Le parole pronunciate da Sarri dopo la sconfitta della Juve a Napoli, ormai note a tutti i tifosi, meritano un commento anche da parte di chi non segue quotidianamente le vicende calcistiche né i retroscena portati di volta in volta alla ribalta dagli addetti ai lavori.
I concetti espressi da Sarri suonano inequivocabilmente come il riconoscimento che la sua esperienza partenopea non è stata dimenticata, neppure sotto il profilo umano. L’allusione poi alla speranza che la Juve torni al passato, sia come magliette che come rigori, rappresenta l’ammissione postuma che il “suo Napoli” uno scudetto lo avrebbe portato a casa, se le magliette fossero state cambiate già tre anni fa (cosa peraltro difficile dal momento che all’epoca l’unico concorrente della Juve era il Napoli, mentre oggi ci sono anche l’Inter e la Lazio).
Da questa amara constatazione nasce un interrogativo inquietante: se la Juve non avesse beneficiato della sudditanza, cui non solo Sarri ma anche e soprattutto il Presidente avevano a suo tempo alluso, il campionato 2017-18 lo avrebbe vinto il Napoli? La tifoseria napoletana tutta non gridò forse allo scandalo per la sottrazione di uno scudetto più che meritato, specie dopo la vittoria del Napoli a Torino?
Se questa interpretazione dei fatti è corretta, ne consegue che il Napoli ha virtualmente vinto quello scudetto. E allora quale genio della strategia calcistica, non solo sportiva ma anche imprenditoriale, può permettersi di fare andar via il perno intorno al quale la squadra ha così brillantemente operato, tanto da suscitare ammirazione anche oltre i confini nazionali? Invece di gettare nella polvere questo o quell’altro giocatore ignorando l’impegno profuso con ottimi risultati per anni e magari la difficoltà di adattarsi ai nuovi ed evanescenti schemi di un grande allenatore, che abbiamo per fortuna già dimenticato, i tifosi farebbero bene a ricordare il vecchio e infallibile detto di Vujadin Boskov “Squadra che vince non si cambia”. A partire dall’allenatore.