L’altra metà del cielo. Sotto l’ombra di Einstein?

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Foto Archivio Neiviller

È più facile spezzare un atomo

che un pregiudizio.

Albert Einstein

Il primo decennio del 1900, ricordato come la Belle Époque, termine nato in Francia, è segnato da un incredibile processo di sviluppo senza paragoni in tutta Europa. Le scoperte scientifiche accumulatesi nel secolo precedente trovano ampia e diffusa applicazione tecnologica ed industriale, portando grandi vantaggi e miglioramenti nello stile di vita di tutti i giorni: la messa a punto di sistemi per il trasporto a distanza dell’elettricità, associata allo sviluppo dei motori elettrici e dei sistemi di illuminazione, la lampadina, consentiranno la diffusione dell’illuminazione elettrica nelle strade e nelle case in città; si diffonderà il trasporto pubblico con i motori elettrici che permetteranno a tram, funicolari e funivie di rivoluzionare l’assetto delle grandi città. Poi il miglioramento dei motori a scoppio e la produzione industriale delle automobili, il cinema, e ancora, poco più tardi la radio e le trasmissioni regolari di musica e della voce umana. Tutto ciò permise il diffondersi di un senso di ottimismo e pace.

Dopo questo meraviglioso periodo si susseguirono le due grandi guerre, durante le quali però non mancarono menti brillanti tra cui Albert Einstein, un fisico tedesco che tutti conosciamo per la sua famosissima equazione dell’equivalenza massa-energia E=mc2. Il 1905 fu un anno di svolta nella vita di Einstein e nella storia della fisica, l’annus mirabilis, nel quale in sette mesi pubblicò sei lavori. Proprio l’estrema velocità con cui riuscì a terminare gli articoli su temi complicati, nonostante avesse un lavoro fisso all’ufficio brevetti, è stata messa in discussione sostenendo l’idea che fosse aiutato dalla moglie. Secondo il fisico Evan Harris Walker, Mileva Marić avrebbe partecipato alla stesura dei lavori sulla teoria della relatività (affermazione però contestata e mai accettata dagli storici della scienza più accreditati). Comunque siano andate le cose, le Nazioni Unite, l’11 febbraio, dedicano una Giornata Internazionale delle donne e delle ragazze nella Scienza, tra cui rientra a pieno titolo Mileva Marić, nonostante le burrascose vicende sentimentali che ne hanno offuscato la figura.

Mileva Marić (1875-1948) è stata una fisica serba e fu la prima moglie di Albert Einstein, oltre ad essere stata la prima donna ad aver studiato Fisica al Politecnico di Zurigo. Già nei suoi primi anni di scuola Mileva dimostrò di essere un’alunna con grandissime capacità. Il suo talento per la matematica non tardò a manifestarsi, oltre a ciò dimostrò un’insolita bravura nel disegno, nella musica e nella letteratura oltre a conoscere il serbo, il tedesco e poi il francese. La sua istruzione in Serbia procedette senza problemi ma quando a suo padre, militare di carriera, fu ordinato di trasferirsi a Zagabria, in Croazia, la giovane Mileva Marić fu costretta a seguire la famiglia a Zagabria e, nonostante l’ottima educazione e un’invidiabile carriera scolastica, riuscì a proseguire gli studi soltanto grazie al padre, il quale si rivolse al Ministero della Cultura della Duplice Monarchia con la preghiera che la figlia venisse ammessa al Grande Ginnasio Reale maschile di Zagabria. La richiesta fu accolta e, dopo aver superato l’esame di ammissione, venne ammessa per l’anno scolastico 1892/1893 e fu una delle prime ragazze a sedere alla pari con i colleghi maschi in un istituto superiore, fino ad allora esclusivamente maschile. In quegli anni Mileva maturò la decisione di proseguire e perfezionare la propria istruzione in Svizzera, dove alle donne era permesso andare all’Università. Nell’estate dell’anno 1896 Mileva superò l’esame di ammissione al Politecnico di Zurigo; l’esame consisteva in una prova di matematica e in una di geometria. Entrò nella sezione del dipartimento di matematica e fisica assieme ad altri quattro ragazzi, tra i quali c’era anche Albert Einstein; lei era l’unica donna presente, in totale fu la quinta fino ad allora a prendere parte a tale ciclo di studi dalla fondazione del Politecnico. La maggior parte delle informazioni di cui disponiamo al suo riguardo provengono dalle lettere che lei inviò ad Einstein. La stessa Radmila Milentijević, la realizzatrice di una delle biografie più complete della moglie di Einstein attualmente a disposizione, ammette che la grande riservatezza di Mileva e il suo totale disinteresse per gli avvenimenti mondani hanno reso difficile e quasi impossibile la ricostruzione di molti periodi della sua vita.

Agli esami finali al Politecnico, previsti per la fine del mese di luglio dell’anno 1900 (una parte scritta e una orale), Mileva fu l’unico membro del gruppo a non aver ottenuto i voti necessari per il conseguimento del diploma ma il fallimento non la fece tuttavia desistere e decise di ripetere la prova l’anno successivo. Anche al secondo tentativo non ottenne il punteggio minimo richiesto per la promozione; ad aggravare la sua situazione era stata anche la sua evidente gravidanza, giudicata negativamente dalla commissione esaminatrice. Impossibilitata dalle convenzioni e dai pregiudizi a diventare la moglie di Einstein, Mileva, ultimati i nove mesi di gravidanza, si trovò costretta a partorire di nascosto e ad affidare la neonata figlia Lieserl a una nutrice. Dopo aver lasciato sua figlia, Mileva fece ritorno in Svizzera, dove il 6 gennaio 1903 si sposò con Einstein. A partire dal 1903 Mileva Marić-Einstein decide di assistere suo marito nella carriera non solo per amore, ma anche per motivi di natura strettamente pratica.

Nell’ottobre del 1903 Albert Einstein e Mileva Marić si trasferirono in via Kramgrasse 49, nel cuore di Berna, dove ancora oggi si trova, perfettamente conservato, l’edificio dove la giovane coppia di fisici ha vissuto e che di recente è stato trasformato in un museo che porta il suo nome, Einsteinhaus. Siccome in quegli anni era un semplice impiegato statale che doveva recarsi al lavoro tutti i giorni, il tempo che Einstein poteva dedicare alla scienza era ridotto; per questo si ipotizza che fosse sua moglie Mileva ad occuparsi delle ricerche e del lavoro scientifico che lui non aveva il tempo materiale di fare.

La popolarità di Einstein continuava ad aumentare e lui iniziò ben presto ad essere ospite sempre più ricercato dei vari circoli culturali e scientifici praghesi ed europei. Le visite e i viaggi di Einstein cominciarono col tempo ad escludere gradualmente sua moglie. Nel 1912 il matrimonio di Albert Einstein e Mileva Marić iniziò a dare i primi segni di crisi; la situazione peggiorò ulteriormente quando la coppia si trasferì a Berlino. Qui Einstein iniziò una relazione extraconiugale con Elsa Löwenthal, sua cugina di primo grado. Da quanto è stato possibile ricostruire, risulta che Mileva Marić, dopo aver scoperto il tradimento e dopo una serie di conflitti che finirono con l’incrinare anche il rapporto di Albert Einstein con i suoi stessi figli, ricevette una lettera di condizioni che lei avrebbe dovuto accettare, se voleva salvare il loro matrimonio. Le condizioni che Albert Einstein decise di imporre a sua moglie, stando a ciò che attesta la studiosa Radmila Milentijević, erano un’umiliazione su tutta la linea, quindi la donna le respinse tutte e diede ufficialmente inizio alla procedura di divorzio. Nel 1921 l’Accademia Svedese delle Scienze conferì ad Albert Einstein il Premio Nobel per la Fisica. Il denaro del Premio Nobel avrebbe permesso ad Einstein di risolvere una volta per tutte i problemi legati al mantenimento dei figli e della ex moglie. La somma di denaro all’epoca ammontava a 121.572 corone svedesi, che corrispondeva al guadagno decennale di un docente universitario. In base agli accordi presi, il denaro sarebbe dovuto diventare proprietà di Mileva Marić che intendeva usarlo per comprare una abitazione propria in modo da liberarsi dalla condizione di affittuaria nella quale viveva da diverso tempo. Einstein si dichiarò favorevole all’idea e il denaro venne impiegato principalmente per comprare un intero edificio di appartamenti, in modo da garantire a Mileva e ai suoi figli un’abitazione, ma anche una fonte di entrate, rappresentata dagli altri appartamenti che in seguito vennero dati in affitto. Bisogna però precisare che, sebbene il denaro si trovasse su un conto bancario intestato a lei, Mileva poteva disporre solo di una percentuale, per il resto avrebbe sempre avuto bisogno del placet di Albert Einstein. In alcune lettere di Einstein scritte durante il suo anno mirabilis a Mileva, si utilizza il pronome personale al plurale “nostre”, come se le carte scritte fossero di entrambi: “The local Prof. Weber is very nice to me and shows interest in my investigations. I gave him our paper.” (Letter 107, page 171) (“Il professore locale Weber mi piace molto ed ha mostrato interesse nelle mie indagini. Ho dato a lui le nostre carte”). Alcuni studiosi tendono a interpretare questo uso del pronome plurale come un segno di trasporto affettuoso da parte di un marito innamorato, mentre altri fanno presente che questo pronome plurale non è utilizzato per tutti gli articoli e i progetti, ma solo per alcuni, e argomentano che Einstein lavorasse a diversi articoli contemporaneamente, di cui alcuni portati avanti in collaborazione con la moglie. In sintesi, la comunità scientifica è ancora oggi estremamente divisa sul ruolo e sui meriti da attribuire a Mileva Marić. Aleggia un alone di tristezza su questa coppia, alimentato da ombre non ancora illuminate, e che forse mai lo saranno. È certo che il “mitico” Einstein non eccelse nei rapporti affettivi con la famiglia, non con Mileva né con i figli allontanati dalla sua esistenza. Quello che ci preme sottolineare non è tanto stabilire quanto e quale sia stato il contributo di Milena alle scoperte scientifiche che hanno rivoluzionato la visione del mondo, era una scienziata le formule e i ragionamenti del grande fisico non le erano avulsi, ma il fatto che era una donna e nel conflitto nella incomprensione e nei pregiudizi ha dovuto soccombere, pagando un prezzo alto che alla grande Star non fu chiesto.

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