Sulla tolleranza

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Tolleranza, dal latino tolerantia, è la capacità o la disposizione a sopportare o a tollerare, senza esserne danneggiati, qualcosa che di per sé potrebbe essere spiacevole o dannosa. Sebbene essa non faccia parte delle virtù teologali né di quelle cardinali, ritengo che a pieno titolo essa possa esservi iscritta, in quanto la tolleranza è quella disposizione d’animo, quel tratto della natura umana che consente agli uomini di vivere insieme e di progredire, nonostante le differenti caratteristiche di ciascuno, a volte estremamente marcate. Si potrebbe dire che la tolleranza è una sorta di lima che aiuta a spianare le asperità del carattere individuale, consentendogli di accettare senza attriti le differenze, a volte profonde, che ci dividono gli uni dagli altri. Possiamo benissimo inserirla nel quadro più ampio di altre virtù essenziali per la convivenza umana, quali la giustizia, il coraggio, la temperanza, la liberalità, la magnificenza, la magnanimità, la mansuetudine, insieme alla pazienza, che è definita “la virtù dei forti”.

La tolleranza è una componente fondamentale di ogni società umana, tanto è vero che ad essa hanno dedicato scritti immortali John Locke (Scritti sulla tolleranza, 1689), Voltaire (Trattato sulla tolleranza, 1764), Pierre Bayle, (De la tolérance, 1686). La differenza tra i tempi in cui vissero e scrissero questi giganti del pensiero e i nostri è che allora la tolleranza aveva a che fare principalmente con il tema della religione e della tolleranza religiosa, mentre oggi la situazione è profondamente cambiata, anche se non è assolutamente cambiata la necessità dell’esercizio di tale virtù nel mondo lacerato e dilaniato in cui noi oggi viviamo. È una virtù che, se esercitata, non può essere disgiunta dalla sua consorella, la solidarietà. È implicito che tolleranza e solidarietà non possono essere esercitate selettivamente, ma nei confronti di chiunque faccia parte della famiglia umana, senza distinzioni di razza, censo, etnia, stato sociale, sesso e così via. Il solidarismo è quindi il mezzo per radicare la Repubblica dotandola di una nuova legittimità. La solidarietà, dunque, come “sentiment républicain” è il solo che può dare alla Repubblica radici profonde (Jacques Chevallier e Dominique Cochart, Présentation, in Jacques Levallier, La solidarité: un sentiment republicain?). Che le religioni, e la religione cristiana in particolare, siano state le più acerrime nemiche della tolleranza, lo chiarisce in modo esemplare e drammatico Voltaire che nel suo Trattato, scrive: “É allora la stessa storia del cristianesimo, intessuta di eresie e di riforme, di persecuzioni e di guerre, a porre questa religione in una tradizione di violenza, di superstizioni e di crudeltà inaudite, testimoniata dalle uccisioni e dai roghi di valdesi, albigesi, ussiti e di numerose altre sette protestanti. In tal modo una religione che doveva predicare amore e comprensione si è trasformata nel suo opposto: lo dico con orrore, ma è cosa vera: siamo noi, cristiani, noi che siamo stati persecutori, carnefici, assassini! E di chi? Dei nostri fratelli. Siamo noi che abbiamo distrutto cento città, con in mano il crocifisso o la Bibbia, e che non abbiamo smesso di spargere sangue e di accendere roghi”.

Qualcuno potrebbe dire che tutto questo appartiene al passato e che oggi nessuno brandisce più il crocifisso o la Bibbia come un’arma. Ma è veramente così? Tristemente, dobbiamo contraddire con vigore chi la pensasse in tal modo. In Italia, proprio sotto i nostri occhi, sta evolvendo un fenomeno, che trova sempre più seguaci e fanatici aderenti, e questo, in particolare, da quando la destra è al potere. Non dimentichiamo che l’intolleranza è proprio una delle caratteristiche delle destre di tutto il mondo; vedi per esempio i repubblicani di Trump nei confronti degli immigrati e dei “diversi”, o gli estimatori e seguaci del nuovo fenomeno della destra italiana che si chiama Vannacci. Un individuo che è la plastica rappresentazione di tutto ciò che l’Italia non dovrebbe essere, le cui stesse opinioni mostrano quanto egli sia sideralmente lontano dalla virtù della tolleranza: «Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione! La normalità è l’eterosessualità. Se a voi tutto sembra normale, invece, è colpa delle trame della lobby gay internazionale che ha vietato termini che fino a pochi anni fa erano nei nostri dizionari: pederasta, invertito, frocio, ricchione, buliccio, femminiello, bardassa, checca, omofilo, uranista, culattone che sono ormai termini da tribunale … Vogliono destrutturare la società, perché una società destrutturata è più facile da guidare. Vogliono sfasciare la famiglia, anche perché i singoli individui consumano di più…». Ma vogliono chi? «I gruppi di potere. Le lobby. I gruppi di pressione sui vari temi, dai gay all’ideologia green. Ma se abbattiamo le statue di Cristoforo Colombo, se ci vergogniamo delle nostre radici, dei nostri eroi, della nostra identità, addirittura del nostro progresso demonizzato come inquinante, saremo spazzati via. L’Occidente sarà sopraffatto. Perché il resto del mondo, la Russia, la Cina, il mondo arabo, va nella direzione opposta … Che piaccia o no, non nasciamo uguali su questa terra e quindi chi arriva in Italia dovrebbe ringraziare immensamente per la compassione e la generosità. Paola Egonu è italiana di cittadinanza, ma è evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità … Credo che [l’aborto] sia un’infelice necessità alla quale le donne sono costrette a ricorrere. Non credo che sia un diritto. Sono contrario. Si devono trovare tutte le soluzioni alternative che possano spingere e convincere la donna a non abortire. Fermo restando che la scelta resta in mano alla donna. I Pro vita nei consultori? Favorevole, certo. Va offerta qualunque alternativa all’aborto” (Francesco Maselli su Le Grand Continent). Non pago di queste assurdità e bestemmie laiche, il Nostro ha reso noto anche il suo pensiero intollerante su altri aspetti della convivenza umana e civile. Egli infatti auspica: «classi separate per disabili, la rivalutazione del regime fascista e di Mussolini definito “statista”, e la rivendicazione di un diritto all’odio contro i musulmani». E se vi è un motivo di orgoglio da lui rivendicato, esso è quello di avere “gocce di sangue di Enea, Romolo, Giulio Cesare, Mazzini e Garibaldi nelle mie vene”. E questo è il suo modo di resistere a “un lavaggio del cervello da parte di chi vorrebbe favorire l’eliminazione di tutte le differenze, comprese quelle tra etnie, per non chiamarle razze”.

La tolleranza è pacifica, l’intolleranza non lo è. E da questo perfetto esempio di intolleranza apprendiamo che “rivendico a gran voce anche il diritto all’odio e al disprezzo e a poterli manifestare liberamente nei toni e nelle maniere dovute”. A queste parole, pericolosissime, hanno fortunatamente fatto seguito quelle del nostro presidente, Sergio Mattarella: “La nostra costituzione nasce per superare, per espellere, l’odio, come misura dei rapporti umani. Quell’odio che la civiltà umana ci chiede di sconfiggere nelle relazioni tra le persone; sanzionandone, severamente, i comportamenti, creando, così, le basi delle regole della nostra convivenza … I principi di eguaglianza e non discriminazione, sanciti dalla nostra Costituzione, sono un presupposto imprescindibile per il progresso di qualsiasi società democratica e per la piena realizzazione di ogni persona umana. Sono più di sessanta i Paesi nel mondo in cui l’omosessualità viene punita con la reclusione, in alcuni ancora si rischia persino la pena di morte. L’intolleranza per il diverso, l’indifferenza di fronte alle compressioni delle altrui libertà, costituiscono lacerazioni alla convivenza democratica”.

Le parole di Vannacci rappresentano la quintessenza dell’intolleranza e del pregiudizio da parte di chi si proclama tanto cristiano che vorrebbe che nella bandiera europea fosse inserita la croce per richiamare le sue origini cristiane, e così segue le orme del suo méntore, Salvini, noto per le sue sparate devozionali con il rosario che esibisce ad ogni pie’ sospinto, tanto che persino la Chiesa ha condannato il suo esibito fanatismo religioso: «l’arcivescovo-teologo Bruno Forte, chiamato da papa Francesco a segretario speciale degli ultimi sinodi, censura il gesto del vicepremier che “così ferisce i credenti, non difende la Chiesa”, perché “un conto è la fede, che si difende da se stessa e certo non ha bisogno di Salvini per essere difesa. Altro è usare un simbolo sacro a favore della propria parte politica». Detto in altri termini, questo personaggio e il governo che lo sostiene (almeno parte d’esso) stanno avviandosi a divenire una sorta di Stato etico e, come scrive Mattia Feltri, direttore di HuffPost: “La politica ha spesso questa pretesa, ma il governo attuale, incapace di andare oltre una dialettica bello/brutto, buono/cattivo, amico/nemico, ne ha fatto la bandiera issata più in alto. L’ultima proposta di legge, pensata per punire chi, nelle challenge nate sui social, mette a repentaglio l’altrui e la propria incolumità, ne è un capolavoro. Chi mette a repentaglio l’altrui incolumità è già punito, chi mette a repentaglio la propria non potrà mai esserlo: nessuno può essere processato e condannato per avere fatto male a sé stesso. Invece questo governo pensa sia possibile perché pensa di essere proprietario dell’etica dei cittadini e persino dei loro corpi. Hanno il pensiero degli ayatollah – sebbene meno strutturato – e nemmeno lo sanno. È sbalorditivo”. Sbalorditivo, ma poi non tanto se si tiene conto del curriculum fidei di Salvini che, nel corso di un comizio, ebbe la sfrontatezza di dire senza minimamente vergognarsene: “Affido la mia e la vostra vita (esclusa quella degli immigrati, n.d.a.) al cuore immacolato di Maria che sono sicuro che ci porterà alla vittoria”. E così anche la Madonna fu imbarcata sul Carroccio. In altri tempi – fortunatamente non nei nostri – qualcuno avrebbe poi testimoniato di aver visto un fulmine abbattersi sul blasfemo, incenerendolo!

Fra le iniziative che mettono più a rischio la solidarietà e di conseguenza anche la tolleranza, vi è quella che Achille Aveta ha di recente – e brillantemente – così chiosato: “In effetti, le iniziative delle Regioni e del Comitato promotore del referendum sull’autonomia differenziata sono finalizzate a neutralizzare una norma che, di fatto, spaccherà l’Italia in tante piccole patrie, aumenterà i divari territoriali e peggiorerà le già insopportabili disuguaglianze sociali”. In poche parole viene meno il concetto di solidarietà a fronte di quello della disuguaglianza. Dicevamo dell’idea di inserire una croce nella bandiera europea. Sarebbe un altro sciagurato tassello nella costruzione dell’intolleranza che in modo evidente serpeggia anche nelle nazioni di più forte fede democratica e che si manifesta sempre più apertamente con un antisemitismo vieppiù insopportabile. La bandiera rappresenta l’Europa e tutti coloro che la abitano, non solo i cristiani, ma anche gli ebrei, gli islamici, gli agnostici e gli atei; “confessionalizzarla” con un simbolo religioso sarebbe sminuirla e privarla della sua terzietà nei confronti degli intimi sentimenti dei suoi cittadini, renderla di parte, e quindi non più la bandiera europea, ma la bandiera confessionale europea. Mi permetto di chiudere parafrasando una celeberrima frase che costituisce il titolo di una preziosa opera di Gramsci, “Odio gli indifferenti”, per farla mia trasformandola in “Odio gli intolleranti”.

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