A.A.A. … Statista cercasi

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In questo nostro mondo malconcio e disastrato vanno di continuo scomparendo, come è noto, numerose specie animali, perfino alcune che non erano state ancora classificate. Questa perdita di diversità – e di vita – è una vera e propria catastrofe, della quale non sembra che l’umanità in genere si preoccupi troppo, sfortunatamente. Fra le specie animali ormai estinte da millenni, la più nota è certamente quella dei dinosauri, che hanno calpestato il suolo del pianeta per 150 milioni di anni (basti pensare che i primi ominidi ne hanno solo un milione, di anni!). C’è, però, un’altra specie che è estinta o è in via di estinzione, e di questa sparizione non possiamo che dolerci, perché riguarda tutti noi. Si tratta della specie Homo Politicus, alla quale sono affidate le sorti delle nazioni e dalla quale dipende il nostro futuro. Nel parlare di questa estinzione, al cui posto è subentrata una sottospecie, molto “sotto”, di homo politicus, colgo l’occasione di un recente articolo del nostro Elio Mottola, per fare riferimento ad un politico di destra, il sindaco di Terni, tale Stefano Bandecchi, del quale Mottola con fine umorismo mette in luce alcuni aspetti del suo comportamento istituzionale, che sinceramente fanno rabbrividire e, come è riportato in un articolo dell’inserto “7” del Corriere della Sera del 27 settembre scorso, nel corso di un acceso consiglio comunale, questo individuo “carica come un bufalo e cerca di schiacciare i suoi avversari; poi scende dai suoi uffici e sputa in faccia a un cittadino colpevole di averlo criticato. Bandecchi è quello che una mattina, ad Agorà, su Rai3, polemizza con la deputata grillina, Anna Laura Orrico, hanno vedute diverse, e così lui sentenzia: «La signora va abbattuta». Pochi giorni dopo, dibattito in aula sulla «violenza di genere». Allora interviene, e ringhia definitivo: «Cari signori, diciamoci la verità: un uomo normale, guarda il culo di una bella donna e, forse, ci prova pure. Poi, se gli riesce, beh, se la tromba…»”.

Ciò che colpisce maggiormente in questa angosciante vicenda non è tanto, o solo, il turpiloquio e la scompostezza di un primo cittadino, ma l’assoluto e assordante silenzio sia dei quadri del suo partito, che della Presidenza del consiglio. Mi chiedo soltanto: se fosse stato un sindaco di “sinistra”, come avrebbe reagito la destra di governo? D’altra parte siamo ormai abituati a gesti scomposti, intemperanze verbali e magre figure riguardanti anche la scarsissima erudizione di chi ci governa e dei suoi accoliti, oltre che del personale politico attuale.

Situazioni del genere, che trovano il contraltare ovunque nel mondo occidentale, come è chiaramente evidenziato dalla figura dell’aspirante presidente degli Stati Uniti, una sorta di Bandecchi d’oltre oceano, non possono che farci rimpiangere acutamente la figura di un grande uomo del XX secolo che fu, lui veramente, un grande statista, degno degli onori che gli furono tributati in vita, e anche dopo. Stiamo parlando di sir Winston Churchill, un gigante della storia moderna, al quale dobbiamo la salvezza dalla barbarie nazista e la sopravvivenza della democrazia, nel suo paese e nel resto del mondo. Churchill non era un uomo mite, era anzi irruento e sanguigno; a lui dobbiamo alcune celebri frasi che sono ormai entrate da tempo nel lessico comune: “L’ora più buia” (dalla quale è stato tratto uno splendido film), “Sudore, lacrime e sangue” (parlando del costo della sua determinazione a sconfiggere Hitler), “Una cortina di ferro è scesa da Stettino a Trieste”, che per decenni stette a indicare la linea di separazione del mondo occidentale da quello sovietico, che caratterizzò il periodo della cosiddetta “guerra fredda”. E, se vogliamo sentirgli pronunciare una frase “forte”, possiamo riferire ciò che egli disse al suo collega e primo ministro Neville Chamberlain all’indomani del Patto di Monaco del 1938, quando l’allora premier britannico cedette alle richieste del Führer di annettersi i Sudeti della Cecoslovacchia, e nella quale occasione Churchill, in pubblico, gli disse: “Potevi scegliere fra il disonore e la guerra, hai scelto il disonore e avrai la guerra”. Parole pesantissime, ma pienamente motivate, in particolar modo da un uomo come sir Winston che non aveva mai ceduto di fronte a niente, e la cui frase identitaria strategica e universale è composta da sei parole: “We never, never, never give up”. Non ci arrenderemo mai! A queste icastiche parole era giunto dopo aver pronunciato il suo più famoso discorso del 18 giugno 1940: “Combatteremo in Francia, combatteremo sui mari e gli oceani; combatteremo con crescente fiducia e crescente forza nell’aria. Difenderemo la nostra isola qualunque possa esserne il costo. Combatteremo sulle spiagge, combatteremo sui luoghi di sbarco, nei campi nelle strade e nelle montagne. Non ci arrenderemo mai, e persino se – ciò che io non credo neanche per un momento – questa isola od una larga parte di essa fossero asservite ed affamate, in quel caso il nostro Impero, oltre i mari, armato e vigilato dalla Flotta britannica, condurrà avanti la lotta sinché, quando Dio voglia, il Nuovo Mondo, con tutte le sue risorse e la sua potenza, non venga avanti alla liberazione ed al salvataggio del Vecchio Mondo».

Churchill era solo un uomo, ma in lui risiedevano molte anime e molti personaggi. Egli fu “un politico, sportivo, artista, storico, parlamentare, giornalista, saggista, giocatore, soldato, corrispondente di guerra, avventuriero, patriota, internazionalista, sognatore, pragmatico, stratega, sionista, imperialista, monarchico, democratico, egocentrico, edonista e romantico” come scrisse di lui un suo biografo (la Repubblica, Robinson, 29 settembre 2024). E, per chi volesse apprendere di più sulla vita e sulla carriera politica di quest’uomo straordinario, potrebbe leggere la sua più completa biografia in Churchill, di Andrew Roberts, UTET, 2018. 1.400 pagine.

Churchill era anche un uomo di profonda cultura e il suo principale interesse era la storia, e così, fin dalla sua prima giovinezza, cominciò a studiarla sistematicamente leggendo e rileggendo Storia della decadenza e caduta dell’impero romano, di Edward Gibbon, e la Storia d’Inghilterra di Macaulay. E poi Schopenhauer, Darwin, Malthus, e soprattutto Keats e William Blake, che insieme a Cicerone, Virgilio e Shakespeare avrebbero sempre fatto parte della sua sterminata biblioteca mentale, dalla quale attingeva la line to take (la linea da seguire) ogni volta che gli serviva. Ma, più di ogni cosa, Churchill fu uno statista e uno scrittore, l’unico uomo politico a essere insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1953. Tra le sue opere più famose ricordiamo in particolare la monumentale The Second World War (La Seconda Guerra Mondiale), costituita da sei volumi di memorie sul secondo conflitto mondiale, in cui mescola l’affresco storico-politico all’esperienza autobiografica. Mi permetto di suggerirne la lettura, perché quel passato, descritto magistralmente, influisce ancora sul nostro presente.

Se, di fronte a un personaggio del genere, dobbiamo confessare di nutrire contemporaneamente nostalgia e invidia, è perché il suo stampo si è ormai definitivamente perduto. Churchill faceva parte di quella schiera di uomini politici, ormai quasi scomparsa, che possono essere definiti, con buona ragione, degli Statisti. E che differenza vi è fra uno statista e un politicante, come quelli che affollano i parlamenti del mondo occidentale? È semplice: un politicante va al potere e governa in rappresentanza di un partito, del SUO partito, al quale deve rendere conto in tutte le sue scelte se vuole mantenere la poltrona. Lo statista, invece non rappresenta un partito, rappresenta e serve lo Stato, è al suo servizio e non a quello di una congrega di burattini che sgomitano pretendendo prebende e onori che non hanno mai meritato. È lo Stato la sua Stella Polare. A noi importa poco sapere se Winston Churchill fosse un conservatore o un laburista, perché lui non rappresentava un partito, ci basta sapere che egli rappresentava la sovranità dello Stato, e lo Stato è al di sopra dei partiti perché deve aver cura dell’intera nazione, nell’assoluta terzietà, a fronte delle battaglie politiche partigiane tese esclusivamente ad assicurarsi un seggio, che rendono le elezioni di oggi dei pietosi spot pubblicitari, degni di coloro che ad essi si affidano. Sono i vari Bandecchi quelli che oggi – purtroppo – ci rappresentano (vedi, per esempio, il “cazzaro verde”, Salvini) e non i Churchill, sebbene, da una capatina in casa nostra, anche in essa troviamo nomi degni di rispetto come i De Gasperi, i De Nicola, gli Einaudi o i Croce; tutti statisti (e anche storici) di vaglia, le cui opere letterarie dovrebbero riempire gli scaffali delle nostre biblioteche, lasciate desolatamente vuote dall’attuale personale politico, se non per qualche libello anodino di nessun valore.

Ritengo che, al riguardo, sia opportuno un inciso, e cioè che se Churchill fu il grande uomo che fu, portando il suo paese alla vittoria, lo dovette anche alla risolutezza e alla tenacia del popolo britannico che, nell’ora più buia, ascoltò in lui la voce della nazione, l’uomo risoluto ma fiducioso nel futuro della democrazia, attorno a cui si strinse un’intera comunità, e forse un intero continente. Un popolo di cittadini e non di servi. Un popolo davanti al quale nessun Duce o Führer si affacciava al balcone arringando le folle di beoti, per sentire le ovazioni osannanti del suo “gregge”, pronto a rinnegarlo in caso di sconfitta. Churchill, senza ricorrere alla vieta retorica, incarnò i valori delle democrazie che non si arrendono; fu anche un formidabile oratore, interprete fedele della parabola aristotelica che stabilisce un equilibrio preciso fra emozioni e logica per illustrare i contenuti.

Nell’«ora più buia» oggi l’Europa ci si ritrova nuovamente, ma purtroppo senza un Churchill che la guidi. Le recenti elezioni in Italia, in Francia, in Germania, in Austria hanno mostrato che molti cittadini di quei paesi non hanno tratto la minima lezione dal passato; un passato relativamente recente, e si affidano nuovamente alle sirene dell’ideologia fascio-nazista, del partitismo divisivo, delle conventicole, dei vantaggi personali, dei capipopolo e dei capibastone. Guardando i componenti della nostra classe politica cascano le braccia: anni luce li dividono anche dalla metà di un uomo come Churchill e il quadro politico europeo attuale non ci fa assolutamente sperare per il meglio. Quanto ci mancano il pensiero e l’azione di un uomo come lui in questo momento così tragico! Possiamo esser certi che si sarebbe opposto con ogni mezzo all’aggressione dell’Ucraina da parte di Putin, e che starebbe al fianco d’Israele, ma dell’Israele che conobbe lui e non quello di Netanyahu. Possiamo solo immaginare le sue posizioni. Dalla crisi in medio oriente alla guerra in Ucraina, avrebbe cavalcato la storia seguendo le lezioni degli antichi. Farewell, sir Winston!

2 commenti su “A.A.A. … Statista cercasi”

  1. Elio Mottola

    Peccato che nella puntuale elencazione degli statisti nostrani contenuta nel bel lavoro dell’amico Sergio Pollina gli sia sfuggito l’ormai conclamato Berlusconi.

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