È tempo di svolta?

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Quirinale, 24 luglio 2024 – Il Presidente Mattarella in occasione della cerimonia di consegna del “Ventaglio” (Fonte: https://www.quirinale.it/elementi/118750)

La scorsa settimana il nostro Presidente della Repubblica ha celebrato il proprio compleanno, ai tantissimi auguri associamo i nostri per una lunga vita in buona salute; i nostri auguri sono alquanto interessati perché la vigile attività del Presidente Mattarella a tutela dell’unità nazionale continua ad essere un baluardo contro insidie e derive di vario genere. E Sergio Mattarella lo ha dimostrato un’ennesima volta con il suo intervento in occasione dell’incontro con i componenti dell’Associazione Stampa Parlamentare, i Direttori dei quotidiani e delle agenzie giornalistiche e i giornalisti accreditati presso il Quirinale per la consegna del Ventaglio da parte dell’Associazione Stampa Parlamentare.

In quella sede il Presidente ha affermato: «Nella società dell’informazione globale è del tutto superfluo richiamare l’importanza che l’informazione riveste per il funzionamento della democrazia, per un’efficace tutela del sistema delle libertà. La democrazia, infatti è, anzitutto, conoscenza. È contesto nel quale avviene il confronto fra le idee e si esercita il diritto a manifestarle e testimoniarle. Alla libertà di opinione si affianca la libertà di informazione, cioè di critica, di illustrazione di fatti e di realtà. Si affianca, in democrazia, anche il diritto a essere informati, in maniera corretta. Informazione, cioè, come anticorpo contro le adulterazioni della realtà. Operare contro le adulterazioni della realtà costituisce una responsabilità, e un dovere, affidati anzitutto ai giornalisti. … Occorre adoperarsi sul piano culturale contro la pretesa di elevare l’odio a ingrediente, a elemento legittimo della vita: una spinta a retrocedere nell’inciviltà».

Quella tracciata dal Presidente Mattarella è la linea che anima il nostro giornale, come i nostri più fedeli lettori possono testimoniare. Tanto premesso, proviamo a illustrare perché è auspicabile che l’attuale congiuntura possa sfociare in un significativo punto di svolta.

Sono ormai trascorsi quasi due anni dalla nascita del Governo Meloni, il più a destra della storia repubblicana italiana. Il bilancio di questo non breve periodo è sotto gli occhi dei più attenti osservatori della realtà sociale italiana: varo di riforme che lacerano il Paese (Autonomia differenziata), tentativi di limitare la libertà di informazione, contrarietà al rafforzamento dell’integrazione europea; la Meloni, cui non riesce proprio di pronunciare la parola “antifascista”, si presenta come riformatrice della Costituzione nella direzione di un ridimensionamento del ruolo del Parlamento e del Capo dello Stato a beneficio del potere esecutivo (si pensi al premierato), basti pensare all’abuso della decretazione d’urgenza che l’ha esposta a un esplicito richiamo da parte della Corte Costituzionale. La vicenda riguarda il tentato siluramento del sovrintendente del Teatro San Carlo, Stéphane Lissner, attraverso un decreto legge del 10 maggio 2023, poi convertito in legge il 3 luglio dello stesso anno. La Consulta ha dato ragione al Tribunale di Napoli, che aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale del decreto predetto, escludendo che ci fosse “l’esigenza di dare risposte normative rapide a situazioni bisognose di essere regolate in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessità”; in altre parole la Corte Costituzionale ha precisato che il ricorso alla decretazione d’urgenza da parte del Governo va realizzato secondo precisi “limiti costituzionali”. Invece nel caso di Lissner la fretta e l’urgenza erano dettate solo dalla necessità di liberare la poltrona occupata da quest’ultimo per offrirla a Carlo Fuortes, al quale era stato chiesto di lasciare la RAI per creare spazi a personalità gradite alla maggioranza meloniana.

L’attuale fase di relazioni non idilliache tra i partiti della maggioranza spiega pure perché si ritarda a nominare il quindicesimo giudice costituzionale. Eppure il Presidente Mattarella, nell’intervento già citato, ha richiamato l’urgenza di procedere a tale nomina con le seguenti parole: «… la lunga attesa della Corte Costituzionale per il suo quindicesimo giudice.  Si tratta di un vulnus alla Costituzione compiuto dal Parlamento, proprio quella istituzione che la Costituzione considera al centro della vita della nostra democrazia».

Impegnato in beghe interne tra partiti della maggioranza, il Governo cosa ha fatto per favorire la crescita economica, per abbattere le disuguaglianze, per difenderci dai cambiamenti climatici, per ridurre la povertà cui sono relegati ormai poco meno di sei milioni di cittadini, per rendere dignitosi i tempi delle prestazioni sanitarie per tutti gli italiani (ai quali si risponde con provvedimenti normativi che non stanziano adeguata copertura finanziaria)? Quali evidenti urgenze sta trattando il Governo per risolvere questi e altri problemi? Pare evidente che le riforme varate vadano nella direzione di favorire determinate regioni rispetto ad altre; da ciò deduciamo che il Governo Meloni non si sente equamente impegnato a tutelare i diritti e i bisogni primari di tutti gli italiani! Forse ciò accade perché, come documentato in altro articolo, il partito della Meloni si sente espressione solo di una quota minima (intorno al 15%) di elettori: quindi Fratelli d’Italia non bada a tutta l’Italia?

Le precarie condizioni delle relazioni tra i partiti al governo sono sotto gli occhi di tutti: divisi in Europa, litigiosi in Italia. Questa situazione può configurarsi come un’avvisaglia di un punto di svolta nella direzione politica del Paese? La risposta a questa domanda dipende da come le opposizioni al Governo sapranno cogliere l’opportunità che si presenta. Riusciranno i partiti progressisti a realizzare intese sui grandi temi della politica, sui temi concreti che riguardano la quotidianità della gente o saranno anch’essi prede di un qualunquismo populista? Sapranno realizzare una comune strategia che prescinda da egotismi, personalismi e protagonismi funesti, concependo una piattaforma politica intessuta di concrete proposte tali da indurre i cittadini disaffezionati al voto a tornare alle urne convinti che esista una via di uscita dalle paludi in cui è inviluppata l’attuale politica governativa?

Rispondere in tempi stretti a questi interrogativi già dalle occasioni che offrono le imminenti tornate elettorali ci permetterà di capire se realmente ci troviamo in un tempo di svolta.

1 commento su “È tempo di svolta?”

  1. Non sono molto convinto del fatto che siamo vicini a un punto di svolta politica, non mi pare di vedere né il centro né la sinistra pronti e maturi politicamente nel proporre ed essere poi in grado veramente di realizzare qualche piattaforma che risulti credibile agli elettori; in particolare vedo due criticità molto serie, a mio giudizio la più grave è il centro che continua a essere frammentato in tanti piccoli partitini personali guidati da leader che non si sopportano e sono incapaci di aggregarsi, poi a sinistra (sinistra ??) continua l’ambiguità del Movimento Cinque Stelle e in particolare di Giuseppe Conte che non si capisce mai fino in fondo cosa voglia veramente.
    Quindi secondo me non siamo tanto vicini a un punto di svolta e il Governo credo che durerà ancora abbastanza; ciò che potrebbe causare veramente un cambio di rotta potranno essere le riforme che si faranno in modo diluito oppure non si faranno per niente (ad es. l’Autonomia differenziata non credo andrà avanti, la vuole soltanto la Lega e il Premierato probabilmente non sopravvivrà al Referendum popolare). Forse questo potrebbe essere ciò che incrinerà il consenso di Giorgia Meloni con conseguenze tutte da verificare. Ma non sarà l’economia a parer mio a determinare un’inversione della curva del gradimento popolare di Meloni e del Governo.

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