sul mercato da oltre settant’anni ed avevano già da prima seri problemi finanziari”.
Dopo qualche incertezza ha avuto alla fine ragione, com’è giusto, l’esigenza di salvaguardare a tutti i costi la salute degli italiani e, quindi, ci tocca subire nell’intero territorio nazionale drastiche limitazioni alle consuete libertà personale, terminate le quali, non si sa quando, ci attende una recessione che si preannuncia inevitabile e disastrosa.
Ma, come capita spesso, anche nelle pieghe di una tragedia si possono scoprire dei lati “positivi”: come i farmaci hanno i loro effetti indesiderati e talvolta pericolosi, che noi definiamo, generosamente, collaterali, così il coronavirus può avere effetti collaterali di segno opposto e quindi, nel loro piccolo, apprezzabili.
In primo luogo c’è un salutare abbassamento dei toni della politica anche se non sono mancati alcuni degli abituali sforamenti soprattutto di Salvini ma anche della Meloni e di Di Maio. Nella sua rubrica quotidiana su “la Repubblica” dello scorso 7 marzo, Michele Serra, commentando l’arretramento della Lega nei recenti sondaggi, osservava come la cosa, effetto collaterale benefico della crisi virale, fosse dovuta alla perdita di visibilità di Salvini, sostituito dal coronavirus nel cono di luce dei media, ma soprattutto “alla perdita del monopolio della sua materia prima, che è la paura”.
In ogni caso non assisteremo per un bel po’ ai raduni oceanici che hanno accompagnato gli ultimi comizi populisti. Anche le piazze più grandi risulteranno semivuote, se si vorranno rispettare le distanze di sicurezza mentre in quelle più piccole sembrerà che stiano giocando ai “quattro cantoni”.
Ma soprattutto sono di fatto sospesi, almeno fino al 3 aprile, i prediletti selfie di Salvini. Perciò lo si vede così dimesso e perbenino: proprio mentre progettava, come ripiego, di farne qualcuno con i produttori di latte sardo o con i latifondisti calabresi, gli hanno interdetto anche il resto della penisola e le isole.
Altro vantaggio non trascurabile è l’allontanamento del pubblico plaudente dai cosiddetti programmi televisivi di approfondimento. Questa assenza consente forse di valutare con maggiore attenzione e senza il condizionamento del pubblico le affermazioni degli ospiti e la capacità del conduttore di contestare le falsità spesso in esse veicolate. Non sappiamo come passeranno i pomeriggi e le serate i componenti di questo pubblico, rimasti orfani della platea alla quale si offrivano per motivi tutti da indagare: voglia di apparire, simpatie personali per questa o quella conduttrice, gettone di presenza se previsto. Auguriamoci che stiano davanti al televisore (teatri e cinema sono chiusi) a vedere come gli approfondimenti si giovino della loro assenza.
Di grande rilievo è anche la decisione di disputare gli incontri di calcio a porte chiuse. Anche qui il pubblico ha sempre giocato un ruolo, positivo fino a qualche decennio fa, quando il massimo della violenza verbale da stadio si concretizzava nel mettere coralmente in dubbio la fedeltà della moglie dell’arbitro. Poi sono subentrate le tifoserie organizzate con i cori razzisti, le svastiche e le ingiurie a singoli calciatori di colore. E tuttavia non ci avrebbe sorpreso scoprire che, in vista dell’incontro H. Verona – Napoli del 13 marzo, poi rinviato, la tifoseria veronese, non potendo presenziare, avesse chiesto ai gestori dello stadio di diffondere con gli altoparlanti un po’ di cori inneggianti al Vesuvio, tanto per non far mancare la consueta atmosfera.
Cosa dire poi degli anziani? Mai ci saremmo immaginati che potessero diventare una specie protetta: si vede che è prevalso l’interesse alla tutela di una platea elettorale cara ai partiti tradizionali, invece che l’opportunità di realizzare, con l’aiuto del virus, consistenti risparmi nella spesa per le pensioni e per l’assistenza sanitaria. Ironia a parte, dobbiamo augurarci che il passaggio del coronavirus sia il più rapido possibile, consapevoli di ritrovare poi, oltre al previsto collasso della produzione, tutti i guasti preesistenti a partire dalla propaganda della destra sovranista che, prevediamo, sarà ancora più virulenta.