«Il grande tema dell’Educazione non ha niente a che fare con i diritti delle donne, o quelli degli uomini, ma con la crescita dell’animo e del corpo umano.» Elizabeth Blackwell (Study in Europe, cap. IV)
Le informazioni storiche sul movimento femminista sono ormai ampiamente disponibili ma, per colpevole disattenzione o per una tendenza alla semplificazione che rende più facile la strumentalizzazione politica, si preferisce ignorarne le mille connessioni con i processi e i cambiamenti sociali, il che rende necessario un lavoro di ricomposizione.
Se hanno un senso le datazioni storiche, è indubbio che la Rivoluzione Industriale che stravolgerà completamente lo stile di vita dell’uomo e il suo pensiero, fino a condizionarne in modo irreversibile il suo futuro, ha inizio tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. Un processo che solcherà gli Oceani passando dalla vecchia Europa al Nord America. Si assiste a un intenso spostamento di persone dalla campagna alle periferie della città dove sorgono le fabbriche che hanno necessità di forza lavoro: nasce e si sviluppa, insieme alla produzione industriale, il “mercato del lavoro”. Nuove e immense ricchezze si accumulano e si determinano nuove e immense miserie e povertà. Donne e bambini si ritrovarono a lavorare accanto agli uomini, creandosi cosi una concorrenza fra loro: vendono l’unica cosa più preziosa che possiedono, la forza fisica. Le donne, oltre al lavoro scarsamente retribuito e condotto in condizioni ai limiti della sopportazione, dovranno continuare a sobbarcarsi quello della casa e della famiglia, questo solo per le povere “donne del popolo”, per le altre, appartenenti a famiglie agiate nobili e borghesi, il lavoro è escluso dalle loro vite: vezzeggiate e curate come ninnoli le loro uniche e principali occupazioni, coadiuvate dalla servitù, erano la gestione della casa, l’organizzazione di balli, ricevimenti e inviti a pranzo, suonare uno strumento, cantare, ricamare e sposarsi sovente senza amore; non sempre felici, subordinate e non libere di scegliere il proprio destino, non erano però schiantate dalle fatiche e dagli stenti come le loro coetanee.
All’epoca l’istruzione delle donne era osteggiata, l’opinione dominante era quella di considerarla dannosa per la società: le ragazze non erano adatte agli studi che intraprendevano i ragazzi. Idea questa espressa nel 1870 da Edward H. Clarke, professore di medicina all’università di Harvard, nel libro “Sex in Education o A Fair chance for the Girls”, accompagnata da considerazioni sprezzanti: «le ragazze sono dotate di “cervelli mostruosi e corpi deboli,” – capaci solo di – “attività cerebrale abnormemente attiva, digestione difettosa, pensiero sfuggente e intestino costipato.»
Tuttavia, alcune attiviste per i diritti delle donne che hanno combattuto per l’uguaglianza nell’istruzione, si ribellarono a questa visione arrogante e incongruente sulle donne. Tra queste Elizabeth Blackwell (1821-1910) e Mary Putnam Jacobi (1842-1906), brillanti pioniere spalancarono le porte degli studi medici a tutte le donne del mondo.
Elizabeth Blackwell, nata a Londra, fu la prima donna degli Stati Uniti d’America a laurearsi in medicina nel 1849. Il suo percorso, ricostruito tramite la sua autobiografia, iniziò insegnando musica e a leggere e a scrivere agli schiavi, mentre nel tempo libero leggeva libri di medicina. Provò ad accedere ai college di Philadelphia, ma ottenne solo esiti negativi. Tra le lettere di diniego ricevute ci fu quella del Dr Joseph Warrington, Philadelphia: «Dovresti convincerti che, come credo anch’io, la donna sia stata inventata per essere il braccio destro dell’uomo[…]e che quindi sia naturale che gli uomini siano dottori e le donne infermiere». Imperterrita, ogni rifiuto le dava la forza di insistere e di continuare a mandare lettere a tutti i college. Il 20 ottobre 1847 fu ammessa al Geneva Medical Istitute di New York e si laureò il 23 gennaio 1849. Nel 1854 apre insieme alla sorella il primo ospedale, nonché college femminile, condotto interamente da donne: The New York Infirmary for Women and Children, in un palazzo situato a Bleecker Street, n°64. Che ragazzi e ragazze dovessero affrontare gli studi insieme restava sempre la sua idea, ma all’epoca la maggioranza dei college era prettamente maschile, perciò era necessario costruire un istituto femminile. Ritornata nel suo paese natale riuscì ad entrare il 1º gennaio del 1859 come medico all’albo d’Inghilterra, ottenendo una vittoria anche nel suo luogo nativo, dove accetta anche la cattedra di ginecologia alla London School of Medicine for Women. Durante questo periodo di insegnamento si rende conto della scarsa conoscenza sulle malattie veneree trasmesse sessualmente e a tal proposito propone un saggio, anche se un’opera con tali contenuti non era abbastanza gradita all’epoca, fu scritta a più mani e pubblicata con il nome di The Moral Education of the Young, considered under Medical and Social Aspects. «I medici sanno che il nucleo familiare è il primo essenziale elemento di una società progressista. La degenerazione di quell’elemento a causa della degradazione di una delle due figure principali, l’uomo o la donna, sarebbe la rovina dello stato».
Mary Putnam Jacobi, nata a Londra e cresciuta a New York, fu un punto di riferimento per le donne medico insieme a Elizabeth Blackwell e altre donne dell’epoca, favorendo con il loro impegno il varo femminile in campo scientifico e soprattutto medico. Nel 1863 si diplomò in Farmacia e successivamente ottenne la laurea in medicina al Women’s Medical College in Pennsylvania. Il suo desiderio era quello di diventare membro della New York Academy of Medicine, più facile a dirsi che a farsi, ma grazie anche all’aiuto del marito, anche lui medico pediatra, riuscì a diventare la prima donna della società medica. Con caparbio e vigoroso impegno riuscì ad ottenere numerose vittorie per le donne. Oltre l’enorme fama come medico Mary aveva anche la passione della scrittura, pubblicò 9 libri e 120 articoli scientifici. Il suo saggio più importante “La questione del riposo per le donne durante la mestruazione”, con il quale ottenne il premio Boylston dell’università di Harvard, confutò scientificamente l’idea dell’incapacità della donna di poter ottenere posti di responsabilità all’interno delle cliniche. Questo saggio fu scritto proprio per controbattere al saggio di Edward H. Clark e alle sue infondate idee sessiste, che sostenevano l’argomento biologico secondo cui il ciclo mestruale impedirebbe alle donne di fare un lavoro impegnativo. Per invalidare tale tesi la Jacobi reagì da vera scienziata, utilizzò dati statistici corredati di tabelle, tracciati sfigmografici della frequenza del polso per illustrare la stabilità della salute della donna, la forza e l’agilità anche durante il ciclo mestruale. Mary riuscì ad ottenere prove inconfutabili sulla sua posizione, dimostrando l’infondatezza dell’l’idea discriminatoria nei confronti delle donne, che vietava il loro accesso agli studi superiori: l’istruzione non doveva essere differenziata in base al sesso, ragazzi e ragazze dovevano avere un’educazione mista così da poter facilitare gli scambi culturali fra loro. Concluse il suo lavoro asserendo che: “le donne erano più sane proprio quando erano istruite, impegnate mentalmente e fisicamente attive”. Durante la fine dell’Ottocento si registrò un incredibile incremento di donne medico, molte vennero inserite nel mondo del lavoro sia come clinici che come docenti nelle università. Mary Putnam Jacobi e altre pioniere riuscirono nella loro missione: dai primi anni del Novecento aprirono la strada ad una società americana senza più discriminazioni sulle donne e a privilegi per gli uomini. Queste donne spianarono la strada alle future generazioni di scienziate, abbatterono barriere e steccati costruiti intorno alla scienza considerata un recinto privilegiato e solo per uomini.
Questo è avvenuto in quell’America che dalle sue stesse contraddizioni ha saputo rinnovarsi con una velocità e una forza sconosciute nella vecchia Europa. La battaglia di Mary Putnam Jacobi e di Elizabeth Blackwell è stata parte di quel movimento femminista che negli Stati Uniti d’America si pose il problema di combattere le ingiustizie su tutti i fronti. Non a caso il primo congresso sui diritti delle donne, la Convenzione di Seneca Falls, è stata preceduta dalla Anti-Slavery Convention of American Women (Congresso anti-schiavitù delle donne americane), tenutasi a New York nel 1837, in cui furono discusse le questioni relative ai diritti delle donne, in particolare quelle afro-americane.