Wimbledon: tra banane, pause e pubblicità

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Un torneo di resistenza (la nostra)

Ah, Wimbledon, quel magico torneo sull’erba dove i sogni diventano realtà, sempre che tu riesca a guardarlo! Sì, perché per vederlo devi pagare una piattaforma e, anche se sborsi quei soldini e ti concedi un momento di relax per goderti una partita… beh, buona fortuna!

La formula di Wimbledon è un po’ come cercare di risolvere un cubo di Rubik bendato: si gioca al meglio di cinque set, il che significa che una partita può durare quanto un film di Bollywood… senza le canzoni! Immagina di sederti davanti al televisore pronto a goderti un match e scoprire che ti sei prenotato per una maratona di cinque ore. Ma chi ce la fa?

E poi, non dimentichiamoci delle pause ogni due giochi. Giusto il tempo per i giocatori di mordicchiare la loro immancabile banana, asciugarsi il sudore e farsi un giro panoramico del campo. Ma perché? Non potrebbero semplicemente giocare e basta?

Nel bel mezzo del gioco, dopo ogni punto, il battitore fa la sua passeggiatina fino all’asciugamano, come se fosse in gita. Poi, deve scegliere la pallina giusta, tra quelle proposte dai raccattapalle. E dopo aver scelto, inizia la danza dei palleggi a terra. Lo sguardo all’avversario, i palleggi infiniti, e finalmente il colpo. Ma attenzione, se la prima battuta non va, si ricomincia da capo. E se la pallina tocca la rete? Preparati a una nuova epopea.

Chi ha il tempo (e la pazienza) di stare inchiodato cinque ore davanti alla TV per vedere una partita che, tra pubblicità e lungaggini, sembra non finire mai? Forse dovremmo davvero ripensare la formula. Non solo di Wimbledon, ma di tutti i tornei. Partite che durano un tempo accettabile, con meno pause e meno pubblicità. Un’utopia? Probabilmente sì, perché convincere chi comanda a rinunciare a qualche introito pubblicitario è più difficile che vedere un panda fare surf.

Quindi, cari amici del tennis, preparatevi a qualche altra maratona di cinque ore, con banane, asciugamani e palle scelte con cura maniacale. E sperate di avere abbastanza pazienza, o forse un po’ di fortuna, per beccare almeno il momento clou senza dover aspettare un’eternità.

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