Decadenza

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Una delle opere più interessanti sulla storia dell’impero romano è certamente quella di Edward Gibbon, autore de Storia della decadenza e caduta dell’impero romano (Einaudi, 1967, 1987). Di quel prestigioso e invincibile impero, con il trascorrere dei secoli, non è rimasto quasi nulla, se non una vastissima testimonianza archeologica, a conferma della grandezza di quegli uomini che diedero lustro all’Italia e alla Roma di quel tempo. Oggi gli unici discendenti di quell’impero a chiamarsi romani sono solo gli abitanti della Capitale e, segnatamente, gli abitanti dei quartieri della Garbatella e di Colle Oppio. Alcuni di essi sono fortemente nostalgici del passato, ma non di un passato così remoto come quello dei Cesari, bensì di uno un po’ più recente, e che hanno trasferito quei ricordi di grandezza ad un periodo in cui sembrava che potessero rinascere la gloria e i fasti di quell’antico impero. Non per nulla, dopo guerre coloniali di occupazione e di sterminio, l’allora Re d’Italia, Vittorio Emanuele III, ricevette l’appellativo di Re e Imperatore. Ma nemmeno a quell’illustre personaggio gli abitanti di quei quartieri attribuivano, e attribuiscono, la rinascita dell’orgoglio nazionale, aiutata dal rispolvero di antichi simboli della “romanità”, come il Fascio Littorio e l’attributo “Dux” all’artefice di quella rinascita. Sì, è a lui che ci stiamo riferendo, al “Duce” del Fascismo, la cui fiamma arde perennemente nel simbolo del Movimento Sociale, “papà” dei Fratelli d’Italia e della loro “splendida gioventù”, come l’ha definita l’attuale Capo del governo. Che quella fiamma arda perennemente nei cuori dei “figli della lupa” e sia sempre più alimentata, ne abbiamo avuto la conferma in questi giorni, nella ricorrenza del tragico 2 agosto 1980 e nelle polemiche assurde che ne sono scaturite. Ciò che ha colpito maggiormente è stata l’impossibilità della Meloni, ancora una volta, di pronunciare la frase “strage fascista”; è più forte di lei, è nel suo DNA, non riesce proprio a dirla. Tanto è vero che sia lei che il suo “padrino” La Russa hanno usato circonlocuzioni varie perché quella frase non uscisse dalla loro bocca. Di fronte alle dichiarazioni veementi e motivate del presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna, Meloni ha, testualmente, dichiarato: «Il 2 agosto del 1980 il terrorismo, che le sentenze attribuiscono a esponenti di organizzazioni neofasciste, ha colpito con tutta la sua ferocia la Nazione». «Le sentenze (non io) attribuiscono …». Quella costruzione lessicale complessa serve a tenere la giusta distanza dalla verità messa fin qui nero su bianco a processo. Lo stesso identico modo di esprimersi è stato anche quello di La Russa, presidente del Senato, per la serie “lo dicono loro”, i giudici, non io.

La nostra Premier ha preso ancora una volta uno scivolone, ed ha fatto ricorso al vittimismo, come Calimero: tutti se la prendevano con lui perché era piccolo e nero e lei è invece piccola e bionda. Quando Paolo Bolognesi, il presidente dell’associazione, ha tuonato contro «le radici di quell’attentato che oggi figurano a pieno titolo nella destra di governo», o che la riforma della giustizia varata da questo Governo sia ispirata ai progetti della loggia massonica P2, la biondina della Garbatella ha risposto dicendo che, così facendo, egli “metteva in pericolo l’incolumità personale di chi è stato eletto democraticamente dai cittadini”, ovvero la sottoscritta. Dopo la magra figura del cosiddetto “editto di Pechino” contro i giornali che non le reggono il gioco, accusati con nome, cognome e indirizzo, la sora Giorgia, adesso, in piena sintonia con il suo alter ego dell’altra parte dell’Atlantico, è intervenuta nella scazzottata olimpica, nella quale un’atleta italiana è stata costretta a ritirarsi dall’incontro di boxe per il fatto che la sua avversaria, un’algerina, era considerata troppo androgina e quindi lo scontro era impari.

Ciò che colpisce in queste recenti vicende, e anche in quelle meno recenti, è un elemento che dovrebbe farci riflettere: la decadenza della politica, naturalmente non solo in Italia, tutto il mondo sembra affetto da questa nuova pandemia che non risparmia nessuno, se persino due grandi potenze nucleari, America e Russia, sono intervenute per dire la loro su un incontro olimpico di boxe, a dimostrazione lampante che c’è qualcosa ancora più forte della morte, e questa è il pregiudizio. Il mondo è in fiamme, focolai di guerre divampano ovunque, e Trump dedica il suo tempo a svillaneggiare la sua avversaria, non con le armi della politica ma del pettegolezzo e della diffamazione. Egli è entrato nella vicenda “pugilistica”, promettendo che con lui alla Casa Bianca gli uomini non parteciperanno agli sport femminili. La vicenda Carini-Khelif è diventata per il tycoon il pretesto per attaccare la candidata democratica Kamala Harris. Dal palco di Atlanta ha detto che, se la vicepresidente Usa vincerà le prossime presidenziali, «la parodia che sta avendo luogo alle Olimpiadi di Parigi arriverà in America quando ospiteremo le Olimpiadi di Los Angeles». E ha continuato insultando la Harris, definendola «un’attivista trans radicale che vuole permettere che gli uomini picchino le donne in nome della tolleranza». E tutto ciò, detto da chi è stato condannato per abusi sessuali, è veramente grottesco. E, per rendere piena la misura, Trump ha anche trovato “uno scheletro nell’armadio” di Kamala Harris, ovvero che il suo attuale marito, Doug Emhoff, nel precedente matrimonio avrebbe tradito la prima moglie con una tata con la quale avrebbe anche avuto un bambino. Cosa c’entra la vita privata del marito di una candidata alle presidenziali, peraltro di diversi anni fa, con la capacità politica della stessa, rendendola inidonea è un mistero, dato che non se ne vede il nesso.

Ma, a gamba tesa è entrato nella tenzone dall’altra parte del mondo anche Putin che per mezzo del suo sodale, l’oligarca russo Umar Krevlev, ha offerto centomila dollari alla nostra Angela Carini, perché «per noi (russi) è come se avesse conquistato l’oro … Non sono indifferente alle lacrime delle pugili». Sembra, comunque, che il premio sia stato decisamente rifiutato. E, per supplire a questo riconoscimento russo, il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha fatto sapere che «è pronto a riceverla a Palazzo Madama per abbracciarla».

Quella di Putin, compresa l’iniziativa riguardante la nostra pugile, fa parte di ciò che la direttrice del settimanale Franc-Tireur, esperta di disinformazione, aveva denunciato qualche settimana fa, definendolo “guerra ibrida della Russia contro i giochi di Parigi”, che oggi vediamo in azione a proposito della polemica sulla pugile Imane Khelif . Continua Caroline Forest: «Ecco però riuniti tutti gli ingredienti per creare esattamente il tipo di polemica che piace ai robot russi e all’estrema destra, e questo perché Parigi 2024 è la bestia nera per Vladimir Putin. Tutti i sistemi di disinformazione sono mobilitati in questa fase. E la questione di genere è una delle loro tante ossessioni per radicalizzare opinioni e consentire la polarizzazione del dibattito. Abbiamo pubblicato su France-Tireur una lunga inchiesta, dimostrando che la Russia ha creato da zero siti e profili assomiglianti a normali testate informative per produrre e diffondere fake news su Parigi 2024. A dare forza a tutta l’operazione arrivano gli account ufficiali dei soliti profili dell’estrema destra filorussa. Il sostegno finanziario della Russia a questi partiti è già stato evocato in passato».

Ecco, il quadro sembra completo. Stiamo assistendo ad una vertiginosa decadenza dei grandi sistemi politici del mondo, ognuno dei quali vuole affermare la propria supremazia ricorrendo a mezzucci che non farebbero onore nemmeno ad un commesso della Camera o del Senato. Così come abbiamo appreso che, dopo il trionfo, vi fu il tracollo e la decadenza di un grande Impero, così oggi assistiamo sbigottiti alle piccole beghe di cortile da parte di governanti che, invece di preoccuparsi del benessere delle centinaia di milioni di persone affidate alla loro cura, si dilettano in imprese da dilettanti del gossip. Non dobbiamo, però, trascurare il ruolo che in tutto questo abbiamo, come sempre, noi cittadini ed elettori. In un’intervista al direttore dell’HuffPost, Mattia Feltri, egli ha detto: «La politica in questo è il riflesso del paese reale. La società italiana guarda indietro. Non mi sembra che noi sui giornali diamo una rappresentazione diversa. Se guardiamo a cosa vogliono i cittadini, a cosa interessa davvero alla gente, spesso bisogna ammettere che scelgono la distrazione. Che vogliono la distrazione di massa. Io dirigo HuffPost e monitoro minuto per minuto i risultati degli articoli online. Facciamo dei pezzi importanti di politica estera che non vengono letti, scriviamo la polemica sulla pugile Carini contro l’algerina e i numeri volano … La politica dovrebbe avere un dovere in più, per sfuggire a questa logica. E ritrovare il coraggio di definirsi elitaria. In un tempo in cui le élite sono viste come canaglie, corrotte, maledette. È adesso che chi vuole guidare il paese deve avere il coraggio di alzare l’asticella, perché altrimenti si viene portati a fondo da una spirale mostruosa. Non è che la politica è brutta e cattiva e rovina il mondo: è che il mondo si rovina da sé … Il Parlamento ormai si è delegittimato, ha rinnegato sé stesso e adesso è entrato nella fase dello svuotamento, è in una fase di smobilitazione. Le direttive Ue, le decisioni della Corte costituzionale, le sentenze Tar, le ordinanze dei sindaci e i decreti del Governo sono le fonti del diritto. Al legislatore di Camera e Senato non è rimasto niente. Tanto che per parlare, va sui social. Il Parlamento non c’è già più. Né nella sua funzione legislativa né in quella dibattimentale».

In un’Italia che scende sempre più in basso, nella quale gli ospedali pubblici ingessano con cartone e nastro adesivo le fratture, e dove le liste d’attesa per una semplice ecografia arrivano fino a più di un anno, dove scompaiono laghi millenari per la siccità dove i treni arrivano puntualmente in ritardo (dove sono finiti i tempi in cui arrivavano in orario?), dove la spazzatura sommerge Roma e quasi tutte le altre città d’Italia, dove la già scarsa acqua rimasta si perde per più della metà in condotte che necessitano di interventi appropriati da decenni, mentre si progettano opere faraoniche che non serviranno a nessuno, se non a chi ne trarrà lucrosi profitti, e in un mondo in cui un despota russo manda a morire centinaia di migliaia dei suoi giovani per assecondare la sua sete di potere e la sua megalomania. Un mondo in cui odi millenari ancora squassano e distruggono la vita di interi popoli, e stroncano la vita di migliaia di creature innocenti, in nome di una malcelata volontà di un dio, dove i pregiudizi sessuali ancora dominano la scena mondiale anche di paesi cosiddetti “progrediti”, mostrando in tal modo che più tenace della morte è il pregiudizio che non muore mai, un mondo del genere che mondo è, se non un mondo in piena decadenza, nonostante gli sbandierati successi scientifici e l’avvento dell’Intelligenza Artificiale. A noi, credo, basterebbe un po’ della vecchia, cara intelligenza naturale per capire che così è difficile andare avanti, se non vi sarà un ripensamento, a livello mondiale, delle politiche disastrose attuali. Così come cadde l’impero romano, cadranno quello americano, quello russo, quello cinese, quello europeo … e tutto ciò per che cosa?

Ci vorrebbe un altro Edward Gibbon, forse, per aiutarci a capire dove stiamo precipitando, e che la nostra decadenza è già in una posizione avanzata. Speriamo di rendercene conto in tempo.

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