Archeologia e Bibbia: Terrore in Egitto

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Immagine tratta da www.nellosguardodiunaltro.com/

Quel bagliore, da lontano, era veramente strano, pensò Mosè. Seduto su una pietra, sul Monte Sinai, l’attenzione verso il suo gregge, che quel giorno aveva portato al pascolo, era stata distratta da quella che sembrava una fiamma all’interno di un cespuglio. Mosè si avvicina e la cosa sembra ancora più strana di quello che aveva creduto, perché il cespuglio brucia, ma non si consuma. Come è possibile? Ma l’incredibile doveva ancora accadere, perché dalle fiamme esce una voce possente: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto”, dice, “ho udito il suo grido… io sono il loro Signore, e tu lo libererai!”

Mosè, impietrito, si china a terra e chiede al Signore come faranno a riconoscerlo, dopo tutti gli anni che il popolo ha trascorso in Egitto, e con nuove generazioni di ebrei che ormai avranno naturalmente assorbito usi, costumi e cultura egizia. Il Signore risponde: “Ehyeh asher ahyeh, Io sono colui che sono … così dirai agli Egizi: Io-sono mi ha mandato a voi”.

Mosè scrive il nome del Signore che gli ha parlato, YHWH, prende con sé suo fratello Aronne, e si reca alla corte del faraone per chiedere la liberazione degli israeliti. Il faraone, naturalmente, non crede a una sola parola di quanto gli viene detto, non ha alcuna intenzione di perdere la sua forza lavoro, si oppone alla richiesta, anzi, inasprisce il lavoro degli ebrei: a partire da questo momento non gli sarà fornita più la paglia per costruire i mattoni, i lavoratori dovranno andare a procurarsela da soli, senza però ridurre la quantità giornaliera di quelli normalmente prodotti fino ad ieri. Gli israeliti si ritrovano, così, a subire un ulteriore aggravio al già duro lavoro a cui erano sottoposti.

L’ira del Signore degli israeliti, Yahweh, a questo punto si scatena sull’Egitto: le acque del Nilo, improvvisamente, diventano sangue; i pesci muoiono e gli egizi si ritrovano senza acqua e senza cibo, le rane lasciano il fiume e assediano le città, mentre un’invasione di kinim, insetti che attaccano uomini e animali producendo dolorose punture, insieme ad enormi mosconi, flagellano la popolazione. La peste si diffonde tra il bestiame, uccidendolo, e provocando un’epidemia di šhein (pustole) che, però, colpisce miracolosamente solo gli egizi.

Diversi studiosi fanno risalire il ricordo dei flagelli raccontati dalla Bibbia, nel libro dell’Esodo, a fenomeni naturalmente spiegabili. Infatti, in condizioni di temperature estreme, le acque fangose del Nilo favoriscono il proliferare di una certa tipologia di alghe che, una volta morte, tendono ad assumere un colore rosso che si diffonde nelle acque e nel fango stesso. Le tossine prodotte da queste alghe rendono l’acqua velenosa, con conseguente morte della fauna presente nel fiume.

Le rane che hanno la possibilità di abbandonare il fiume non possono che invadere il territorio circostante, mentre le carcasse dei pesci diventano naturalmente terreno fertile per ogni sorta di insetti e batteri, i quali, a loro volta, fungono da portatori di malattie infettive su uomini e animali. Un papiro conservato a Leida, nei Paesi Bassi e risalente alla XIX dinastia, contiene un poema dal titolo Le lamentazioni di Ipuwer, in cui vengono descritti diversi disastri naturali che hanno colpito l’Egitto nel corso degli anni, tra cui si accenna ad un periodo in cui “il fiume divenne sangue”.

Anche la successiva “piaga” raccontata dalla Bibbia, “una grandinata così violenta come non si era mai vista in Egitto” (Esodo 9:24), non stupisce, in quanto condizioni climatiche invernali rigide sono abbastanza comuni in Medio Oriente. Nel febbraio 2004 una forte tempesta provocò la caduta di oltre 60 centimetri di neve su vaste aree della Giordania e di Israele. Livelli elevati di grandine e pioggia possono favorire la proliferazione di insetti e cavallette, che il libro biblico dell’Esodo identifica come l’ottava piaga che Yahwehinflisse all’Egitto in seguito al rifiuto del faraone di liberare il popolo israelita. Le locuste del deserto sono comuni sia in Egitto che in Sudan, testi egizi antichi fanno riferimento ad una loro invasione avvenuta intorno al 1250 a.C. che provocò la distruzione di interi raccolti nella valle del Nilo.

L’ostinazione del faraone, che non sembrava cedere nemmeno dinanzi a tutti questi disastri, provocò un khamsin, un forte vento proveniente dall’ovest che fece calare dense tenebre su tutto l’Egitto. Un khamsin è in grado di provocare temperature di oltre 38 gradi centigradi, e la sabbia e la polvere che solleva può anche trasformare un pieno giorno in crepuscolo o addirittura notte. Nonostante anche questa nona piaga, il braccio di ferro tra il faraone e Yahwehcontinuò. Quest’ultimo, quindi, si ritrovò costretto ad infliggere al popolo Egizio un decimo e ultimo flagello: il più terribile e crudele. Alcuni angeli sarebbero stati incaricati dal Signore degli israeliti di uccidere tutti i primogeniti d’Egitto, dal primo all’ultimo, senza eccezioni.

Gli israeliti furono avvertiti che, nella notte in cui si sarebbe dovuto compiere il massacro, avrebbero dovuto sacrificare un agnello, mangiarne la carne arrostita al fuoco e spargere il sangue sugli stipiti delle porte come segnale da dare agli Angeli, affinché comprendessero che quelle erano le case degli israeliti da oltrepassare, quindi, senza colpire. È un momento che da allora in poi sarebbe stato ricordato attraverso un rituale ancora in voga ai nostri giorni, come “Il Passaggio”, “La Pasqua del Signore”.

I templi rinvenuti in tutto l’Egitto riportano liste impressionanti di figli di Ramses. Gli egittologi ne hanno calcolato circa un centinaio avuti da diverse mogli. Gli archeologi hanno rinvenuto, nel 1995, una tomba con all’interno il corpo del suo figlio maggiore, avuto da sua moglie Nefertari, il principe Amonherkhepshef, morto nel venticinquesimo anno del suo regno.

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