Mala tempora

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Due autori, due illustri ingegni vissuti in epoche diverse, molto lontane fra loro, hanno dato alla luce delle opere che si somigliano molto nel titolo, sebbene non nel contenuto. Il primo è Erasmo da Rotterdam, che nel 1511 scrisse il notissimo saggio Elogio della follia. Il secondo è Norberto Bobbio, che nel 1998, mezzo millennio più tardi, ci ha donato il suo Elogio della mitezza. Nessun breve articoletto può sostituire l’attenta lettura di entrambi i saggi; e ciò che rende importante farlo è che questo nostro pianeta, al culmine di un periodo ricco di scoperte scientifiche che ne hanno trasformato il volto, nonostante questo sta vivendo una stagione caratterizzata dal dilagare incontrollato di una piaga apparentemente inguaribile. E questa piaga ha un nome: CAOS. Parafrasando Pietro Metastasio, potremmo dire: “Ovunque il guardo io giro, immenso caos ti vedo”. E non si tratta di un fenomeno locale, limitato; no, questa condizione di assoluto disordine riguarda l’intero pianeta e tutti i settori della vita che si svolge su di esso. Ovviamente, il caos che regna nel nostro Paese ci riguarda da vicino e influisce direttamente sulle nostre vite. Ma, ovunque “giriamo il guardo”, ci rendiamo conto che l’artefice di questa condizione disperata in cui versa il genere umano, è uno solo, e si tratta di colui – o coloro – che furono posti al culmine del processo evolutivo, perché gli unici dotati di coscienza e introspezione. Sì, stiamo parlando dell’Homo Sapiens, il solo responsabile della rovina morale e materiale di questo frammento di universo che noi chiamiamo Terra.

Al termine della Seconda Guerra Mondiale, con i suoi milioni di morti e un panorama di macerie che riguardava tutti i paesi europei, guerra che culminò con l’atto più feroce e spietato che si possa concepire, ovvero il lancio di due ordigni atomici sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, nessuno avrebbe mai potuto pensare che tutto ciò avrebbe potuto ripetersi, troppo profonde erano le ferite, nel corpo e nell’anima, che cinque anni di guerra senza quartiere avevano inflitto a miliardi di persone. La parola d’ordine, non scritta, ma che straripava da tutti i cuori, era: Mai Più Guerre! Noi italiani ci demmo addirittura una Costituzione che nel suo articolo 11 recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Parole nobili e bellissime; che però, in molte altre parti del mondo, non sono mai state ascoltate o prese in considerazione. Tanto è vero che solo cinque anni dopo la fine della Seconda Guerra, nel periodo che fu definito come la “guerra fredda”, scoppiò la guerra di Corea e, altri cinque anni dopo, nel 1955, per oltre dieci lunghi e sanguinosi anni, assistemmo alla guerra del Vietnam. Da allora a oggi sono stati anni in cui non è mancata mai una guerra in qualche parte del mondo; oggi siamo pienamente immersi in due guerre atroci che si svolgono una in occidente – l’Ucraina – e l’altra in oriente – la Palestina -. Questo scritto non si prefigge di sostenere alcuna delle parti in conflitto, anche se è ben chiaro a tutti su chi ricade pienamente la responsabilità di ciò che sta accadendo in Ucraina, e per quello di ciò che sta accadendo in Palestina. Ciò su cui vogliamo riflettere – come altre volte e in altre occasioni abbiamo già fatto – è: perché tutto ciò accade? Perché gli esseri umani, sin dai loro primi passi nella preistoria, quando divennero Homo Sapiens, non hanno fatto altro che scannarsi reciprocamente? Non possiamo che condividere quanto scrisse Hegel nel suo La filosofia della storia, nel quale scolpì queste parole: “Ma pure, quando consideriamo la storia come un simile mattatoio, in cui sono state condotte al sacrificio la fortuna dei popoli, la sapienza degli Stati e la virtù degli individui, il pensiero giunge di necessità anche a chiedersi a vantaggio di chi, e di qual finalità ultima siano stati compiuti così enormi sacrifici”. Parole, queste di Hegel, pronunciate quasi due secoli fa da una delle menti più feconde di quell’epoca, e che nonostante il tempo trascorso sono ancora pienamente confermate dai fatti. Fatti che conducono inevitabilmente ad una considerazione fondata: la specie umana, unica sulla terra ad avere il privilegio della consapevolezza, e della coscienza, in questi due ultimi secoli, il XX e il XXI, ha fatto enormi passi avanti in tutti i campi dello scibile, passi che pochi decenni fa sarebbero parsi follia; ma a questi passi avanti nella scienza e nella tecnica non ha corrisposto un egual cammino in quelli dell’etica e della morale. Sotto questo aspetto siamo rimasti inchiodati alle nostre origini animalesche. Ciò che è drammatico in tutto questo è che pur in questo tempo ricco di progressi, il mondo intero – otto miliardi di persone – è sottoposto alla volontà di un pugno di individui nelle cui mani è il destino delle vite di tutti noi. Per esempio, sarebbe stato impensabile dopo la cosiddetta “crisi di Cuba” degli anni ’60, che fu felicemente risolta con un compromesso, e cioè che i russi avrebbero smantellato le postazioni missilistiche nell’isola di Castro, e gli americani avrebbero fatto lo stesso con le loro in Turchia, che si ritornasse a parlare, dicevamo, del ricorso all’arma nucleare, come sta facendo Putin da un certo tempo, a scopo intimidatorio. Come scrive l’edizione di Repubblica del 14 marzo: “Il simulatore atomico conferma che Mosca si prepara anche all’ipotesi più estrema … Vladimir Putin parla di schierare truppe alla frontiera finlandese e riporta l’orologio della storia ancora più indietro della Guerra Fredda: fa rivivere a Helsinki l’incubo del 1940 e dell’aggressione sovietica. Lo spettro che ha compattato tutti i paesi che si affacciano sul Baltico, quelli che in quell’epoca hanno vissuto l’invasione di Mosca e quelli che la temono da allora, e li ha trasformati nell’avanguardia più dura del conflitto tra Russia e Occidente che avviene nelle trincee ucraine”.

Se ciò per cui Putin si sta preparando dovesse davvero accadere, sarebbe veramente la fine di tutte le guerre perché nessuno sopravvivrebbe per combatterle. Per esorcizzare questa tremenda minaccia ci si consola pensando: “in fondo sono solo parole, non avrebbe il coraggio di farlo veramente”. E chi, invece, è persona di fede si consola pensando che Dio non permetterebbe mai che una cosa del genere abbia luogo. Sotto questo aspetto il mondo laico ha un vantaggio su quello religioso. Di fronte alle atrocità che piagano il mondo – sia quello umano che quello animale – il pensiero laico, come afferma Norberto Bobbio nel suo Elogio della mitezza, «rinuncia a dare una risposta alla domanda “chi ha voluto un mondo così atroce?” e tenta la via della spiegazione per cause, per esempio attraverso la lotta per la sopravvivenza, buona o cattiva che sia questa spiegazione. Il pensiero laico può accettare il mondo dei fatti qual è, ma non può fare altrettanto il pensiero religioso. E come potrebbe farlo, se lo schema tradizionale di giustificazione, il rapporto tra colpa e castigo, è inapplicabile al di fuori del mondo umano, in cui si presuppone che l’uomo sia libero di scegliere tra il Bene e il Male? Uno degli argomenti forti del pensiero religioso, secondo cui tra Dio e il Male c’è l’uomo con la sua libertà, con la sua inclinazione al male, con le sue passioni, come può essere adoperato per comprendere il mondo non umano, in cui ciò che accade non è opera dell’uomo o influenzata dall’uomo, se non in minima parte? Di fronte al problema del Male, il pensiero teologico ha un obbligo che il pensiero laico non ha: conciliare la presenza del Male con l’esistenza di Dio, e con l’immagine di Dio non solo come Potenza Infinita, ma anche come Bontà infinita, di cui il Male è la negazione. Sembra appropriato a questo punto il noto passo del saggio Il concetto di Dio dopo Auschwitz, in cui Hans Jonas afferma che i tre attributi di Dio, la Bontà assoluta, la Potenza assoluta e la Comprensibilità, non possono essere concepiti insieme, in quanto “sono in rapporto fra loro tale che ogni relazione fra i due di loro esclude il terzo”. La onnipotenza di Dio può coesistere, a suo giudizio, con la assoluta bontà divina, solo al prezzo della totale incomprensibilità di Dio, cioè della concezione di Dio come mistero assoluto. “Solo di un Dio totalmente incomprensibile si può affermare che è assolutamente buono, e sin dall’origine assolutamente onnipotente, e nonostante ciò sopporta il mondo così com’è.” Di fronte a questa aporia, Jonas propone che dovendo rinunciare a uno dei tre attributi, questo sia la onnipotenza, giacché la Bontà è inseparabile dal nostro concetto di Dio, e non può sottostare ad alcuna limitazione, e la conoscenza di Dio è un elemento essenziale all’ebraismo, per il quale è inammissibile in concetto di un Dio totalmente nascosto».

Che il mondo stia attraversando un periodo di assoluta follia di cui noi, contrariamente a Erasmo, non tesseremo l’elogio, è un fatto non contestabile. L’attuale condizione del Pianeta non è confrontabile con nessuna delle epoche nelle quali l’uomo non aveva ancora raggiunto la capacità di renderlo inabitabile. Stiamo vivendo in un periodo, l’Antropocene, nel quale, come afferma Elizabeth Kolbert, stiamo andando incontro alla sesta estinzione. Come leggiamo nel suo libro, dallo stesso titolo, per il quale ha ricevuto il premio Pulitzer: «Se i primi cinque eventi, i cosiddetti “Big Five” hanno riguardato ere lontanissime e causato l’estinzione di almeno il 75 per cento delle specie di volta in volta viventi sulla Terra, l’ultimo, ormai in corso, è la cosiddetta Sesta Estinzione, una trasformazione particolarmente forte o rapida, ma piena di risorse, capace di modificare la composizione dell’atmosfera o di alterare gli equilibri chimici degli oceani. Noi, tuttavia, a differenza dei dinosauri ci distruggeremo da soli, trascinando con noi tutto il resto».

Distogliendo, per il momento, lo sguardo dal caos che investe l’intero Pianeta, dai fiumi di sangue che lo stanno inondando e dalla manifesta incapacità (o mancanza di volontà) degli uomini al potere di por fine a questi orrori, desideriamo volgere lo sguardo al cortile di casa nostra, e ciò ci costringe a una domanda: come è stato possibile che un paese come l’Italia, che per venti anni ha subito una feroce dittatura che l’ha privata della libertà, e che grazie alla Resistenza ha potuto riemergere dal pozzo profondo in cui era stata cacciata, abbia potuto riportare al potere ciò che pensavamo fosse morto e sepolto? E come è stato possibile che per un altro ventennio siamo stati governati da una cricca di servi appartenenti alla corte di un uomo immensamente ricco, che ha relegato il Paese, con la sua spregiudicatezza e la sua volontà di potere, al ruolo di fanalino di coda in Europa, e che con il suo nefasto esempio ha fatto del Governo e del Parlamento una corte di giullari al suo servizio? Ma non è finita qui. Qualche rigo prima ci siamo chiesti come è stato possibile che gli italiani abbiano scelto ancora una volta di affidare le sorti del Paese ad una consorteria di ex fascisti o di loro simpatizzanti, spostando così verso una destra-destra l’asse politico della nazione, e riportando in auge, direi sfacciatamente, riti e orpelli del passato, e tristi ricordi, come le manganellate indiscriminate della polizia. E a capo di questo revanscismo c’è una persona la cui descrizione vorrei lasciare alla penna brillante di Natalia Aspesi che, in una lettera al direttore del suo giornale (la Repubblica del 6 gennaio 2024) così scrive: “Tutto è orribile di colpo. Troppa guerra. Troppo Hamas. Troppo Putin, il mondo ha detto basta alla voglia di vivere, solo gli orrori paiono giusti. Comunque vada a finire, Meloni è la persona più giusta di questa fine drammatica. Durante una sua conferenza stampa vedevo gli uomini spaesati. Eravamo abituati a parlar male del Pd, tanto loro non reagivano e gliene dicevamo di tutti i colori, mentre i Fratelli d’Italia, lentamente, prudentemente, salivano e salivano, arrivando come niente al primo posto. I post fascisti! Gli ignoranti! Ci fosse stata una antica e noiosa Roccella, magari, a stento, le elezioni potevano essere nostre, ma c’era lei, l’underdog che prima ancora della nascita pensava di diventare premier. Ce l’ha fatta. O la fine del mondo o lei. Ha un difetto quasi mortale: tutta la gente che si è scelta. E poteva scegliersi un Buttafuoco (Biennale) o altri fascisti studiosi delle destre. Perché ha scelto quella povera gente? Un po’ certo per premiarla di qualcosa, un po’ perché completamente incapace, mettendola al posto giusto. Da Delmastro e Donzelli a Verdini, ne faranno di ogni colore. Meloni è intoccabile per ora: chi può offrire continue vigliaccate sono i suoi, sono quelli, più l’orrido Salvini. Ti chiedo di perdonarmi per osare, ma la mia disperazione è ormai alla fine. Ora non voglio farti arrabbiare. Ma prima di Instagram di certe scemenze si parlava al bar, che adesso sono diventati gli hater. Milioni di hater. Prima era come se non esistessero, adesso hanno portato alla peggior destra, perché sono le destre ad occupare il mondo”.

Non è necessario essere Cesare Lombroso per condividere pienamente le parole di Aspesi. Uno sguardo, anche superficiale, all’accolita di parenti, amici e amici degli amici, raccolti intorno a sé dalla Premier è sufficiente per farci capire in che mani è l’Italia. Ma poiché siamo ancora una democrazia, anche se un po’ scricchiolante, e il voto è libero, assolviamo Re Giorgia: non è sua la colpa di aver desiderato il potere, semmai lo è quella di aver desiderato una cosa per la quale non era, e non è, minimamente attrezzata; la colpa è di chi l’ha messa lì, e cioè degli italiani, ai quali evidentemente va bene che questo governo, nel breve lasso di tempo della sua esistenza, abbia concesso diciotto condoni che vanno tutti nella direzione contraria a quella giusta, ovvero tutti a favore degli evasori dei furbetti, dei ricchi a scapito dei poveri, e l’ammontare di questi “regali” a determinate categorie sono già costati 84 miliardi tra tasse e contributi evasi dagli italiani. I primi 12 condoni sono stati realizzati appena insediato il governo, nel 2022, infilati della finanziaria, ben mascherati da espressioni morbide come sanatoria, rottamazione, stralcio, ravvedimento, conciliazione, definizione agevolata. La più bella di tutti, molto salviniana: “Tregua fiscale”. Un bel modo per far respirare i furbetti, negando di aiutarli. Anzi rassicurando che “non si fanno sconti”.

A cosa dobbiamo questo degrado della politica in una nazione che ha dato al mondo personale politico di eccellente caratura, ora impossibile da trovare? Lo spiega, con la sua capacità affabulatoria, il professor Luciano Canfora nel corso di un intervento televisivo di lunedì scorso, nel quale egli spiega che: «Nell’Italia del dopoguerra i partiti hanno costituito la nervatura di un Paese che stava cercando una nuova identità repubblicana dopo il disastro del fascismo. I partiti sono serviti a selezionare e ad educare il personale politico, evitando il rischio di vedere dei dilettanti arrivare a importanti responsabilità locali o nazionali per le quali sono dichiaratamente impreparati. Il crollo delle ideologie ha fatto il resto abbassando il livello di reclutamento di nuove leve per l’attività politica. Quegli orizzonti ideali, utopici che fossero, avevano dato alla politica una ampiezza d’orizzonte che oggi non c’è più».

E, a proposito dell’«orrido Salvini» (mai definizione fu più appropriata), gli italiani dovrebbero sapere che è solo lui in tutta Europa, insieme alla fascista Le Pen e al dittatorello Orbàn, a essere dichiaratamente filo-russo e apertamente putiniano, a proposito del quale andrebbe letto con estrema attenzione l’articolo di Emanuele Lauria del 13 marzo scorso su la Repubblica, che fa accapponare la pelle. Ed è sempre questo individuo che probabilmente dovremo ringraziare se andrà in porto il nuovo codice della strada, fortemente voluto da lui, che secondo gli esperti riporterebbe l’Italia indietro di quarant’anni. Come scrive Concita De Gregorio su la Repubblica del 14 marzo: «D’altra parte si sa, Salvini sta con i giustizieri degli autovelox perché in auto, un po’ come a casa sua, ciascuno deve fare un po’ come gli pare: non possiamo mica procedere a passo di lumaca, alla guida, perbacco. Cosa sono questi limiti mosci. Sgommare e sgasare un po’, essù, se no dove la sfoghi la tua vitalità!»

Poco prima abbiamo scritto che la colpa di tutto questo è degli italiani. Lo confermiamo e a nostro sostegno ci affidiamo all’efficace descrizione di Giovanni Sartori: “Il nostro è sempre stato, ed è restato, un paese disossato, senza vertebre, al momento della prova non reagisce: subisce” (Giovanni Sartori, Mala Tempora, Laterza 2004).

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